Juventus, anatomia di una caduta: come i bianconeri sono arrivati a toccare il fondo

233 giorni dopo, Thiago Motta tocca il fondo. Dal primo giorno alla Continassa, 8 luglio, alla “vergogna” espressa dallo stesso allenatore post eliminazione in Coppa Italia. Nel mezzo, una rivoluzione che – al momento – è più facile da descrivere come un fallimento. Resta la corsa al posto Champions, a -8 dalla capolista, con una striscia aperta di 4 vittorie consecutive; resta il Mondiale per Club da giocare a giugno negli Stati Uniti. Ma in 7 mesi la Juventus è stata eliminata in semifinale in Supercoppa, è uscita dalla Champions League ai playoff – eliminata dal PSV Eindhoven dopo aver vinto la gara d’andata – e dai quarti di Coppa Italia in casa eliminata dall’Empoli. Fuori da tutte le coppe a febbraio, lontana dallo scudetto. Una situazione che di fatto non si vedeva dal 2010-2011 con Delneri in panchina. Dalla ricostruzione... Questo è il cammino della Juventus di Thiago Motta, per la prima volta sulla panchina di un top club, e del secondo anno di Cristiano Giuntoli alla guida della gestione sportiva della società. Un vero anno zero. Un taglio netto con il passato. Tra cessioni e prestiti, solo per nominare i più importanti, vanno via Szczesny, Kean, Rabiot, Chiesa, Soulé, Alex Sandro, Huijsen, Illing-Junior, Kostic, Miretti. In tutto, più di una quindicina di giocatori in orbita prima squadra. E poi ancora a gennaio Fagioli e Danilo, il capitano con cui non è mai nata l’intesa. La nuova Juve nasce tra la Continassa e il ritiro in Germania. E ha la faccia di Di Gregorio, Koopminers, Douglas Luiz, Nico Gonzalez, Kalulu, e quella dei giovani Savona e Mbangula. La 10 viene affidata a Yildiz, il centravanti è Vlahovic. Bremer, insieme a Gatti, la certezza in difesa, e il suo infortunio in Champions contro il Lipsia è la prima crepa, cui seguirà quello di un jolly difensivo come Cabal. Milik non recupera, Vlahovic fa gli straordinari. In campionato l’inizio è promettente, ma poi la Juve non decolla. … ai primi problemi Rallentata da troppi – ben 13 – pareggi. È vero, ci sono anche tanti infortuni, che hanno stoppato giocatori importanti o alternative valide. La Juventus è riuscita a convocare anche solo 16 giocatori in un paio di occasioni. Prima Conceiçao, poi più a lungo Nico Gonzalez sono stati fermati da problemi muscolari. In queste settimane è toccato prima a Cambiaso poi a Kalulu. Tendenza da non sottovalutare. Intanto in Champions i pari con Aston Villa e Bruges, oltre al ko con Stoccarda e Benfica, aprono le porte dei playoff contro quel PSV già battuto all’esordio. Toccato il fondo Riapre il mercato a gennaio, e la società investe circa altri 45 milioni dopo i 180 dell’estate. Arrivano Kolo Muani, Kelly, Renato Veiga e Alberto Costa. Il francese fa sognare i tifosi con 5 gol nelle prime tre partite . Ma non basta. A fine febbraio, si tocca il fondo: fuori, male, da tutte le coppe. “In questa squadra non ci sono figli di p….” dice Perin nel dopo Empoli. Considerazione che si unisce ai dubbi sulla leadership e sulla personalità del gruppo di Thiago Motta. Intanto il traguardo della qualificazione in Champions diventa fondamentale. E si aprono le valutazioni sulla guida tecnica per il futuro. Il futuro della Juventus.

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