Cesc Fabregas: "Vi spiego la mia filosofia di calcio"

Sorride, Cesc Fabregas, all’idea che il suo Como, che quasi certamente chiuderà nella parte sinistra della classifica, possa essere una delle migliori neo promosse – numeri alla mano – della storia della Serie A. Ospite di Fabio Caressa e del Club l’allenatore spagnolo, che a 38 anni appena compiuti è uno dei giovani manager più interessanti di tutto il panorama europeo, ha detto la sua sulla lotta scudetto tra Inter e Napoli - elogiando sia il gioco dei nerazzurri sia il carisma di Antonio Conte, con cui ha condiviso un biennio al Chelsea - ma soprattutto ha raccontato a 360 gradi tutto ciò che ruota intorno alla sua filosofia di calcio e all'ambizioso progetto del Como. "La mentalità è sempre la stessa dal giorno uno: aggressione e profondità", spiega Fabregas. "Anche con la promozione in Serie A abbiamo mantenuto il nostro stile di gioco, se vedo i ragazzi che rimangono bassi e non pressano io mi mangio le mani. Forse sarà anche colpa della mia inesperienza ma i miei principi non sono negoziabili". E fa sul serio, perché il Como è tra le prime sei squadre in Serie A per ogni parametro analizzabile legato al pressing e all'aggressività, il tutto avendo schierato da inizio campionato addirittura 38 giocatori , aggiustando il tiro di partita in partita ma sempre senza abbandonare i precisi dettami tattici imposti da Fabregas. "Fin dalla seconda giornata, contro la Juventus, abbiamo capito quanto si fosse alzato il livello rispetto alla Serie B", racconta. "Per un allenatore, soprattutto per uno giovane come me, che sta imparando ancora tanto, è fondamentale capire le situazioni e saper aggiustare il proprio stile, ma sempre con quei principi ben impressi in testa. Ecco perché a un certo punto siamo passati al 4-2-3-1, per avere più solidità". Certo dal mercato è arrivata una grossa mano: la disponibilità economica dei fratelli Hartono è ben nota e fuori scala per tutte le altre proprietà della Serie A , ma per saper selezionare e sviluppare due talenti come Nico Paz e Assane Diao bisogna conoscere e capire il calcio, e non affidarsi esclusivamente ai numeri e agli algoritmi. Fabregas tiene molto al rapporto con i suoi giocatori, in particolare allo sviluppo dei giovani, un'eredità che si porta dai tempi dell'Arsenal, quando ebbe modo di lavorare con una leggenda come Arsène Wenger, suo modello di riferimento in panchina. Tiene molto anche a essere coinvolto nelle scelte di mercato del club, perché è importante sapere fin da subito chi può sposare la filosofia tattica del Como, per poter concentrare il lavoro sul campo non solo sull'avversario ma soprattutto sull'identità della sua rosa. "Non sono il tipico allenatore che organizza le partite solo per fermare gli avversari, quello in Serie A si fa fin troppo", confessa. "Ovviamente devi lavorare anche in base a chi hai davanti, ma la vera libertà nel calcio è dare ai giocatori la capacità di saper uscire da ogni situazione di difficoltà. Il mio primo obiettivo è mettere i miei calciatori nelle condizioni migliori per giocare la palla, sono ossessionato che si vada sempre in verticale". Una piccola critica nei confronti della Serie A, vuoi anche per una mentalità internazionale costruita nel corso della sua carriera, che oggi cerca di replicare anche in panchina. Per quanto poi del nostro campionato, e ovviamente del Como, Fabregas sia innamorato: "La Serie A è diversa da tutti gli altri top campionati europei, sia fisicamente sia tatticamente. Mi sta aiutando tanto nel mio percorso di formazione. Il Como è stata una bellissima opportunità, qui ho concluso la carriera e poi ho iniziato subito ad allenare. Non pensavo che in così poco tempo sarei stato alla guida della prima squadra ma come dico sempre, il calcio è anche una questione di tempismo". Se in campo la parola d'ordine è aggressività, fuori è tutto il contrario. Fabregas è oggi l'allenatore più giovane della Serie A e non perde occasione per confrontarsi con i colleghi più esperti su come migliorare. Dopotutto ha ottenuto il patentino meno di due anni fa e di cose sui cui lavorare, nonostante i risultati abbaglianti del Como, ancora ce ne sono: "Mi piace fare domande a tutti, voglio imparare il più possibile. Proprio nello scorso turno contro il Cagliari mi sono fermato a parlare con Davide Nicola". Per quanto poi in diversi passaggi della sua chiacchierata al club esprima chiaramente che la sua idea di calcio preveda costruire il piano partita sulla fase di attacco e non su come bloccare le fonti di gioco avversarie. Ancora una volta: aggressività. Un'altra caratteristica del Fabregas-pensiero è il tempo che viene dedicato alla sfera psicologia e emotiva, a far capire cosa significa essere parte del Como: "Dei quattro giorni prima della partita, due vengono dedicati solo su chi siamo noi", spiega. "Analizziamo le partite, capiamo cosa abbiamo sbagliato e cosa possiamo migliorare in entrambe le fasi. Spiego il messaggio, cerco di far capire perché giochiamo in questo modo, qual è la missione che stiamo cercando di ottenere e di far sentire ai giocatori qual è la nostra identità. Il focus è solo e soltanto il Como". 'Como' è una parola che ritorna spesso nelle sue parole, inteso come la squadra che allena, verso cui si percepisce l'orgoglio di un allenatore che, a 38 anni, sta già facendo grandi cose. Per il futuro chi può dirlo, qualcuno parla di Roma, qualcuno parla di Leverkusen, ma la verità è che è ancora tutto da scrivere: "In questo momento sto bene nel calcio italiano, l'ho studiato, l'ho analizzato, ora finalmente lo conosco", spiega. "Al Sinigaglia sento un'energia incredibile, i tifosi credono nel nostro progetto e mi sento orgoglioso del sostegno che riceviamo. Però sono un allenatore ambizioso. Spero di avere una carriera lunga e di poter vincere ogni competizione in ogni campionato. Ovviamente con calma, so di essere solo all'inizio del mio percorso e non voglio forzare i tempi. Studiando, analizzando, ascoltanto ci arriverò, un passo alla volta". Deciso, grintoso, ambizioso e con uno stile molto interessante, nel modo di schierare i suoi uomini ma anche nel modo di comunicare. Il futuro è tutto dalla parte di Cesc Fabregas. E sulle sponde del Lago non possono che esserne orgogliosi.

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