Lazio, comunque vada sarà un successo

Lunga vita a Pedro. A Napoli lo stanno urlando ormai da diverse ore. Se scudetto sarà, un angolo di merito tricolore spetterà anche a lui. Alla Lazio già da qualche settimana si sta invece lavorando per allungare la sua permanenza in biancoceleste. Trattativa avviata per rinnovare di un’altra stagione il suo contratto con i biancocelesti in scadenza a giugno. 38 anni tra due mesi, grazie alla doppietta segnata all’Inter Pedro è diventato il miglior marcatore della Lazio insieme a Castellanos. Con una bella differenza però. Lo spagnolo le sue 14 reti stagionali le ha realizzate giocando 1.200 minuti in meno rispetto al Taty. Un gol ogni 104 minuti giocati in Serie A. A livello di media realizzativa un Pedro così non si era mai visto. Lavoro, gestione fisica, mentalità: gli ingredienti per l’elisir di eterna giovinezza. Sembra di rivedere il giocatore di undici anni fa. Tanto indietro bisogna tornare infatti per trovare numeri migliori. Con la maglia del Barcellona chiuse a 19 reti. E pensare che in estate sembrava finito ai margini, rischiando fino all’ultimo di essere tagliato anche dalla lista per l’Europa. Gli sono bastati un paio di allenamenti in ritiro per convincere Baroni che sin da subito gli ha affidato il ruolo di jolly da calare a gara in corso. Mai veste fu più appropriata: 9 dei suoi 10 gol in campionato li ha realizzati uscendo dalla panchina. Solo Muriel fece meglio . Si sta scoprendo poi anche rigorista. Ne ha tirati pochissimi in carriera. Ma dagli 11 metri ha firmato in pieno recupero la vittoria contro il Milan e nello stesso stadio ha tenuto ancora in vita una flebile speranza di Champions. A Milano è stata sì grande Lazio, eppure all’orizzonte si profila l’Europa più piccola. Aritmeticamente la Champions non è ancora sfumata ma crederci è più un atto di fede che un obiettivo concreto. Probabilmente sarà Conference League; manca un punto per avere la certezza di giocare una competizione europea per il nono anno di fila. Guai a definirlo un traguardo scontato dopo la rifondazione estiva e lo scetticismo che ha accompagnato l'arrivo di Baroni e l'apertura di un nuovo ciclo. L'allenatore dice di non avere rimpianti. Forse è così, forse è una piccola bugia a fin di bene perché sarebbe bastato poco di più per centrare il bersaglio grosso. Dopo i primi tre mesi al top la flessione è stata evidente. Media punti da scudetto fino alla quindicesima giornata, poi il calo. Fisiologico e legato anche alle fatiche europee, prima delizia poi croce della stagione. Baroni ha pagato a caro prezzo le lunghe assenze di Castellanos e Vecino, i problemi fisici che hanno condizionato l'annata di Tavares e i numeri horror all'Olimpico dove i biancocelesti da fine novembre ad oggi hanno vinto appena 2 partite. Qualunque cosa diranno gli ultimi 90 minuti però non può non essere definita una stagione positiva. Baroni è in linea con il target del progetto affidatogli: dare un’identità alla squadra, rimanere in Europa, gettare le basi per il futuro. Eppure, qualche fibrillazione tra lui e la società c'è stata. Non da ieri ma da gennaio. Sulla gestione di qualche giocatore, sul mercato invernale, e su qualche storia tesa. E non è certo passato inosservato il Baroni orgogliosamente infastidito dell'ultimo periodo. Di rinnovo si è parlato solo pubblicamente, ma una reale trattativa non è ancora mai iniziata. Ecco perché per ripartire insieme alcuni aspetti tra allenatore la società andranno necessariamente chiariti a fine stagione. Nulla di nuovo nella storia recente della Lazio ma anche per questo nulla che si possa sottovalutare parlando del futuro di Baroni a Roma.

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