Così Chivu si è conquistato l'interesse dell'Inter: alla scoperta dell'allenatore romeno

C’è una regola non scritta tra le squadre che lottano per non retrocedere: primo, non prenderle. E se ad applicarla è un ex difensore di quelli forti, ma forti davvero, come Cristian Chivu, allora la valenza è quasi doppia. Perché la sua prima esperienza su una panchina dei grandi si è conclusa con un obiettivo centrato: il Parma si salva e lo fa grazie a un cambiamento radicale rispetto alla gestione Pecchia. Due filosofie diverse, non per questo una giusta e una sbagliata. Forse, nel periodo storico che attraversava la squadra, quella di Chivu si adattava meglio. Scopriamo perché. Prima di tutto, però, è doveroso fare una premessa: l’esonero di Pecchia è maturato molto a malincuore per la società. Il progetto era a lungo termine, ed era arrivato anche il prolungamento contrattuale fino al 2027. Ma la squadra aveva bisogno di una sferzata: le sconfitte consecutive erano diventate quattro. Troppe. Il 17 febbraio, lunedì, la decisione di cambiare e di dare a Chivu la possibilità di misurarsi con una prima squadra, lui che aveva allenato solo fino alla Primavera dell’Inter. Filosofie diverse di campo, certo, ma non filosofie diverse sul tipo di allenatore: il Parma ne voleva uno giovane, che sapesse lavorare con i giovani, e che avesse delle idee. Quelle di Chivu? Lavorare sulla fase difensiva, prima di tutto. Chiudere la porta di Suzuki e non riaprirla più. Il grafico di Soccerment spiega bene questa dinamica: a sinistra la Spiderchart che confronta la gestione Pecchia -Chivu per quanto riguarda la fase offensiva; a destra la fase difensiva. Il confronto appare abbastanza evidente: il Parma post esonero ha finalizzato di più ma ha creato molti meno expected Goal. In particolare, a mancare sono stati gli xG in contropiede, vero e proprio marchio di fabbrica del calcio di Pecchia. Meno anche i tocchi in area avversaria, inferiore il possesso palla e la copertura in generale del campo. Insomma, meno pressing, più attendismo. A confermarlo è il grafico di destra, che dimostra quanto meno abbia subìto il Parma in termini di occasioni avversarie: è calata la pericolosità media dei tiri subiti, sono diminuiti anche i tocchi concessi agli avversari nell’area di rigore difesa da Suzuki. Invariato, invece, il dato di intensità ed efficacia del pressing : da buon ex difensore, Chivu ha chiesto ai suoi di mantenere molto alta l’attenzione nei confronti degli attaccanti avversari. Solo, di ripartire con più calma. Il risultato? In 13 partite, le vittorie sono state 3 , 7 i pareggi e 3 sconfitte. 14 gol segnati, 13 subìti. Porta chiusa e tre vittorie di cui due davvero difficilissime da raggiungere. E a questa, va aggiunto il pareggio per 0-0 contro il Napoli alla penultima giornata: con i campani in piena lotta scudetto. Con Pecchia, in 26 partite compresa l’unica di Coppa Italia, il rendimento è stato diverso: 4 vittorie, 8 pareggi e soprattutto 14 sconfitte. I gol segnati sono stati praticamente il doppio , ma il dato dei gol subiti indica l’anima completamente diversa della squadra: 46. Filosofie diverse, risultati diversi. Quello di Chivu serviva a salvarsi e ora l’allenatore avrà modo di lavorare sui cambiamenti necessari soprattutto per migliorare la fase offensiva. Perché è vero, primo non prenderle. Ma ora è richiesto il gioco, sia che resti a Parma, sia che addirittura si presenti l'occasione Inter. La curiosità è molta.

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