La Juve segna tanto, eppure non ha ancora trovato una sua identità

Se non è stata una doccia gelata, è stata almeno uno schiaffo capace di riportare la Juventus alla realtà. Dopo le 'ubriacature' con Inter e Borussia Dortmund , i bianconeri sono stati riportati sulla terra, al calcio duro con tanto sudore e pochi ghirigori, dal Verona. Qualcuno credeva che sarebbe stata una passeggiata, che la Juve avrebbe chiuso rapidamente la pratica per issarsi in vetta alla classifica, in attesa di Napoli-Pisa. Invece l'Hellas è stato avversario scomodo. Perché non si è mai arreso, anzi è diventato aggressivo, quasi sfrontato, nella ripresa, quando ha rischiato addirittura di vincere la partita. Igor Tudor ha dato la colpa al calendario fitto, una spiegazione che non regge del tutto. Perché il calendario fitto riguarda tutte le squadre che partecipano alle coppe europee, e la società ha messo a disposizione dell'allenatore croato una rosa pronta e di qualità. Il problema, forse, è che Tudor ancora non ha trovato la sua Juventus, come se il cartello work in progress, dopo un inizio convincente, facesse mostra di sé all'ingresso di Vinovo. I bianconeri hanno evidenti problemi di equilibrio, mascherati dagli ottimi risultati ottenuti in questo avvio di stagione. Ha incassato tre reti dall'Inter, quattro dal Borussia Dortmund e contro il Verona, solo nella ripresa, ha concesso almeno cinque occasioni all'avversario, salvandosi per qualche centimetro su Serdar. Tudor deve sistemare al più presto la fase difensiva. La sua Juve non può concedersi il lusso di segnare quattro gol a partita. Eppure va detto che il mister bianconero schiera solitamente formazioni quasi prudenti. Contro il Verona è partito con tre difensori centrali , più due terzini come esterni. Davanti alla difesa un intenditore puro come Locatelli e un altro mediano attento alla fase difensiva come Thuram. Insomma, nonostante uno schieramento apparentemente prudente, la Juve non ha equilibrio e concede troppe occasioni all'avversario. Comincia a farsi largo il dubbio che forse il sistema di gioco non sia il più adatto, e che un ritorno alla difesa a quattro potrebbe ridimensionare i tanti passaggi a vuoto nella propria metà campo. E poi c'è il 'mistero' Vlahovic. Semplicemente travolgente quando parte dalla panchina, poco incisivo se non addirittura anonimo quando gioca dal primo minuto. A Verona, va detto, la squadra non lo ha sostenuto, lasciandolo spesso solo contro i tre centrali avversari e con il compagno più vicino a 20 metri. Eppure gli esterni contro l'Hellas hanno giocato bene, Conceicao in particolare. Evidentemente anche sulla fase offensiva c'è da lavorare, nonostante le 12 reti segnate nelle prime cinque gare stagionali. Almeno nel valorizzare i movimenti di Vlahovic. Su una cosa, comunque, Tudor ha ragione: il Var. Il mancato rosso a Orban è inspiegabile. Grave l'errore dell'arbitro Rapuano, che ha estratto solo il giallo. Incomprensibile quello del Var Aureliano, che ha avallato la decisione del direttore di gara. Sul rigore per fallo di mano di Joao Mario, invece, la discussione può essere infinita. Trenta anni fa un rigore così non sarebbe mai stato dato. Ora la prassi sembrerebbe invece quella di punire sempre il tocco di mano, nelle occasioni in cui il braccio non è attaccato al corpo. Una interpretazione che va a sbattere contro la logica del calcio giocato. Ci vorrebbe un'interpretazione alternativa, ma in queste occasioni non è mai facile trovarla.

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La Juve segna tanto, eppure non ha ancora trovato una sua identità

Maurizio Compagnoni