Lorenzo Buffon, il suo grande Milan e quella sfida all’Udinese

Lorenzo Buffon era il 'latisanese illustre' che incrociavo da ragazzo per le vie del paese, era il famoso ex-portiere del Milan e della Nazionale di cui mio padre mi raccontava la storia, era un campione dello sport anni ‘50 diventato protagonista dei rotocalchi per il suo matrimonio con Edy Campagnoli, la 'valletta' che affiancava Mike Buongiorno a 'Lascia o Raddoppia?'. È stato anche una delle mie prime interviste, per un giornalino locale, a casa sua, in mezzo ai quadri frutto della sua passione di fine carriera: dopo il calcio, la pittura. Accanto alla seconda moglie, compagna della vita vera dopo quella delle copertine. E poi era stato il protagonista di una delle partite entrate nella storia dell’Udinese, in quel 1955 storico nel quale la squadra friulana centrò per la prima e unica volta un incredibile secondo posto in serie A. Protagonista, ma da avversario. Lui, friulano, a difendere la porta del Milan nel vecchio stadio 'Moretti'. Un ricordo di cui avevo raccolto il suo racconto, qualche anno fa, e che mi fa piacere recuperare per ricordare lui. Se chiedete a un “vecjo” friulano quale sia la partita più impressa nella memoria, prima di Zico e molto prima dell’epopea europea, quasi sempre vi parlerà di Udinese-Milan. Magari confonderà l’anno, forse anche il risultato esatto, ma non le emozioni di quel giorno: 1° maggio del 1955, una sfida scudetto fra il Milan capolista e l’Udinese, a sorpresa seconda in classifica. Chi c’era si ricorderà della ressa fin dal mattino ai cancelli del Moretti, della corsa per prendere i posti, dell’attesa di ore sotto il sole, dei ragazzini arrampicati sulle impalcature e sui cartelloni pubblicitari, della festa finale per le vie del centro di Udine e delle discussioni trionfali in tutti i bar della provincia. Il Milan, che qualche settimana prima sembrava aver già chiuso il campionato, si trovava improvvisamente le avversarie alle costole, dopo un pareggio a Novara e una sconfitta in casa con la Roma. Quattro punti di vantaggio sull’Udinese e sulla stessa Roma, a sei giornate dalla fine e alla vigilia dello scontro diretto con i bianconeri. L’Udinese era quella di Bengt Arne Selmosson, promettente giovane svedese che Bigogno, l’allenatore dei friulani, aveva scoperto un anno prima, ma il cui arrivo in Italia era inizialmente saltato per l’improvviso blocco delle frontiere ai calciatori stranieri decretato dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Giulio Andreotti. Selmosson, poi per tutti 'raggio di luna', diventò un giocatore dell’Udinese nell’estate del ’54. Solo che l’Udinese aveva iniziato malissimo il campionato: all’undicesima giornata era ancora quintultima con nove punti, a dieci dal Milan capolista. Poi qualcosa si sbloccò e quella squadra di provincia, sconosciuta ai più, costruì attorno a sé qualcosa che prima non si era mai visto. L’Udinese risaliva posizioni in classifica e diventava il fenomeno calcistico dell’anno. Tutti ne parlavano, in Friuli come nel resto d’Italia. Fino al giorno di quello scontro diretto. Fra i pali della porta milanista, c’è un friulano, Lorenzo Buffon. Storicamente sarebbe il più grande portiere che il Friuli abbia dato al gioco del calcio, se non ci fosse stato, qualche anno più tardi, un certo Dino Zoff. Buffon era nato a Susans, Borgo Glesie per la precisione, una frazione di Majano, ma già piccolissimo si trasferì a Latisana, dove poi tornò a vivere a fine carriera. Latisana-Portogruaro-Milan fu l’escalation che in soli tre anni lo portò alla ribalta del calcio nazionale. Con il Milan giocò dal ’49 al ’59 vincendo quattro scudetti, il quinto sarebbe arrivato alcuni anni dopo con l’altra maglia milanese, quella dell’Inter: "Quell’Udinese era fortissima. E velocissima, soprattutto. La Forgia correva i 100 metri in meno di undici secondi. Selmosson, gran piede e grande eleganza, andava via con una velocità che poi ho rivisto nel miglior Nedved". Ma per i friulani Buffon era un avversario: "Ne ho sentite tante a Udine… ogni volta che ho giocato su quel campo. Per fortuna che c’erano tanti miei amici in mezzo a quel pubblico, arrivati in bici da Latisana. Mi chiamavano, da lontano, dalle tribune. Ogni volta che la palla usciva, andavo io verso la rete a raccoglierla, e ci si salutava". La partita inizia male per l’Udinese: dopo pochi minuti il portiere Romano si scontra con Liedholm, un colpo alla testa da cui sembra riprendersi, ma poi barcolla – disorientato – e deve lasciare il campo. "Nordahl – raccontava Buffon – era rimasto molto turbato dall’incidente a Romano. Lo aveva colpito involontariamente, ma si riteneva comunque responsabile. Rientrando negli spogliatoi, nell’intervallo, piangeva e chiedeva di sapere come stesse il portiere. Per tutto il tempo in cui l’Udinese rimase in dieci lui si isolò sulla sinistra e anche quando gli capitò quel pallone non escludo che lo abbia sbagliato apposta. Così, sportivamente. Era un signore, sotto tutti i punti di vista". Non ci sono ancora le sostituzioni, per cui in porta va Magli, un mediano. L’Udinese con un uomo in meno passa comunque in vantaggio all’inizio del secondo tempo: 1-0, gol di Menegotti, addirittura 2-0, con Bettini, e sempre in dieci. Il Milan accorcia subito con Vicariotto, ma a metà del secondo tempo ricompare dagli spogliatoi il portiere Romano, che si era ripreso e poteva rientrare. L’Udinese si convince di potercela fare e arriva il terzo gol. Una volata di La Forgia sulla fascia, per poi accentrarsi, entrare in area e tirare. Buffon respinge a mani aperte, ma La Forgia riprende e mette in rete. "I gol presi è meglio non ricordarli – ammetteva Buffon - la domenica dopo devi averli già dimenticati. Mi ricordo le parate, quelle sì, compresi i tre salvataggi che feci in uscita su Selmosson nel finale di quella partita". Nella mezz’ora rimanente, infatti, l’Udinese sembra una squadra di collaudata autorevolezza. Ha in mano la partita e la gestisce. Buffon è costretto a salvare non solo su Selmosson, ma pure su Bettini. L’orgogliosa reazione del Milan produce solo a dieci minuti dalla fine il gol di Schiaffino, su un pallone che sfugge a Romano in mezzo all’area. Ma l’Udinese resiste fino all’inevitabile invasione di campo finale, con Selmosson portato in trionfo. E i sogni di scudetto che apparivano all’orizzonte. I 30mila tornarono tutti a casa con una storia da raccontare, un sogno da coltivare e un’emozione che non avrebbero potuto dimenticare. Anche Lorenzo Buffon: "Dopo la partita mi fermai a casa, a Latisana, e il lunedì trovai in giro per il paese tutti i miei amici, i miei ex dirigenti al Latisana, quelli del bar Commercio, dove andavo sempre da ragazzo dopo le partite. Mi sfottevano affettuosamente ed erano contenti. Come facevo a non essere contento anch’io?". La Gazzetta dello Sport del giorno dopo dedicava i titoli di apertura in prima pagina a “due grandi imprese in una domenica sportiva d’eccezione”: la vittoria di Stirling Moss, su Mercedes, nella Mille Miglia e il “meraviglioso crescendo friulano” con “la vittoriosa Udinese a due punti dal Milan”. L’Udinese restò imbattuta fino alla fine, ma i pareggi in casa della Pro Patria e del Novara spensero il grande sogno. Lo scudetto lo vinse il Milan di Lorenzo Buffon, che poté gioire di nuovo, dopo aver condiviso in silenzio la gioia della sua gente.

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Marco Caineri