Theo Hernandez: "Volevo restare al Milan, ma mi dissero 'se resti ti mettiamo fuori rosa'"
ALLA GAZZETTADal centro sportivo dell’Al-Hilal in Arabia Saudita, l’esterno sinistro è tornato a parlare in un’intervista alla Gazzetta dello Sport dell’addio al club rossonero: "Dicevano che avessi chiesto cifre esorbitanti per il rinnovo, che spingessi per la cessione... tutto falso, la mia priorità era restare"
"So che ho commesso degli errori, come le espulsioni con la Fiorentina o col Feyenoord, la mia priorità era restare al Milan ma quando un dirigente ti chiama e ti dice 'se resti qui ti mettiamo fuori rosa' io che cosa posso fare? Cerco altro". Direttamente dall’Arabia Saudita, dove è tra i protagonisti dell’Al-Hilal delle stelle di Simone Inzaghi, in un’intervista alla Gazzetta dello Sport, Theo Hernandez è tornato a parlare dell’addio al Milan e della sua nuova vita a Riad, agli ordini dell’avversario di tanti derby milanesi. "Lui e lo staff mi sfottono per le sei vittorie di fila con l’Inter, ma l’anno scorso abbiamo vinto noi...". Lo stesso Simone Inzaghi che lo ha convinto quest’estate a scegliere l’Arabia:"Mi ha detto: “Andiamo a vincere insieme?". So che all’Inter lo chiamavano "demone". In campo è una persona, fuori un’altra: un gentleman. Ogni tanto mi ha fatto qualche battuta sul fatto che l’anno scorso gli ho fatto perdere la Supercoppa qui a Riad, ma anche lo staff mi ricorda i derby o i duelli con Dumfries”.
L’incontro con il Milan a Riad e l’addio
"Li ho incontrati prima della partita con il Napoli. Quando andai via non riuscii ad abbracciarli tutti come avrei voluto. Mi dispiace che abbiano perso. Ho detto 'bravo' a Bartesaghi, che si merita tutto, e abbracciato Modric, con cui ho giocato a Madrid. Un genio: è di un altro livello". E sull’addio: "La mia priorità era restare". Quando gli è stato chiesto del rifiuto al Como del gennaio scorso: "Il mio agente non me ne ha mai parlato. Dicevano che avessi chiesto cifre esorbitanti per il rinnovo, che spingessi per la cessione... tutto falso". E sul post d’addio polemico al momento dell’uscita dal Milan: "Quando sono arrivato c’erano Massara, Boban e Maldini, il mio idolo. Ibra è un top, ma dopo Paolo è cambiato tutto in peggio. Dopo il suo addio mi sono sentito spaesato. L’anno scorso io e Calabria ci presentammo a Milanello con la maglia di Paolo, a qualcuno non andò bene. Hanno strappato una bandiera per nulla. A parte Ibra la mancanza di milanismo si sente". E sulle critiche: "So che ho commesso degli errori, come le espulsioni con la Fiorentina o col Feyenoord, ma siamo umani. Non ero sereno mentalmente e avrei potuto fare meglio, ma i tifosi sanno chi è stato Theo al Milan".
Il cooling break con Fonseca, Leao e Maignan
Per Theo, quell’immagine di lui e Leao lontani mentre l’allenatore dava indicazioni ai compagni: "È stato ingigantito. Io e Leao eravamo entrati da poco e siamo rimasti lì. Dicevano che non avessimo un bel rapporto con gli allenatori, ma non era vero. Io andavo d’accordo anche con Conceiçao. Lui era autoritario, ma la gente parlava a vanvera". Sull’amico Leao: "È fortissimo, ma ogni tanto ha la testa non si sa dove. In quegli anni io e lui sulla sinistra, abbiamo fatto male a tutti, infatti non lo vedo bene come punta". E sulla trattativa per il rinnovo di Maignan: "Ha una situazione simile alla mia, e non è finita bene".
