Il progetto del Como va ben oltre il calcio

Jeff Goldblum, Terry Crews, Mark Strong, Keira Knightley, Andrew Garfield, Kate Beckinsale, Hugh Grant, Benedict Cumberbatch, Michael Fassbender, Chris Pine, Adrien Brody. No, non andate a cercare su Transfermarkt. Non sono i prossimi obiettivi di mercato, quello di gennaio, del Como di Fabregas. Non sono calciatori stranieri magari semisconosciuti, ma di buona tecnica, belle speranze e possibilmente giovani, del tipo che piacciono tanto a Cesc. No, è l’elenco degli attori famosi che nell’ultimo anno sono stati avvistati nelle tribune del Sinigaglia a sorridere, farsi fotografare e talvolta addirittura fare il tifo per una squadra di cui probabilmente anche gli inglesi, non solo gli americani, più appassionati di calcio ignoravano l’esistenza, fino al momento dell’invito per un fine settimana allungato su uno dei più affascinanti, e trendy, laghi del mondo. Un vero e proprio parterre des étoiles di estrazione hollywoodiana. E allora chiamatelo pure Comowood o Hollycomo, se vi pare. Perché il Como 1907, forse la novità più interessante offerta dal calcio italiano nel 2025, in campo e fuori, non è un semplice club calcistico. O almeno non lo è nel senso classico del termine. È, o comunque vuole essere, qualcosa di più: non soltanto una piccola realtà di provincia, per quanto in via di sviluppo e in cerca di un upgrade dalle serie minori, ma un progetto ambizioso che intreccia sport, economia, tecnologia e - ecco l’opportunità maggiore offerta dalla location - turismo. Dopo il ritorno in Serie A nel 2024, la società ha intrapreso un percorso di trasformazione imprenditoriale che punta oltre gli obiettivi sportivi di breve periodo. Al centro di tale strategia non c’è solo il rendimento della squadra in campo, ma anche obiettivi economico-finanziari di lungo termine che passano attraverso partnership commerciali di rilievo, diversificazione delle entrate e forte legame con il territorio. Un esempio: una delle mosse più innovative degli ultimi mesi è stata la creazione di Como Ventures, una piattaforma di startup e investimenti nata in partnership con The Players Fund, il più grande fondo mondiale di venture capital guidato da atleti. L’iniziativa concentra risorse su settori come turismo, media technology, merchandising avanzato e salute/sport tech, consentendo a giovani imprese di crescere con il supporto del brand calcistico. I proprietari del Como sono i fratelli Robert e Michael Hartono, i miliardari più ricchi di Indonesia, con patrimoni stimati intorno ai 24-26 miliardi di dollari ciascuno, secondo Forbes. Controllano il gruppo Djarum, attivo in vari rami, come tabacco, banking, elettronica e immobiliare, che ha acquisito il club nel 2019 tramite la società britannica Sent Entertainment. Hanno affidato la guida quotidiana del progetto Como a Mirwan Suwarso, 49 anni, un manager, sempre indonesiano, che in patria ha ricoperto ruoli dirigenziali in agenzie pubblicitarie e in aziende cinematografiche, reti media e più in generale nel campo dell’intrattenimento. Con risultati eccellenti, per ora soprattutto in campo, ma anche nella capacità di creare consenso e appeal. Il Como calcio è già diventato molto di moda. La squadra ha decollato, da neo promossa, nel girone di ritorno dello scorso campionato. Nella classifica dell’anno solare 2025 figura al settimo posto, con 55 punti, a pari merito con l’Atalanta, ma con una partita in meno, e davanti alla Lazio. Per quanto non apertamente dichiarato, l’obiettivo, al secondo anno di Serie A, è già conquistare un posto in Europa. È la quarta squadra con l’età media più giovane della Serie A e i suoi giocatori più interessanti appartengono tutti alla Generazione Z del XXI secolo: il suo fuoriclasse, Nico Paz, è del 2004, come il terzino Valle; gli attaccanti esterni Diao, Rodriguez e Addai sono addirittura del 2005, come il difensore Ramon; fra i centrocampisti Perrone e Baturina sono del 2003, Da Cunha del 2001 e Caqueret del 2000. Gioca un calcio molto propositivo, che non cambia a seconda degli avversari: nel campionato in corso, è la squadra che ha il maggiore possesso palla di tutta la Serie A e, con la Roma, la più efficace e continua nel pressing offensivo, anche se poi questo tipo di azione finora ha immediatamente prodotto un solo gol. Già, perché quello che non ti aspetti è che il Como abbia la seconda migliore difesa del campionato , ma soltanto l’ottavo attacco . Forse pure a causa della stagione negativa di Morata, che avrebbe dovuto apportare esperienza e gol, e invece finora non si è mai visto su buoni livelli, prima del grave infortunio che l’ha tolto di mezzo per un periodo piuttosto lungo. Le ultime due sconfitte, contro Inter e Roma, sono state interpretate come un doppio esame di maturità fallito, ma non va dimenticato che in precedenza il Como aveva battuto in casa la Juventus e pareggiato con il Napoli al Maradona, fallendo, proprio con Morata, il rigore del possibile successo. In un campionato con la media gol per partita più bassa d’Europa, più bassa del secolo in Italia , e ancorato a sistemi di gioco prevalentemente molto difensivi, vedere le partite del Como è come prendere una boccata d’aria fresca. Per tutti, o quasi. Infatti, piuttosto a sorpresa, dopo lo scontro diretto, Gasperini ha lanciato una frecciatona a Fabregas, accusandolo in pratica di proporre un calcio che alla lunga alla gente non piacerà più. Il rilievo dell’allenatore della Roma era riferito all’eccessiva chiamata in causa del portiere nella costruzione del gioco: 51 i tocchi di Butez in una sola partita, cioè più di alcuni calciatori di movimento. Troppi? Il dibattito è aperto. Certo, a volte si vedono squadre che giocano più all’indietro che in avanti, rallentando lo sviluppo dell’azione, anche se non sembra il caso del Como, ma paradossalmente il maggiore impiego del portiere in fase di costruzione è conseguenza, fra l’altro, dell’estendersi della contrapposizione uomo contro uomo, ricercata proprio da allenatori come Gasperini: in tal modo, spesso l’unico giocatore libero su cui appoggiarsi è proprio il portiere. Le note stonate Assolutamente fin qui positiva la gestione sportiva e mediatica della proprietà indonesiana, non altrettanto si può dire dell’equilibrio economico-finanziario del club. L’ultimo bilancio si è chiuso con una perdita di 105 milioni, enorme se si considera che i ricavi caratteristici, pur moltiplicati rispetto al passato, sono fermi a 55,4 milioni, poco più di un terzo rispetto ai costi lievitati a 158,5 milioni. Tanto che per poter essere ammessa alla operazioni di mercato di gennaio, la proprietà, che già aveva ripianato le perdite, ha dovuto apportare ulteriori nuovi capitali, in quanto il parametro decisivo del rapporto fra costo del lavoro allargato ed entrate complessive non è al momento rispettato. Un modello di business del tutto opposto rispetto a quello, ad esempio, dell’Atalanta, che nei dieci anni in cui si è trasformata da club sovente in altalena, oscillante fra Serie A e B, all’EuroAtalanta attuale ha sempre mantenuto i bilanci in attivo. Il Comowood all’indonesiana invece in qualche modo, e fatte le debite proporzioni, si ispira maggiormente allo schema seguito dai fondi arabi per fare diventare grandi Manchester City e Psg: una continua iniezione di risorse, nel loro caso anche aggirando le regole, per alzare il livello senza paura, grazie alle disponibilità finanziarie pressoché illimitate, di saltare per aria. Una volta tutto ciò era chiamato doping finanziario ed era formalmente vietato. Ma in realtà l’Uefa ha sempre chiuso un occhio nei confronti di chi comunque apportava nuove ricchezze circolanti nel sistema. Non è perciò da escludere che indulgenze di questo genere possano essere riservate anche al Como, che se si qualificasse per una Coppa Europea oggi non soddisferebbe i requisiti richiesti dal Financial Fair Play, perché l’Uefa, diversamente dalla Federcalcio italiana, non consente di rientrare nei criteri di ammissione attraverso apporti di capitale fresco. E c’è pure qualcuno che si domanda che senso avrebbe conquistare un posto in Europa per poi andare a giocare le partite casalinghe a Udine, cioè a 430 chilometri da casa, come previsto dalla licenza Uefa attualmente concessa, o a Reggio Emilia, come si sta provando a fare ora. Ma questo è un discorso che si riproporrà quando il Como l’accesso alle Eurocoppe riuscirà a conquistarlo. Per adesso è giusto soltanto ammirare quanto di bello la squadra di Fabregas ci offre settimanalmente e apprezzare le idee innovative della proprietà indonesiana. Viva il Como, una delle squadre simbolo del 2025.

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Il progetto del Como va ben oltre il calcio

Gianfranco Teotino