Viaggio nel settore giovanile dell'Empoli

Lo scorso 4 dicembre l’Empoli ha battuto ai calci di rigore la Fiorentina e ha centrato la qualificazione ai quarti di Coppa Italia. A rendere ancora più prestigiosa la vittoria della squadra di D’Aversa c’è un dato speciale e, a suo modo, unico: nella formazione titolare scesa in campo contro la Viola erano presenti ben cinque giocatori cresciuti nel vivaio . A loro si è aggiunto nel corso della partita anche Mattia Viti , e così più di metà squadra in campo era cresciuta a Monteboro, la casa dell’Empoli. Un risultato storico. Da anni si continua a discutere sul perché l’Italia faccia tanta fatica a ‘creare’ nuovi talenti ma l’Empoli si è dimostrato una felice eccezione. Come riesce a farlo in maniera così efficace e continuativa? Per capirlo, lo abbiamo chiesto al Responsabile del settore giovanile azzurro Federico Bargagna e al Responsabile dell’Area Tecnica del settore giovanile Matteo Silvestri. Partiamo dalla fine, che emozione è stata e cosa significa aver vinto una partita di Coppa Italia contro la Fiorentina con cinque titolari cresciuti nel proprio settore giovanile? Matteo Silvestri: “Per noi, che ricopriamo questo ruolo all'interno del settore giovanile, quella partita è stata un orgoglio e una soddisfazione fortissima. Vedere così tanti ragazzi provenienti dal nostro settore giovanile giocare in prima squadra e raggiungere un risultato molto importante, per giunta in una partita sentita come un derby, è stata una doppia soddisfazione. Eravamo, e siamo, felici per la vittoria e per averlo fatto con tanti ragazzi cresciuti qui, nei campi del centro sportivo di Monteboro. Li abbiamo visti bambini, sono cresciuti con noi e ora sono arrivati fino alla prima squadra. Vederli in campo e vincere è motivo di grande felicità”. Federico Bargagna: “Condivido tutto quello che ha detto Matteo e aggiungo che diversi di questi hanno avuto un percorso ben preciso anche al termine del settore giovanile. Ci sono ragazzi come Marianucci, Ekong e Belardinelli a cui, una volta terminata la Primavera, è stato creato un percorso ‘su misura’. Tutti e tre hanno avuto esperienze diverse per crescere e maturare in altri club. Due sono passati dalla Serie C, uno dalla serie B e poi da un campionato estero, quindi voglio sottolineare anche la capacità del club di non perdere quei calciatori di talento che però avevano bisogno di un po’ di tempo prima di arrivare in prima squadra”. Da anni l'Empoli è un modello per lo sviluppo e la crescita dei giovani talenti. Per citarne solo alcuni e restare al recente passato, negli ultimi anni avete lanciato nel calcio dei ‘grandi’ Ricci, Baldanzi, Asllani e Fazzini. Qual è la filosofia principale del vostro settore giovanile e cosa vi differenzia dalle altre realtà italiane? Matteo Silvestri: “Questa è la mia sesta stagione nel settore giovanile dell’Empoli e la cosa che si percepisce immediatamente è la presenza di una proprietà forte, che crede veramente nel settore giovanile. Non solo a parole, ma con i fatti. E’ una proprietà che è molto vicina a noi responsabili del settore giovanile, alle famiglie e ai ragazzi. Qui a Monteboro, il nostro centro sportivo, si riuniscono tutte le componenti che fanno parte della società: la proprietà, il presidente Fabrizio Corsi, l’amministratore delegato e vice presidente Rebecca Corsi, i dirigenti della direzione sportiva della prima squadra Roberto Gemmi e Armando Perna e anche tutte le componenti che fanno parte della società come la comunicazione, il marketing, la segreteria… Viviamo veramente questa società come una famiglia e come un gruppo forte e coeso. Lavoriamo tutti per arrivare a un obiettivo comune, che è quello di valorizzare i ragazzi. Un altro fattore fondamentale è la continuità negli anni di questa proprietà. Qui c'è il solito presidente da più di trent'anni e questo sicuramente è un vantaggio per tutti quelli che ci lavorano, perché ogni anno si riparte tutti con le solite idee, la solita filosofia e la solita visione a lungo termine. Questo aiuta a sentirsi tutti coinvolti e partecipi. Qui ci si sente davvero parte di una grande famiglia, che parte dall'attività di base e da tutte quelle persone che svolgono un ruolo magari non pubblicizzato come gli autisti dei pulmini, i magazzinieri, le persone del convitto, i cuochi e tutte le altre componenti, fino all'apice che è la prima squadra. Nel grande risultato ottenuto contro la Fiorentina c’è il lavoro di tutti”. Federico Bargagna: “Trentacinque anni fa ho avuto la fortuna di fare il settore giovanile qui a Empoli. Ho giocato con una Primavera splendida dove c’erano Birindelli, Montella, Galante, Ficini e in quegli anni era iniziata l’era del nostro presidente Corsi. Sono tornato trenta anni dopo come dirigente e ho trovato una società cresciuta tantissimo in termini di strutture e centro sportivo, però ho trovato gli stessi princìpi che appartenevano a questa società anche al tempo. In primis quello che secondo noi è la cosa più importante: il senso di appartenenza”. Come avete giustamente detto, è importante sottolineare anche il lavoro di chi si prende meno la scena. Oltre agli allenatori, quali sono i ruoli chiave in un settore giovanile? Matteo Silvestri: “Magari ti do una risposta banale o che può sembrare fatta, ma è la realtà di quello che è il pensiero della società: qui non ci sono delle figure che hanno un ruolo più importante di un altro. Chiaramente ci sono delle figure che ricoprono dei ruoli decisionali, perché in alcuni momenti ci sono delle decisioni e delle responsabilità da prendere, però è veramente fondamentale l'apporto di tutte le componenti che fanno parte del settore giovanile. Penso alla segreteria, che si deve occupare di tutta la parte del tesseramento e della gestione burocratica di tutti i ragazzi. E qui abbiamo più di 200 tesserati che tutti i giorni vengono a svolgere attività al centro sportivo. Penso agli autisti dei pulmini o ai dirigenti accompagnatori, che si ritrovano ad avere un rapporto speciale con questi bambini e ragazzi e che li crescono come dei figli o nipoti. Poi ci sono tutti gli staff tecnici, tutti formati da persone che - oltre ad avere valori tecnici importanti - hanno qualità morali importanti, questa per noi è una cosa fondamentale. Per noi la ricetta vincente per questo tipo di idea di settore giovanile è far sentire tutti importanti, tutti partecipi e tutti coinvolti. Per tornare alla prima domanda, io sono sicuro che ciascun dipendente del settore giovanile, che fosse sul proprio divano di casa o direttamente allo stadio, dopo la vittoria con la Fiorentina ha provato le stesse emozioni che abbiamo provato io e Federico, pur avendo un ruolo diverso dal nostro”. In questa epoca si discute ancora molto tra chi osserva i giocatori dal vivo e chi invece fa un grande utilizzo delle tecnologie. Voi cosa preferite e come utilizzate la tecnologia e i dati? Federico Bargagna: “Noi crediamo che sia giusto un mix tra l’andare a vedere le partite in presenza e utilizzare tutto quello che è il supporto dell'intelligenza artificiale o dei video, ci mancherebbe. Entrando nello specifico, per noi è basilare il primo scouting in Toscana, quando nell'attività di base dobbiamo andare a costruire le squadre under 9, under 10 e under 11. Per noi quello diventa necessario e cerchiamo di farlo nella migliore forma possibile, perché se si va a vedere la storia dell’Empoli degli ultimi anni, tantissimi ragazzi che hanno spiccato il volo da qui hanno fatto un percorso di 6-7-8-9 anni con noi. Anche lo scouting nelle under successive è importantissimo, per noi però non è così fondamentale come il primo scouting, perché poi si inseriscono anche gli stranieri e diventa un mercato per grandi club”. Quali sono, secondo voi, le caratteristiche che deve avere un giovane per emergere e diventare un professionista? Matteo Silvestri: “Nel tempo e negli anni è un po’ cambiato il mondo sociale al di fuori del contesto calcio e del centro sportivo. Adesso un ragazzo a 10-12-14 anni non ha più quei pomeriggi passati all'oratorio o nei campi di strada a giocare divertendosi e quella libertà di potersi esprimere. Questo ha dei risvolti positivi e negativi. Quello di adesso è un mondo molto più difficile, molto più tecnologico. Un mondo in cui i ragazzi passano tanto tempo davanti al telefonino o alla PlayStation e in generale passano molto più tempo in casa rispetto alle generazioni precedenti. Diventa quindi molto più importante l’aspetto mentale e caratteriale dei ragazzi. Non a caso, negli ultimi anni tutti i ragazzi che dal nostro settore giovanile sono riusciti a intraprendere un percorso importante avevano tutti valori molto alti dal punto di vista della mentalità, del carattere, della voglia di crescere, di apprendere e dell'educazione. Oggi se un giovane ha talento ma gli manca la voglia di migliorarsi, di non mollare davanti alle difficoltà, di combattere ogni giorno contro tutto e tutti, difficilmente poi riuscirà ad arrivare a fare qualcosa di importante nel calcio. Il talento naturale è importante ed è una buona base. Le qualità tecniche e fisiche sono altrettanto importanti e sono migliorabili. Ma la cosa fondamentale è la mentalità. Il carattere e la voglia di dimostrare di arrivare, la capacità di non perdersi davanti agli ostacoli e alle difficoltà”. A questo proposito, come lavorate per affrontare le pressioni esterne che spesso circondano i giovani calciatori? Matteo Silvestri: “Sicuramente non è facile e non c’è neanche una regola o una ricetta vincente in tutte le situazioni. Ogni ragazzo è diverso dagli altri, ogni famiglia è diversa dalle altre. In generale, noi lavoriamo con ragazzi che hanno un'età molto sensibile, dove anche un gesto o una parola possono diventare molto pericolosi e molto importanti , e non solo in riferimento al percorso calcistico. Noi cerchiamo di farci aiutare da tutte le componenti che abbiamo dal punto di vista tecnico-psicologico. Una cosa molto importante che parte dalla nostra proprietà ed è condivisa da tutti quelli che lavorano nel settore giovanile è cercare, quando possibile, di creare un legame forte con le famiglie. Ma non vogliamo fermarci a un legame calcistico. Non ci importa se quel ragazzo ha fatto un gol in più o in meno o se c’è da fare un contratto da professionista oppure no, è importante instaurare un legame forte soprattutto per affrontare insieme i momenti difficili. Quando andiamo a fare un colloquio con una famiglia di un ragazzo di 13-14-15 anni, spieghiamo che la parte importante del percorso da fare insieme è tutto quello che non riguarda il calcio, tutto quello che non riguarda l'allenamento e la partita della domenica, perché poi quella è la parte più semplice, la parte più divertente e la parte dove non c'è bisogno di fare granché. Avere un rapporto speciale o un rapporto forte con una famiglia per noi diventa fondamentale. Perché questo è un percorso che una famiglia da sola non può fare e un percorso che una società da sola non può fare. Deve essere un'unione di intenti, dove ognuno mette un pezzettino. Soprattutto quando c'è una difficoltà o una problematica, cerchiamo di affrontarla immediatamente e di sederci con la famiglia e di capire insieme quali possono essere le soluzioni per poter permettere al ragazzo di vivere con serenità questo percorso. Come diciamo sempre, i numeri dei ragazzi che arrivano a fare questo di mestiere sono veramente pochissimi, forse a Empoli qualcuno in più, ma in generale sono veramente pochissimi rispetto a tutti quei ragazzi che poi varcano i cancelli di Monteboro. Quindi la nostra attenzione è sì in quei ragazzi che arrivano in prima squadra, ma anche e soprattutto in quei ragazzi che non ce la fanno ad arrivare a fare quel percorso di calciatori. E noi dobbiamo farli uscire da qui se non come calciatori professionisti, almeno come dei ragazzi e degli uomini che hanno imparato qualcosa. Dar loro dei valori che possano guidarli nella loro quotidianità e vita futura”. A questo proposito, ora il tema della salute mentale nei giocatori e nei giovani è sempre più importante, per questo voi fate qualcosa? Matteo Silvestri: “Non abbiamo direttamente delle figure, ma cerchiamo di collaborare con esperti del settore e cerchiamo di individuare dei casi specifici per fare anche formazione ai nostri staff, alle nostre famiglie e ai ragazzi. Cerchiamo di metterli al corrente di quali possono essere le problematiche e quali possono essere gli strumenti per poi affrontarle. Cerchiamo di prevenire e di indirizzare i ragazzi per far sì che poi abbiano loro stessi gli strumenti necessari per gestire le situazioni o le problematiche che si troveranno ad affrontare. Non sempre ci si riesce, ma credo sia importante”. Ci sono dei talenti usciti dal settore giovanile dell’Empoli che vi sono rimasti particolarmente nel cuore? Federico Bargagna: “Tutti quelli che passano da qui hanno un posto speciale nel nostro cuore. Mi riallaccio a quello che dicevo precedentemente, è logico che sentiamo più ‘nostri’ quelli che nascono qui e che hanno fatto il percorso completo nel nostro settore giovanile. Per citarne alcuni: Montella, Birindelli e Galante, che sono usciti da qua oltre 30 anni fa, e Baldanzi, che è stato l'ultimo. Sono calciatori che sentiamo ‘nostri’ perché tutti noi abbiamo contribuito a farli diventare prima uomini e poi calciatori. A loro ci lega un affetto particolare, perché tutto l’Empoli ha dato qualcosa a loro e loro hanno dato tanto all'Empoli. Vederli giocare in grandi squadre è una vittoria per tutti e di tutto il nostro sistema”. Matteo Silvestri: “Fare un nome è difficile, perché poi magari ci si dimentica qualcuno e noi veramente siamo legati a tutti quei ragazzi che hanno fatto il percorso nel nostro settore giovanile. Come dicevamo all'inizio, la nostra soddisfazione più grande è vedere tutti quei bambini e ragazzi che anche oggi, tra 5 minuti, cominciano l'allenamento con il sorriso sulla faccia. Poterli poi vedere, dopo tanti anni, giocare nei campi più importanti per noi è una soddisfazione che ci ripaga di tutti i sacrifici”. Quali sono i progetti futuri del vostro settore giovanile? C’è qualche novità che state preparando? Magari una seconda squadra… Federico Bargagna: “In un calcio che cambia così velocemente, per mantenere questo livello dobbiamo continuamente metterci in discussione, pensare a migliorarci e non perdere questa passione, che è fondamentale. Nel momento in cui ci sentiamo appagati, nasce un problema per tutti, perché quello che è stato fatto fino a ieri non conta più. Poi logicamente da un punto di vista strutturale, come sempre ha fatto questa proprietà e società, un pezzettino alla volta - come si dice in Toscana - cerchiamo di migliorare anche le strutture. Un anno c'è da migliorare la palestra, un anno c’è da fare un campo in più. Quindi pian piano lavoriamo per crescere anche sotto questo punto di vista, che è fondamentale, perché le strutture sono basilari per lo sviluppo del movimento calcio. Sulla seconda squadra, penso che ogni società di Serie A abbia le proprie dinamiche, per i top club penso che sia fondamentale ma per le società come l'Empoli al momento non penso che sia una priorità. Anche perché la distanza settore giovanile-primavera-prima squadra da noi è piccolissima. Quando un giocatore è pronto, lo mettiamo subito a disposizione della nostra prima squadra. Qui da noi, grazie alla società e alla sinergia con la prima squadra, ci sono tutte le condizioni per fare il settore giovanile, magari in altri club ci sono pressioni diverse e quello che è possibile fare a Empoli, non è possibile fare da altre parti, ma questo penso sia la normalità. Ogni società ha delle proprie dinamiche e dei propri princìpi. Qui la valorizzazione del giovane talento viene prima di tutto e continuerà a essere la nostra priorità”.

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Emiliano Tomasini