Lautaro, lo scudetto con l'Inter è la consacrazione di una crescista esponenziale

scudetto inter
Andrea Paventi

Andrea Paventi

Da Casa Tita, la struttura che ospita le squadre giovanili del Racing, al secondo trionfo tricolore da capitano e capocannoniere, lo scudetto dell'Inter di Inzaghi rappresenta la consacrazione definitiva di un campione dalla profonda cultura del sacrificio che in pochi anni si è preso Milano e tanti record della storia nerazzurra

VAI ALLO SPECIALE

Bastava guardarlo negli occhi al suo arrivo all’Inter, nel luglio dell'oramai lontano 2018, per coglierne subito caratteristiche, atteggiamenti, qualità e innata predisposizione. Ride poco Lautaro Martinez, concede poco alla platea dei facili ammiccamenti, preferisce che sia il campo l’unico teatro dei verdetti, dei giudizi, delle critiche o degli applausi. Ha sempre vissuto la sua passione fin da bambino in questo modo, miscelandola a una cultura calcistica che è diventata anche la sua natura di atleta professionista. La pallacanestro respirata fin da bambino nelle strade di Bahia Blanca è rimasta una passione pura, ma allo stesso tempo ha lasciato un’impronta indelebile nel suo modo di stare in campo. Fin dall’inizio della propria carriera, Lautaro ha infatti dimostrato una certa attitudine a leggere al meglio le situazioni di gioco, a percepire la propria posizione durante un’azione offensiva in relazione a quella di compagni e avversarsi e, soprattutto, a smarcarsi nelle zone calde in maniera letale. Questo è il calciatore che ha appena vinto il suo secondo scudetto con la maglia dell’Inter, il ventesimo dell’ultracentenaria storia nerazzurra, cucendosi su cuore e petto quella seconda stella che è stata fin dall’inizio il grande obiettivo stagionale. Uno dei sogni che si possono coltivare da bambino.

Da "casa Tita" a casa Icardi

È partita da lontano la storia calcistica di Lautaro. L’Accademia, la casa Tita, il Racing nel segno di Milito, eroe del triplete e pedina fondamentale nella trattativa che lo ha portato all’Inter, Luis Suarez e Radamel Falcao, da sempre fonte di ispirazione tecnica, fino all’arrivo a Milano e l’incontro con Icardi, argentino come lui, centravanti per di più e capitano. Con Maurito il rapporto è stato splendido soprattutto all’inizio, tante istantanea in terrazza con la piscina vista Meazza a fare da sfondo. Ne rileverà titolarità e fascia dopo quasi tre anni, quando Mauro aveva già lasciato l’Inter, svolazzando tra Parigi e Istanbul. Si è rivelato da subito un capitano vero Lautaro, rispettato dal gruppo. Un ruolo che ricopre in maniera naturale, come naturale ma esponenziale è stata la sua crescita nel mondo Inter, nei numeri e nella storia di questo club.

Lautaro centravanti nato. E quel coro dei tifosi...

Lautaro sembra essere nato per fare il centravanti, nonostante una particolare conformazione fisica che però non ne ha mai limitato il potenziale. Con il pallone tra i piedi è fortissimo, sia quando carica il tiro a campo aperto sia quando anticipa il difensore in corsa. È bravo anche di testa, dove più della capacità di stacco colpisce la scelta del tempo e lo smarcamento. Ha imparato nel tempo a lavorare per la squadra, sacrificarsi, cucire il gioco. I tifosi nerazzurri gli hanno dedicato un coro personalizzato per evidenziarne ruolo e senso di appartenenza in una città come Milano che lo ha visto arrivare ragazzo e maturare come uomo, passato attraverso un di matrimonio e la nascita di due figli, Nina e Theo.

Lautaro come Meazza e Nyers

E poi il rapporto col gol, vizietto che il Toro non ha mai perso ma che in questa stagione ha certamente consolidato, arrivando a conquistare anche la palma di capocannoniere del campionato. Altro fregio d’onore in un anno speciale. Già febbraio, tra le tante cose, Lautaro aveva tagliato l'ennesimo traguardo della sua carriera con la maglia dell'Inter: grazie al suo gol contro la Salernitana, era riuscito ad arrivare a quota 20 marcature in campionato per la terza stagione consecutiva, dopo che nelle annate 2021/22 e 2022/23 aveva chiuso la Serie A con 21 reti. Una statistica che lo colloca al pari di altri due attaccanti dell'Inter riusciti in tale impresa: Giuseppe Meazza, che vi era riuscito per cinque stagioni di fila, dal campionato 1929/30 a quello 1933/34, e Stefano Nyers, che replicò tale risultato per quattro annate consecutive: dal 1948/49 al 1951/52. Dopo 72 anni, dunque, il libro dei record di casa Inter viene nuovamente aggiornato a livello individuale ma tra poche ore lo sarà a livello di squadra, quello che conta di più. Per Lautaro, per l’Inter e per la gente che… non vede l’ora di festeggiare e inebriarsi in una festa tutta a tinte nerazzurre