Il senso di Lukaku per lo scudetto

Il senso di Lukaku per lo scudetto. Oppure: il peso di Lukaku per lo scudetto. Due titoli che funzionano entrambi. Se è vero, come è vero, che i suoi titoli, stavolta nel senso di trofei, più importanti il vecchio Romelu li ha ottenuti proprio in Italia: due scudetti, 2021 e 2025, con due squadre diverse, Inter e Napoli, proprio le duellanti di quest’ultima stagione, ma con un solo stesso allenatore, Antono Conte. In realtà, tanto vecchio Romelu ancora non è: 32 anni, l’età della piena maturità per un centravanti. Lewandowski, per dire, ne ha quasi 37 e ancora segna, Harry Kane va per i 32 e Benzema ha vinto il Pallone d’Oro quando ne aveva già 34. Per non parlare di Cristiano Ronaldo. Cioè: nessuno dei grandi bomber del XXI secolo ha dato o dà segni di cedimento all’età attuale di Lukaku. Del quale però da almeno due anni si sussurra quando addirittura non si grida che è finito o quantomeno che ha già percorso gran parte del viale del tramonto. Sarà perché è nato calcisticamente prematuro: cresciuto ad Anversa, figlio di un ex nazionale dello Zaire, cugino e fratello minore anch’essi calciatori, firma appena compiuti i 16 anni il suo primo contratto da professionista, con l’Anderlecht, nel 2009 e il 24 maggio debutta in campionato nel match di ritorno di uno spareggio scudetto , a 16 anni e 11 giorni, poi in agosto segna il suo primo gol da professionista diventando a 16 anni e 101 giorni il più giovane marcatore di sempre della Pro League belga che riuscirà a vincere al primo colpo , a 17 anni appena compiuti, da capocannoniere con 15 gol segnati. Un avvio esplosivo, decisamente insolito per un centravanti, ruolo che normalmente richiede, anche in tornei di non primissimo piano, un tirocinio di abbastanza lunga durata. Sarà forse per questo, per una carriera cominciata ad alti livelli più presto del consueto, che oggi in molti lo considerano più logoro dei suoi anni effettivi. Ma è davvero così? Antonio Conte, l’allenatore che da lui ha ottenuto il meglio nelle due stagioni interiste, ha accettato l’estate scorsa la sfida di Napoli a una condizione, e cioè proprio che al posto del partente Osimhen arrivasse Lukaku. Solo Lukaku. Nessun altro, neanche fosse più giovane o apparentemente più forte, lo interessava. Probabilmente neppure Conte, nonostante l’altissima considerazione che come giusto ha di sé stesso, pensava di poter arrivare subito al titolo, ma era sicuro che soltanto con il suo Lukaku, ‘suo’ nel senso di allenato da lui e motivato da lui, avrebbe potuto raggiungere l’obiettivo prefissato: tornare subito in Europa, se possibile dalla porta principale. Il suo Napoli, ‘suo’ nel senso di allenato da lui e motivato da lui, è andato oltre. Con Lukaku protagonista per tutta la stagione. Che poi questo scudetto sia arrivato, oltre che per merito di Conte, esclusivamente grazie a Lukaku, prevalentemente grazie a Lukaku, anche grazie a Lukaku o addirittura, secondo i soliti detrattori, nonostante Lukaku è materia di una discussione che, come sempre nel calcio, non porterà a conclusioni univoche. Il suo rendimento in questa stagione è stato buono, ma non straordinario, se letto attraverso la lente dei numeri. È stato il capocannoniere del Napoli, ma con 14 gol: dal 2000 a oggi soltanto due volte il miglior marcatore della squadra scudettata ha segnato di meno, e cioè nel Milan 2021-22 Giroud e Leao realizzarono 11 gol e nella Juventus 2011-12 Matri si fermò a quota 10. Molto più significativo e determinante invece il numero di assist forniti ai compagni: sono stati 10, suo record personale in un campionato. Non è un caso che il suo primato precedente lo realizzò nell’anno dello scudetto interista e quindi sempre con Conte come allenatore, mentre nel resto della carriera non era mai andato oltre i 6-7. Il suo bottino stagionale è anche conseguenza del nuovo ruolo richiestogli quest’anno al Napoli e cioè centravanti più d’area di rigore, spesso spalle alla porta, incaricato di fare alzare il resto della squadra, di vincere duelli e di fare da sponda agli inserimenti dei compagni. Senza Lukaku, McTominay non sarebbe mai arrivato a realizzare 12 reti, prima in carriera soltanto una volta era arrivato a 7. Nell’Inter di Conte invece Romelu segnava molto di più , ma non da punta unica, era sempre accompagnato da un secondo attaccante puro, Lautaro o anche Sanchez, con il quale scambiare ruolo, posizione, attacchi alla profondità e reciproca apertura di spazi. Se si resta ai big data, il Lukaku campione con il Napoli è un giocatore molto diverso, e apparentemente meno incisivo, del Lukaku campione con l’Inter. Gol a parte, tirava in porta molto di più , aveva una mgliore percentuale realizzativa , creava più occasioni , si procurava il doppio di xG e aveva una media di un gol ogni 120 minuti mentre stavolta è di uno ogni 205 minuti. Ancor più sorprendentemente, si scopre che i numeri della stagione napoletana di Lukaku non sono molto differenti da quelli della sua stagione precedente alla Roma, considerata dai più assai deludente. Un solo gol in più, peggiori sia pur di poco la media minuti/gol e il numero totale di tiri in porta. Nettamente inferiore soltanto il dato degli assist . E’ che anche nel calcio, si sa, i numeri non si contano soltanto, ma si pesano. E il peso specifico di Lukaku resta altissimo. Un po’ per la sua fisicità che, come spesso ripete per esempio Beppe Bergomi, in Serie A continua a fare un’enorme differenza. E un po’ per il suo impiego che, con Conte in panchina, determina da una parte il modo di giocare della squadra intorno a lui e dall’altra il modo di organizzarsi degli avversari per cercare di arginarlo a rischio di aprire troppi varchi pericolosi in altre zone del campo. Andrebbe anche poi pesato il valore dei gol realizzati: sì, 14 non sono tanti, ma li ha segnati in un campionato che ha avuto una media gol bassissima, la peggiore in Europa, di 2,53 reti a partita, mentre nell’anno dello scudetto interista i suoi 24 gol sono arrivati in un campionato che aveva una media molto alta di 3,04 reti a partita. Infine, non può non essere segnalato che il periodo più infelice di questa stagione di Lukaku, il mese di febbraio, nessun gol segnato, non casualmente ma causalmente è coinciso con il periodo peggiore del Napoli, quattro partite e 3 soli punti, culminato nella sconfitta di Como, con Lukaku sostituito dopo che in un’ora abbondante di gioco aveva toccato la miseria di 8 palloni. A proposito di peso. Peso specifico e peso effettivo. Al suo arrivo a Napoli, agli occhi di molti osservatori Lukaku era apparso eccessivamente in carne e quindi non pronto a muoversi in campo con disinvolutura e velocità. Quella velocità che, a dispetto di una corporatura sempre massiccia, era stata una caratteristica dei suoi anni migliori, tanto da indurre il ct Martinez a schierarlo in nazionale ai Mondiali del 2018 talvolta nella posizione di ala destra. Ebbene, Conte come l’ha visto al primo allenamento estivo l’ha subito messo a stecchetto e ha cominciato a farlo sudare e a pesarlo regolarmente. “Ora - ha detto Romelu orgoglioso in un’intervista di qualche settimana fa - sono sceso a 99 kg. Pensate che all’Inter pesavo 101 kg e che il mio peso forma sarebbe 102”. Spiegando poi di essere riuscito a dimagrire attraverso il sacrificio di non mangiare più la mattina. Forse dovrebbe cambiare dietologo…

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