Libia in Serie A: prima di Al Musrati c'è stato il figlio di Gheddafi

La Serie A ha accolto Moatasem Al-Musrati, centrocampista libico approdato al Verona in prestito con diritto di riscatto dal Besiktas. Con un passato nelle fila di Rio Ave, Braga e Monaco, ha mosso i suoi primi passi nell’Al-Ittihad Tripoli, stessa squadra in cui ha giocato Saadi Gheddafi. Sì, perché il nuovo rinforzo gialloblù non è il primo calciatore libico passato per l’Italia. Più di vent’anni fa, infatti, il Perugia ingaggiava il figlio di Muʿammar Gheddafi, dittatore della Libia dal 1969 al 2011. Una storia che con il calcio, però, ha ben poco a che fare. Bisogna tornare all’estate 2003, quando il trequartista libico viene presentato nel Castello di Torre Alfina come rinforzo della squadra di Serse Cosmi. Saadi arriva in Umbria con un volo privato dalla Sardegna, accerchiato da trenta guardie del corpo come una superstar. Occhiali da sole ‘veloci’ e un sorriso di chi non ha niente da dimostrare. “Con questa operazione entreremo nella storia del calcio”, non ha dubbi il presidente Luciano Gaucci. Come detto, arriva dall’Al-Ittihad Tripoli, ma in precedenza veste anche la maglia dell’Al-Ahly Tripoli. L’equivalente della Roma e della Lazio per il nostro campionato, con tutte le proporzioni del caso. Ma il terzogenito del colonnello Gheddafi non è di certo l’ultimo arrivato nel mondo del calcio italiano: quando si accasa a Perugia è già azionista della Juventus e detiene il 33% della Triestina, all’epoca in Serie B. In Libia è il capitano della nazionale, ma anche presidente della federazione. Una situazione ‘particolare’, che colpisce da vicino proprio un italiano, l’allora commissario tecnico Roberto Scoglio: “L’ho convocato pro forma in panchina soltanto con il Congo, perché si giocava in casa. Ma dopo il primo tempo in pratica se n’è andato. Durante la mia gestione non ha fatto neanche un riscaldamento. Come giocatore non vale niente”. Saadi pretende di giocare visto il titolo di capocannoniere in campionato, ma per l’allenatore è evidente che si tratti di ‘gol fasulli’ favoriti da difese intimorite dai suoi ricatti. Gli stessi che inoltra a Scoglio, con cui non gioca mai e che favoriscono le sue dimissioni. Torniamo a Perugia. Nel ritiro estivo di Folgaria contro i dilettanti della Virtus Bassano segna una doppietta che fa ben sperare i tifosi, ma in campionato debutta soltanto alla terzultima giornata, guarda caso proprio contro la ‘sua’ Juventus. La cosa buffa, però, accade alla quinta giornata, dopo un Perugia-Triestina in cui rimane seduto in panchina: risulta positivo al test antidoping, in particolare al nandrolone, e riceve una squalifica di tre mesi. Nel mezzo gli uomini di Cosmi vincono la Coppa Intertoto e arrivano fino ai sedicesimi di finale della Coppa Uefa, ma retrocedono in Serie B dopo lo spareggio interdivisionale contro la Fiorentina di Mondonico, salita dalla Serie B. La partita con la Juve sarà l’unica con la maglia del Perugia in Serie A: 2 maggio 2004, appena quindici minuti contro i bianconeri allenati da Lippi, buttato nella mischia per tenere palloni in attacco e difendere l’1-0, poi definitivo al triplice fischio. La stagione successiva colleziona altre due presenze contro Ternana e Rimini, ma in Coppa Italia e mai in cadetteria. Numeri alla mano, l’impatto di Saadi Gheddafi in Italia è tutt’altro che entusiasmante, ma la sua avventura in Serie A continua: passa all’Udinese, dove ritrova Serse Cosmi. E in Friuli esce allo scoperto la vera natura del calciatore libico: alloggio permanente all’hotel quattro stelle Là di Moret, una stanza riservata per la sua dobermann Dina , scorte di latte per permettere alla moglie di farsi la vasca - appunto - nel latte, violenze contro gli uomini che lavorano per lui e un aereo privato sempre pronto a decollare in direzione Parigi, per una scappatella al Crazy Horse con altri compagni di squadra. Il tutto raccontato dall’ex portiere dell’albergo Ivano Molinaro nel libro ‘C’ero anche io’. Anche con l’Udinese una sola presenza in campionato, sempre verso la fine, contro il Cagliari alla trentasettesima giornata della stagione 2005/2006. Ma non è finita qui, visto che nel mercato invernale del 2007 si trasferisce alla Sampdoria grazie ai rapporti tra la Tamoil, di proprietà del governo libico, e la ERG del presidente Garrone. Con i blucerchiati non scende mai in campo e di fatto si ritira dal calcio professionistico. Torna in Libia, dove si occupa di cinema e petrolio, ma la sua vita prende una piega tutt’altro che piacevole con la caduta del regime del padre nel 2011, ucciso lo stesso anno dai ribelli. Saadi fugge in Niger, è ricercato dall’Interpol per appropriazione indebita con l'uso della forza e intimidazione armata quando guidava la Federcalcio libica. Nel 2014 viene estradato in Libia dove va a processo per l’accusa di aver ucciso nel 2006 il calciatore libico Bashir al-Riani . Per sette anni resta nel carcere di Tripoli, dove subisce continue torture dalle guardie come testimoniato da un video diffuso sui social. Nel settembre del 2021 il Tribunale di Tripoli ordina la sua scarcerazione e da uomo libero lascia immediatamente il suo Paese per raggiungere la madre in quel di Istanbul. Da allora di Saadi Gheddafi non si è più sentito parlare, anche se, a modo suo, resterà per sempre nella storia della Serie A. Come primo giocatore libico di sempre in Italia, ma anche come primo figlio di un capo di stato a diventare un calciatore professionista. O forse come uno dei più grandi colpi di marketing nella storia del calcio. Luciano Gaucci docet.

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Andrea Molinari