Il Venezia ha avuto un ottimo impatto con la Serie B. La squadra di Inzaghi ha un progetto ambizioso e sta giocando bene, può davvero puntare alla promozione al primo anno?
Dopo l’avventura sfortunata e prematura al Milan, Filippo Inzaghi ha deciso di farsi le ossa nelle serie minori. Lo scorso anno la decisione di accettare il Venezia sorprese lo stesso presidente Tacopina, che mai si sarebbe aspettato di convincere l’allenatore ad accettare la Lega Pro. La squadra veneta, era stata appena promossa e si apprestava ad affrontare un campionato che si rivelava tutt’altro che scontato. Contro avversarie di alto livello (Parma, Padova e Reggiana, tra le altre), e con una squadra in gran parte nuova, Inzaghi si giocava molto della sua credibilità d allenatore, e una fetta importante della sua carriera.
A posteriori possiamo dire che quel campionato è stato senza storia: nonostante i tanti pretendenti il Venezia non ha mai lasciato la prima posizione, guadagnata dopo alcune settimane di rodaggio e mantenuta fino all’ultimo, con una striscia di 17 partite senza sconfitte e un dominio quasi totale negli scontri diretti. Ma prima dell’inizio della stagione erano pochi quelli pronti a scommettere su risultati simili.
Lo stesso è avvenuto quest’anno. In una categoria nuova, per lui e per buona della sua squadra, Inzaghi ha avuto il merito di instillare sin da subito alcuni concetti di gioco (su tutti, la gestione del campo e del possesso) adattando la squadra alla nuova categoria. Il Venezia ha iniziato anche questa stagione subendo pochissimo (5 gol nelle prime 8 l’anno scorso, 4 quest’anno), migliorando gradualmente anche la propria proposta offensiva, aumentando la varietà del suo gioco senza perdere in solidità.
Una forza, questa, costruita oltre alla forza dei singoli. Nonostante un organico di livello, infatti, il Venezia ha costruito la sua fortuna sul gioco, riuscendo anche ad esaltare giocatori non ancora affermati (Marsura e Moreo, per esempio) e sopperire alle assenze.
La forza della rosa ha comunque avuto il suo peso. In estate Perinetti ha mantenuto gran parte dell’organico, aggiungendo alcuni giocatori di categoria e qualche rivelazione della Lega Pro. Andelkovic, Del Grosso e Briscagin hanno rinforzato il reparto arretrato, a centrocampo sono arrivati Pinato, Suciu e Signori. In attacco l’unico acquisto di peso è stato Zigoni, che nel 2010 esordì in Serie A sostituendo proprio Inzaghi.
Il 3-5-2 di Inzaghi
Seguendo l’esempio della SPAL, Inzaghi ha impostato la squadra sul 3-5-2, modulo già utilizzato nel finale della scorsa stagione. Ma il cambio di modulo non ha scalfito la ricerca della continuità tattica voluta dal suo allenatore, che ha mantenuto alcuni principi di gioco come stella polare. Il Venezia cerca sempre di controllare il possesso (che utilizza sia come arma offensiva che difensiva), occupando il campo in ampiezza e cercando di costruire situazioni di superiorità numerica sulla fascia o a centro area.
In fase di prima impostazione, il Venezia cristallizza il gioco con cinque giocatori, cioè i tre centrali, il mediano e la mezzala che arretra per dare un uomo in costruzione, permettendo ai due esterni di salire molto alti e garantendo anche maggiore solidità nelle transizioni negative. In questo modo il Venezia ha potuto mantenere il controllo del possesso anche contro squadre aggressive e nonostante l’inevitabile innalzamento del tasso tecnico degli avversari, senza rinunciare ad un atteggiamento propositivo in fase offensiva.
Il modo di gestire la partita, però, si è fatto più prudente: rispetto allo scorso anno il Venezia accetta anche momenti di difesa posizionale bassa, cercando di sfruttare la rapidità dei suoi in transizione positiva. Falzerano e Zampano sui corridoi esterni garantiscono la giusta esplosività, mentre la coppia d’attacco Moreo-Pinato rappresenta un ottimo mix tra fisicità nei duelli aerei e progressione in spazi aperti. La squadra ha molte armi, insomma. Il Venezia cerca comunque di fare affidamento al gioco lungo il meno possibile, provando a controllare il ritmo partita, senza allungarsi troppo sul campo.
La squadra di Inzaghi, in generale, sembra molto attenta all’equilibrio difensivo: nelle prime quattro partite non ha subito nemmeno un gol, ma segnandone anche appena due – entrambi al Bari. La vittoria al San Nicola racchiude tutte le caratteristiche del Venezia di quest’anno. Grande attenzione difensiva, gestione matura del possesso e capacità di far fruttare al massimo la produzione offensiva.
In fase di non possesso la squadra veneta cerca di difendersi con un baricentro abbastanza basso: i due esterni partono in linea coi centrali, formando di fatto una linea a cinque. Davanti a loro, le due punte e i centrocampisti agiscono come un blocco centrale molto compatto, volto a indirizzare il possesso avversario verso gli esterni con il contributo fondamentale,, in zona palla, della mezzala e della punta di riferimento. Se la squadra avversaria prova invece a passare verso il centro, il Venezia porta più uomini possibile in pressione facilitando il recupero del pallone.
I problemi realizzativi e i meccanismi offensivi
Il 3-5-2 molto prudente di Inzaghi ha garantito al Venezia una fase difensiva quasi impenetrabile: il primo gol subito è arrivato solo alla quinta giornata, su corner nel finale della partita di Avellino. Sempre su corner, però, è arrivata anche la prima sconfitta in campionato, uno 0-1 al Penzo firmato da Baraye, contro il Parma.
Con quella sconfitta, e la statistica deprimente di appena tre gol in sei partite (oltre a una classifica non esaltante), sul Venezia era calata la retorica di una squadra solida ma sterile, retorica che trovava la sua cassa di risonanza nel paradosso di avere in panchina uno dei giocatori più prolifici della storia del calcio italiano.
«Se una squadra allenata da Inzaghi non segna una partita sarà sempre criticata; ma io non gioco, faccio l’allenatore, e cerco di far rendere al meglio i miei giocatori», ha dichiarato Inzaghi dopo la vittoria con la Ternana fuori casa per 2-3 «Noi abbiamo creato occasioni in ogni partita, e io che sono stato un attaccante so benissimo che una punta se continua ad arrivare lì prima o poi segna».
A dispetto delle poche reti segnate (siamo a quota 16 in 13 partite), il Venezia è in realtà una squadra molto organizzata anche in fase offensiva. Il 3-5-2 di Inzaghi innanzitutto garantisce ampiezza, che è sempre problematica da difendere - specie per le squadre schierate a quattro: in fase di possesso i cinque centrocampisti occupano tutti i corridoi di campo, con gli esterni larghissimi e le mezzali che si posizionano nei rispettivi half-spaces per poi tagliare verso l’esterno e dare superiorità in fascia.
L’occupazione dei corridoi verticali da parte del Venezia.
Nella prima parte dell’anno i tre centrali (Andelkovic, Modolo e Domizzi) hanno avuto qualche difficoltà nella gestione della fase di uscita: con un riferimento offensivo in meno rispetto al 4-3-3, la squadra ha avuto difficoltà a cercare efficacemente il gioco lungo, lasciando agli avversari la possibilità di alzare la pressione. La scelta di giocare comunque da dietro ha costretto la squadra a manovre più elaborate, che spesso finivano per rallentare eccessivamente la manovra.
Per ovviare al problema Inzaghi ha chiesto agli attaccanti di collaborare maggiormente al gioco, arretrando verso il centro per dare una soluzione in più sulla trequarti. Da qui la decisione di preferire Marsura al posto di Moreo, molto bravo nel gioco aereo e a campo aperto ma più a disagio nel gioco spalle alla porta.
Con l’ex Brescia al fianco di Zigoni la squadra ha trovato due giocatori capaci di dare fisicità e dinamismo nel gioco tra le linee, facilitando la manovra e dando agli esterni la possibilità di giocare più alti sul campo. Guadagnata la possibilità di giocare alle spalle della difesa avversaria, i veneziani hanno ritrovato le spaziature dell’anno precedente; il gioco è cresciuto di conseguenza.
Adesso i centrali hanno molte più soluzioni, dall’appoggio corto per Bentivoglio alle verticalizzazioni verso le due punte, fino al cambio di gioco verso Del Grosso e Zampano. Probabilmente, il pregio principale del Venezia sta proprio nella capacità di variare il proprio ritmo, alternando un possesso ragionato a verticalizzazione veloci e improvvise.
L’importanza delle catene di fascia
Il giocatore che più rappresenta queste due anime è probabilmente Marcello Falzerano. Arrivato durante lo scorso mercato invernale, l’esterno offensivo è stato reinventato nella posizione di mezzala destra: dinamico ed esplosivo, il giocatore ha la tecnica superare il diretto avversario nell’uno contro uno, ma anche la maturità giusta per capire quando gestire il possesso. Sull’esterno destro lui e Zampano riescono a creare superiorità continuamente, sia nelle transizioni positive che nei possessi più prolungati.
Da uno di questi scambi è partito forse il più bel gol segnato in questo inizio di stagione, oltre che il più veloce: Falzerano riceve palla sul centro destra e salta un avversario, mentre Zampano – insieme alle due punte – crea una situazione di tre contro tre coi difensori avversari: tacco di Moreo, cross di Zampano e gol di Zigoni.
La ricerca di situazioni di superiorità o parità numerica è un aspetto molto importante del Venezia, che cerca spesso di mettere i propri giocatori nelle situazioni migliori per colpire. Da qui la scelta di avere sempre due esterni molto larghi sul campo, così da dilatare gli spazi in zona centrale e dare la possibilità a punte e mezzali di trovare spazio in zona centrale. Rispetto allo scorso anno il Venezia non attacca sempre con cinque uomini, ma riesce comunque ancora a crearsi situazioni di superiorità provvisoria.
Anche quando attacca con pochi uomini, il Venezia cerca situazioni di superiorità numerica.
Contro la Ternana, per la terza volta consecutiva, i veneziani hanno rischiato di perdere punti con dei gol negli ultimi minuti. Sopra di due a zero gli uomini di Inzaghi si sono fatti riprendere con due reti tra l’84esimo e l’85esimo. Il 3 a 2 a tempo scaduto di Domizzi ha regalato una vittoria fondamentale, riconciliando il Venezia con i calci piazzati (che fino a quel momento avevano solo fatto perdere punti) e facendo tornare alla mente il campionato precedente, nel quale segnarono 13 gol su 56 negli ultimi 10’.
Dopo aver perso qualche punto di troppo, i veneziani sono migliorati anche nella gestione della gara. Con l’alternanza tra Marsura (utilizzato nelle gare più bloccate) e Moreo (utilissimo nei finali di partita, quando si allungano le squadre) la squadra di Inzaghi ha trovato maggiore equilibrio nelle fasi della partita, dando più respiro alla squadra.
Nelle settimane successive la forza mentale della squadra di Inzaghi ha fatto la differenza tra un campionato anonimo e quello compiuto finora. Dopo il 2 a 0 a Carpi il Venezia è riuscito a riprendere la partita – complicatissima – contro l’Ascoli, e ha battuto l’Empoli con un gol di Moreo all’84esimo. Le partite con Cittadella e Frosinone (sconfitta e pareggio) sembravano ridimensionare il suo campionato, ma la vittoria col Brescia racconta quanto, in questa squadra, sia tutt’altro che casuale. Andati sotto all’85esimo di una partita dominata, gli uomini di Inzaghi sono riusciti a fare due gol nei 4 minuti successivi, regalandosi una vittoria fondamentale per l’autostima e la classifica.
La vittoria con il Perugia sembrava dare il definitivo slancio verso il primo posto, ma la sconfitta contro il Novara – dopo il pareggio con l’Entella – ha rallentato la corsa. La sconfitta con gli azzurri ha ribadito i limiti (difensivi e offensivi) persistenti nella squadra di Inzaghi, specie nei duelli difensivi, ma non ne ha cancellato le qualità. Sotto di due reti (un po’ rocambolesche) i veneziani hanno colpito un palo e segnato un gol, sfiorando a più riprese l’ennesima rimonta – vanificata solo dalla rete di Macheda a tempo scaduto.
«Sappiamo da dove veniamo: questa squadra per fare bene deve andare sempre oltre le proprie possibilità» ha dichiarato Inzaghi. Dopo 16 partite il suo Venezia sono a quattro punti dalla capolista, con la miglior difesa (14 reti) e una squadra sempre capace di alzare l’asticella, senza mai abbattersi. Poco per credere alla promozione, probabilmente; ma abbastanza da essere presi sul serio.