Berardi: "Il Sassuolo è come una famiglia. E nelle famiglie io sto bene"

Si ritorna al lavoro. Quando vi siete fermati l'ultima volta su questo campo eravate in Serie B, adesso siete in Serie A. Cos'è che c'è dentro nel cuore, nella testa di Domenico Berardi? “Sicuramente quella passata non è stata una bella annata, sia per me sia per la squadra. Prima io mi sono fatto male, poi siamo retrocessi e da lì è stato tutto un po’ in salita. Diciamo che ci siamo messi a lavorare duro e con il nuovo mister abbiamo cercato di riportare il Sassuolo dove merita. Oggi siamo in Serie A e siamo tutti contenti, dobbiamo solo cercare di finire al meglio il nostro campionato” Pensavo alla promozione arrivata davanti alla tv. Tu eri sul divano in casa tua, con la maglia numero 10, Nicolò al tuo fianco, Riccardo che dormiva dall’altra parte. Rispetto all'ultima volta, 12 anni fa, quando il ragazzo eri tu, che cosa c'è in mezzo? C'è una vita, c'è una professione, ma che cosa è successo? “C’è una vita intera, come hai detto tu. Tanti anni vissuti qua a Sassuolo che per me, l'ho sempre detto, è casa e una famiglia, una società che mi ha sempre trattato come fossi un loro figlio. Sono passati 12 anni, oggi a festeggiare c’è un papà, allora c’era un ragazzino, anche troppo magro dalle foto che ho rivisto, che è cresciuto ed è diventato uomo, con due figli e una vita piena di tante cose oltre al calcio. In passato, a causa di qualche comportamento troppo istintivo, ho fatto degli errori e ho avuto atteggiamenti tra virgolette poco carini, ma oggi mi sento cresciuto sotto tutti gli aspetti, mi sento uomo e anche in questo senso devo molto alla società del Sassuolo, così come agli allenatori e ai compagni che ho avuto” A proposito, tanti tuoi compagni in questi giorni mi hanno detto: “Berardi è un capitano vero, fuori dal campo prima ancora che in campo. Nel modo di tenerci insieme, di accompagnarci”. Poco fa Andrea Ghion mi diceva: “Abbiamo fatto tutta la riabilitazione insieme, quell’uomo mi ha aiutato”. Quell’uomo eri tu. “Sono stati mesi duri, veramente difficili, perché il mio infortunio al tendine d'Achille era bruttissimo. Grazie alla mia famiglia e a tutte le persone che mi sono state vicine ne sono venuto fuori e sono tornato ancora più forte. Andrea è un bravissimo ragazzo, abbiamo fatto la riabilitazione insieme, siamo stati quasi sempre insieme, anche lui ha avuto un brutto infortunio e, come ho detto prima, ci siamo messi a lavorare duro per cercare di portare il Sassuolo dove merita. Oggi ci siamo arrivati con pieno merito e ce lo godiamo” Ecco, hai mantenuto la promessa. Cosa ti piace di questo gruppo, di questa cavalcata, perché questo è un campionato difficile. Certo, tu sei un uomo da 122 gol in Serie A. “Il campionato di Serie B è durissimo, ogni partita è difficile. Però noi abbiamo dei grandi giocatori che sono anche e soprattutto dei grandi ragazzi. Più che ragazzi, uomini. Ci siamo parlati, ci siamo detti che ci aspettava un'annata difficile, ma che dovevamo farcela. E abbiamo sempre messo in campo il cuore, la passione e il sentirsi gruppo, lottare l'uno per l'altro, si è visto nei risultati. Poi ovviamente ci sono delle giornate storte e delle partite che si perdono, ma l'importante era ricominciare sin dalla gara successiva a riprendere la marcia. E ci siamo riusciti” Il Sassuolo, oltre che un laboratorio per i giovani, è anche un laboratorio per le idee di calcio e quindi per tanti allenatori. Tu che ne hai visti passare diversi, dicci: com’è Grosso? Prova a spiegarcelo. “Il mister ha avuto la bravura di calarsi alla perfezione nel ruolo, oltre a portare tanta spensieratezza e voglia di fare. Tutto noi calciatori ci siamo trovati benissimo con lui perché anche a livello di gestione del gruppo è stato perfetto. Poi ha portato nuove idee di gioco, è riuscito a farci sentire tutti importanti e dentro il progetto, facendo vivere la partita a tutti, anche a quelli che magari hanno giocato meno. Come ho detto prima, il gruppo fa sempre la differenza e anche quest'anno siamo riusciti a farla” Avevi una storia ancora non finita con la Serie A e l’hai ripresa, tornandoci col Sassuolo. Ma c’è un'altra storia, quella con l’Azzurro, anche perché te sei campione d’Europa. Ti sei fatto male nel momento in cui potevi essere utile e ricordo molto bene Spalletti che diceva: “Domenico non lo rimpiazziamo così facilmente. Anzi, come lui non ce n'è”. Allora, la riprendiamo questa storia? “Dentro di me l'Azzurro c'è sempre stato, c'è e ci sarà. Come ho detto prima, ho passato dei momenti difficili e adesso sto cercando di recuperare la condizione migliore, che sta tornando. Ovviamente se mi dovessero richiamare sarei pronto: alla maglia azzurra non dirò mai di no” Ti vedo felice, anche se so che sei restio a questi uomini col microfono che fanno domande. Ma ti vedo veramente felice. E poi qui tutti dicono che sei l’ultima bandiera rimasta, anche il direttore e l’amministratore delegato oggi me l’hanno ripetuto: “Che uomo che abbiamo, è la nostra bandiera”. È gratificante, no? “Sì, sicuramente è molto gratificante e mi fa onore. Mi rende orgoglioso essere una bandiera di una società così importante, perché anche se il club sembra piccolo dietro ha un’azienda grandissima. Ma per me è soprattutto una famiglia, come ho detto prima. E io dentro le famiglie sto molto bene”

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