Gallo: "La mia filosofia a Vicenza va controcorrente"

La voce è roca, anche a distanza di due giorni dalla partita contro il Brescia , che per una realtà come Vicenza è sentitissima. “Ma ormai è così sempre: ho anche fatto l’operazione alle corde vocali. Nessun problema: quando serve, mi faccio sentire” conferma Fabio Gallo a Sky Sport Insider. L’allenatore del Vicenza sta trascinando la squadra verso un primo posto consolidato e convincente. Con un obiettivo chiaro, nemmeno troppo malcelato: quella Serie B che manca da troppi anni. E lei di promozioni si intende: l’ultima, proprio l’anno scorso con l’Entella. Ma questo Vicenza è la squadra più forte che ha allenato? “Non so se sia la più forte, ma di sicuro è la più completa. Posso scegliere in quasi tutti i ruoli giocatori di altissimo livello: una rosa con questa profondità è importantissima e la differenza tra chi gioca e chi non gioca è molto sottile. L’anno scorso a Chiavari potevo contare su 14/15 giocatori, poi c’era un gap maggiore. Quella squadra aveva delle caratteristiche, questa ne ha altre. Ma so solo che qui è sempre una difficoltà trovare l’11 giusto, settimana dopo settimana” C’è un numero che spicca: 28, cioè i gol segnati finora. L’attacco è il reparto più competitivo? “È il reparto che probabilmente ha le maggiori qualità, sì. Anche se non lo dico in riferimento ai gol, perché tolti i 7 di Rauti bene o male gli altri stanno avendo un rendimento in linea con una squadra che ambisce alle prime posizioni. In generale, c’è proprio tanta qualità e mi piace citare anche Filippo Alessio, che resta un attaccante ma che sto utilizzando molto in un altro ruolo. Dimostra la grande varietà che ho a disposizione” È l’aspetto che cura di più in una squadra, la fase offensiva? “Vi stupisco e vi dico di no. Anzi, vado un po’ in controtendenza rispetto al sentore generale. Io credo che la fase difensiva sia alla base della costruzione di una squadra: dà le fondamenta vere da cui partire. Davanti, bisogna concentrarsi su tre-quattro cose al massimo. E insistere perché diventino meccanismi rodati” Di fatto, da un ex centrocampista molto intelligente, ci si aspetta questo: equilibrio. E con 8 gol siete la difesa finora migliore del Girone. Cosa si porta dietro dell’esperienza da calciatore? “Quello che non rifarei. Mi spiego: quello che non volevo fare quando giocavo, cerco di evitarlo ai miei ragazzi. Io credo che le emozioni siano sempre le stesse: un giocatore odia alcune cose, ne ama altre. Era così allora, è così adesso. Odia la panchina ed è una cosa anche abbastanza banale: per questo cerco di spiegare i motivi delle mie scelte, senza però esagerare perché poi si rischia di passare per finti. Oppure certe esercitazioni. Faccio un esempio: non ho mai capito perché quando mi allenavo facessimo delle partitelle per cui era obbligatorio toccare la palla solo di testa. Di certo, non posso pensare di riproporre ora un esercizio in cui non credevo nemmeno quando giocavo” Qual è l’aspetto più difficile per un allenatore, oggi? “Il contorno. Allenare resta la cosa più semplice, fatemi passare il termine. È complicato gestire la piazza, gli umori, magari la stampa. Attenzione, ho detto la più difficile. Ma non la più brutta” Lo sa che ci ha detto la stessa cosa Diana? “Non mi sorprende. Infatti a Brescia c’è un ritorno clamoroso, come qui a Vicenza: si percepisce un amore viscerale per la squadra, sin da bambini” Con il Brescia è finita 1-1. Pensa che manchi qualcosa al suo Vicenza per diventare veramente la squadra in grado di chiudere il campionato? “No. Nel senso che non lo possiamo chiudere. E proprio qui a Vicenza si sa bene, quando vantaggi clamorosi sono stati purtroppo sprecati. Lo step migliore che dobbiamo fare è proprio questo: essere consapevoli della nostra forza, ma tenendo altissima la concentrazione” È il suo motto? “No, questo della concentrazione è un avvertimento, un monito. Non ho un vero motto, ma ho un principio: quello del rispetto e dell’onestà. Li pretendo ma allo stesso tempo li garantisco: i giocatori possono dimostrarmelo lavorando con l’intensità massima, io nella gestione del gruppo. Un allenatore non deve nascondersi: se una formazione funziona, tendenzialmente tende a riproporre quell’undici. A Vicenza questo non sta succedendo, proprio per quanto dicevo all’inizio. Ripeto, so quanto una panchina possa dare fastidio. Ma so anche quanto impegno ci stanno mettendo i miei giocatori per evitarla. È bellissimo così”

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Valentino Della Casa