Mastour: "Ho odiato il calcio, ma la fede e il Corano mi hanno salvato dalla depressione"

Sono passati quattro anni dalla tua ultima esperienza in Italia, nel 2021 con il Carpi. Cosa è successo dentro il campo e dentro di te in questo periodo e quanto sei felice di ripartire in una squadra italiana? “Ho passato dei momenti difficili, ma mi hanno aiutato a formare il mio carattere. Ho avuto questa esperienza all'estero , ma sono tornato in Italia con un bagaglio più ampio, anche a livello umano. Ora non vedo l’ora di far vedere il nuovo Hachim alla Virtus Verona, sia in campo che fuori” Hai sempre questo modo pacato ma diretto di affrontare le interviste? È una cosa innata o è una cosa che hai dovuto apprendere durante la tua carriera? “Diciamo che fa parte di me, ma con il tempo l’ho affinata come caratteristica. Con la calma hai più chiarezza delle cose, che è fondamentale in questo mondo” Torniamo indietro di dieci, alla prima convocazione con il Milan, l’ultima partita di Kakà con i rossoneri. Si è detto tanto: Balotelli che diceva a Seedorf di farti entrare dalla panchina, ma poi c’è stata un’espulsione che ha cambiato i piani… Proprio Kakà in quella stagione è stato il tuo mentore e ti ha preso sotto la sua ala protettrice. Lo hai avvertito anche con altri compagni durante la carriera? Alcuni sono diventati amici? “Diciamo che è difficile trovare amici a questi livelli nel mondo del calcio, ma come anche in altri sport. Io ero veramente molto giovane e ho giocato con grandissimi campioni che avevano avuto un percorso magari simile, in giovane età, e si rivedevano quella situazione. Kaká mi ha aiutato tantissimo ed ero spesso compagno di stanza di El Shaarawy. Eravamo sempre insieme, lo reputavo un fratello, un amico, ogni tanto ci sentiamo ancora” Chi è si è fatto sentire dopo il tuo ritorno in Italia? “Ho ricevuto messaggi da Calabria, El Shaarawy e altri giocatori. Però negli anni ho capito chi è davvero chi è con te solo perché fai il calciatore e non per la persona che sei” Nel 2015 il Guardian ti ha inserito nella lista dei migliori 50 giocatori nati nel 1998 insieme a gente come Odegaard, Olmo e Pulisic. Che sensazioni provi a rileggere questi nomi? “Mi sento onorato e gratificato, ma sentendo questi nomi l’obiettivo è quello di giocare contro di loro o con loro. Abbiamo qualità simili e lavoro appunto per ritornare ad alti livelli”. Si dice che amare è da pazzi, perché è sicuro che ogni cosa che ami prima o poi la perderai. È stato così per te con il calcio? “Assolutamente sì. È tutt'ora la mia vita, però riesco a dargli un peso e un valore diverso. Oltre a essere un atleta, sono anche una persona. Prima no. Amavo alla follia e addirittura forse anche un po' troppo questo ambiente e questo sport. Ma amare in maniera sbagliata può essere molto controproducente” Durante la tua carriera hai raccontato di essere stato minacciato di non poter giocare più a calcio. C’è stato un momento particolare in cui hai subito di più questa cosa? “Non c’è stato mai un solamente un episodio. L'ho riscontrato sempre in tutti questi anni. Io non ho mai mollato e ho proseguito sulla mia strada, nel mio percorso. Ho una forza interiore che probabilmente arriva dalla fede e dallo scopo che io ho nella vita terrena. Quindi vivo e lotto per questo” In questi anni hai combattuto contro la depressione, ti ha aiutato la fede, ma anche qualche professionista? “Sicuramente sì, ho iniziato un percorso con dei mental coach e degli psicologi che potevano darmi delle loro visioni. Ma quello che mi ha aiutato di più è stata la fede, è stato il Corano, capirlo, leggerlo, è stato avvicinarmi a Dio perché ho capito che le difficoltà sono lì per te, non contro di te. E solamente se lo percepisci come il tuo come il tuo pensiero e come il tuo sentito, riesci a voltare veramente” Sei musulmano praticante? “Sì, prego durante il giorno. Anche prima delle partite. Ringrazio Dio, per quello che sto per fare perché ogni piccolo passo che faccio diventa sempre più grande per me” Nei momenti bui che hai avuto, c’è stato un momento in cui hai pensato anche al ritiro? “In una situazione di depressione e di caos generale si pensano tante cose. Io non ero più felice, non avevo più sorrisi in campo e fuori. Mi chiedevo se questo sport facesse ancora per me”. Qual è stato il momento peggiore in questi anni? “A casa sono sempre circondato da palloni, ma passare e non toccarli nemmeno mi faceva male. Ho un po' odiato questo sport, ma in realtà è perché lo amavo tantissimo” Cosa non è andato nelle esperienze con Reggina e Carpi? “Ogni esperienza che ho avuto è stata fondamentale per il mio bagaglio. Tutto è servito per essere qua oggi e per far vedere prima di tutto a me stesso quello che ho imparato, metterlo in pratica e arrivare agli altri” Si dice anche che si possa scappare da tutto, tranne che da noi stessi. Tu sei scappato in Marocco, paese d’origine dei tuoi genitori. È stata più una scelta personale che professionale? Cosa volevi trovare lì e se l’hai trovata? “Sì, cercavo di ritrovare il piacere di giocare a calcio, la pace interiore e la serenità. Mi sono riavvicinato a Dio tornando alle mie origini. Recitavo il Corano, parlavo con persone che conoscevano la religione, mi allenavo e stavo con la mia famiglia” Sei ancora il più giovane debuttante nella storia della nazionale marocchina, cos’hai provato quando hai visto la cavalcata fino alla semifinale nel Mondiale del 2022? “Ero contento per loro, hanno meritato quel traguardo” Sei stato senza squadra per un anno praticamente e hai giocato anche la Kings League, che esperienza è stata? “Mi sono sempre allenato con Stefano Cellario, il mio preparatore, tenendo il ritmo e l'intensità alta. La Kings League l’ho fatta per Cristian Brocchi, ci teneva tanto che io giocassi per lui. L'ho fatto veramente con il cuore e lo ringrazio tanto” Dove ti immagini tra due anni? “Non mi faccio viaggi futuri perché sono incerti. Io guardo a quello che posso fare nella mia giornata e a come posso scrivere la mia pagina per completare i capitoli che mancano questo lungo viaggio, per cui non on vado troppo con la mente troppo nel futuro” Su Instagram hai messo una foto con Leao con scritto ‘Abbiamo una promessa’. Si può dire? “La sappiamo solo io e lui. Chissà se un giorno la potrete sapere e vedere anche voi…”.

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Andrea Molinari