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Mourinho: "Il mio futuro non sarà in Premier League. Per me l'Inter è una famiglia"

Calciomercato

Il portoghese guarda al futuro e esclude un'altra avventura in Inghilterra: "Questi mesi senza lavoro sono stati utili". Poi i ricordi nerazzurri: "A Milano l'Inter mi ha fatto sentire felice ogni giorno. L'Italia è stato il mio habitat naturale". Poi la genesi del suo celebre 'Io non sono pirla'

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Un dolce ricordo e lo sguardo sempre proiettato al domani. José Mourinho è senza panchina da quasi cinque mesi, ma la voglia di allenare non sembra mai avere abbandonato la mente del portoghese: "Mi sto preparando per il futuro - ha detto lo Special One nell'intervista rilasciata ai microfoni di DAZN -, quando si lavora diciotto anni senza pause non c’è tempo per fermarsi, per pensare agli errori, ma penso siano stati utili questi mesi senza lavorare". Uno stop per poi ripartire, con una certezza: "Sono tornato a Londra dopo il Real. Ora l'Inghilterra è la mia base di partenza, ma la prossima tappa non sarà la Premier League. L'ultimo mio trofeo è stata l'Europa League, un anno e mezzo fa, molti pensano siano passati vent'anni ma ne è passato solo uno e mezzo. L'ultima finale (persa in FA Cup contro il Chelsea, ndr) è di otto mesi fa. I trofei sono la mia garanzia di successo, nonostante molti facciano di tutto per dimenticarlo".

Ricordi

Dunque un passo indietro sulla sua parentesi interista: "Per me i colori nerazzurri sono sinonimo di famiglia - prosegue il portoghese -. A Milano l'Inter mi ha fatto sentire felice ogni giorno. La connessione che si è creata con i tifosi è stato il risultato dei risultati, perché se si vince si è felici insieme. Abbiamo creato una bella empatia. L'Italia è stato il mio habitat naturale: si vive il calcio ventiquattro ore su ventiquattro". E ancora: "Quella mia frase io non sono pirla? Avevo un professore di italiano molto bravo che, alla fine, mi diede qualche dritta anche sulle espressioni da utilizzare a Milano. Da lì è nata quella mia frase". Uno dei tanti aspetti per cui il portoghese, in Italia, ha riscritto la storia. All'apice di tutto ci sono i suoi successi sul campo: "È vero, c'è una chat su Whatsapp dedicata al triplete in cui ci sono anche io, l'ha creata Materazzi. Io sono uno dei più attivi? Certo, perché non sto lavorando (ride, ndr). Qualcuno allena, qualcuno fa l’assistente, qualcuno è in vacanza, ma con la chat è come se fossimo ancora insieme. Quello è stato un gruppo speciale, anche dal punto di vista umano. Io ho aiutato loro e loro hanno aiutato me. Discorso pre semifinale col Barcellona? Mi arrivò dal cuore, per molti giocatori era l’ultima occasione di vincerla, cercai di far trasmettere quel messaggio".

Aneddoti

Dunque tante altre curiosità, legate alla sua storia nerazzurra e non: "Ibra via nell'estate del 2009? Lui è un ragazzo fantastico, ma anche molto ambizioso come me. Andò via per vincere la Champions e io subito pensai: magari la vinciamo noi. Sneijder? Acquisto fortemente voluto. Ricordo l'ultima di campionato a Siena come la più difficile della mia carriera. Ne ho vinti otto di campionati, ma nessuno è stato così complesso. Una settimana dopo avevamo la finale di Champions, faceva caldissimo, giocatori poco concentrati, e la Roma stava già vincendo. Io mi sono sempre detto che mi sarebbe piaciuto vincere uno scudetto all’ultima giornata, quel giorno lì mi sono ricreduto". E ancora, altri temi extra Inter: "Un nome di un giocatore che oggi può cambiare le sorti di una squadra? Dico Mbappé. Tre virtù del mio carattere: conoscenza, esperienza e ambizione senza limite - dice Mourinho -. Difetti? Ho un brutto rapporto con la sconfitta e con chi ha meno motivazione di me". Se i giocatori mi dovessero descrivere con una parola? Dipende, per qualcuno bastardo".