Lazio, Luis Alberto ai saluti: un giocatore fuori dal comune

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Matteo Petrucci

Matteo Petrucci

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Oltre 300 presenze in maglia Lazio, due Supercoppe e due Coppe Italia. Ora l'avventura all'Al-Duhail dopo gli ultimi anni fatti di giocate, sul campo, ma anche ai microfoni: ecco la storia di Luis Alberto alla Lazio, un giocatore fuori dal comune, sia per le sua qualità tecniche, sia per il suo carattere

LOTITO: "BARONI? TUTTO FATTO"

307 presenze, 52 gol e 79 assist. I numeri contano ma non sempre raccontano. Luis Alberto alla Lazio è stato molto di più. In un solo aggettivo è stato straordinario: per le sue giocate certo, ma straordinario, ovvero fuori dal comune, anche per il suo carattere. Il 'Mago' si sa ama stupire e lui ha preso sin troppo alla lettera il suo soprannome. Dopo un primo anno da comparsa pensò addirittura di chiudere col calcio. Poi la stagione successiva l’emergenza offensiva si trasformò in opportunità. Inzaghi lo provò da trequartista dando il via alla sua rinascita. L’asse da urlo con Immobile, una stagione in doppia doppia tra gol e assist. Con l’attuale allenatore dell’Inter gli anni migliori, sapeva come prenderlo e difenderlo. Come quando accusò Lotito di pensare di più al nuovo aereo personalizzato che non agli stipendi. Nonostante tutto però con lo spagnolo la Lazio ha sempre continuato a viaggiare in business. Con Sarri invece subito tensioni e ammutinamenti, ma alla lunga riuscì a convincere anche lui che arrivò addirittura ad esporsi in prima persona per il rinnovo contrattuale della scorsa estate. 

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Col senno del poi un errore anche per le reazioni e l’effetto domino nello spogliatoio. Ma Sarri aveva già perso Milinkovic. Dal "non possono giocare insieme" al "non posso perderli entrambi" in un colpo solo. Da mezz’ala nel 4-3-3 di Sarri ha giocato con una continuità mai avuta prima. Con Tudor invece è arrivato subito allo scontro, tanto da chiedere la cessione dopo appena una partita della nuova gestione e poi invocata anche pubblicamente. Lo sgarbo del nuovo allenatore che non gli ha fatto giocare neanche un minuto nell’ultima in biancoceleste uno dei suoi rimpianti più grandi. Gli altri: non aver mai segnato in Champions e non essere riuscito a proteggere ed alimentare il suo talento.