Comolli alla Juve, chi è il rivoluzionario silenzioso che deve rilanciare i bianconeri

Partiamo dal suo nome. Si scrive Comolli, ma si legge Comollì, con l’accento sulla ‘i’. Alla francese, naturalmente. Nel cv che lo ha portato a Torino ci sono i nomi di alcune tra le più grandi d’Europa: Monaco, Arsenal, Saint-Étienne, Tottenham, Liverpool, Fenerbahçe e Tolosa. Uomo di relazioni, ex talent scout, dirigente atipico. A Liverpool fu tra i primi a parlare di dati applicati al calciomercato, molto prima che diventasse una moda. A Londra, quando il nome di Kane non diceva nulla a nessuno, fu lui a indicarlo come futuro centravanti degli Spurs. Ora si presenta a Torino senza proclami, ma con una certezza: la Juve che verrà non avrà solo un volto nuovo, avrà un metodo. E dietro quel metodo, c’è la sua visione. A Tolosa ha ricostruito un club partendo da fogli Excel e scouting digitale. Ha convinto i francesi a fidarsi dei numeri, ha sfidato il romanticismo del pallone con la freddezza dei dati. Ecco perché il binomio con Chiellini potrebbe essere vincente: il cuore di Giorgio e la razionalità di Comolli. Chi lo conosce bene racconta di una persona che non ama le copertine. “Parlava solo quando era a Tolosa, in quanto presidente”. Ha smesso presto di giocare a calcio, si dice per un infortunio al ginocchio. In realtà, la storia ci insegna che i più bravi strateghi spesso da calciatori erano tutt’altro che fuoriclasse. Ha cominciato come assistente di Wenger all’Arsenal. Già allora – quindici, vent’anni fa – parlava di numeri, statistiche e modelli predittivi. “Diceva che sarebbero stati il futuro”. Oggi è normale parlare di algoritmi, intelligenza artificiale e ‘Moneyball’. Non riusciamo più a farne a meno. Ma immaginate farlo nel 2005, quando il mondo cominciava a scoprire i primi telefoni touch screen. Provate a tornare con la mente a quel periodo, e immaginate Comolli entrare nell’ufficio del suo direttore sportivo al Tottenham: “Ci sono questi due ragazzini con numeri interessanti: si chiamano Luka Modric e Gareth Bale”. Facile farlo oggi, difficilissimo allora. Eppure è da qui che si riconosce chi non si limita a seguire il cambiamento, ma lo anticipa. Questo però lo ha spesso messo in rotta di collisione con allenatori e dirigenti. Al Tottenham, l’allenatore di quei tempi Martin Jol lo accuserà di “fare acquisti badando solo al profitto”, riferendosi agli arrivi di Bent, Boateng e Kaboul: tre ragazzi giovani , quando lui chiedeva esperienza. Al Saint-Étienne investì 22 milioni in un’estate, ma solo uno dei sette acquisti diventò titolare. “Gli abbiamo dato le chiavi del club, ora siamo in difficoltà finanziarie”, disse il co-presidente Caiazzo. Ancora una volta, Comolli chiuse i suoi dati in valigia e ripartì. Destinazione: Liverpool. Nel 2010, i Reds lo chiamano come direttore tecnico. È il post-Benitez: Champions , Supercoppa Uefa, FA Cup, Community Shield. Comolli centra in pieno l’acquisto di Luis Suarez – pagato 26 milioni, rivenduto a 100 – ma sbaglia quello di Carroll: 42 milioni per un attaccante da 6 gol in 44 presenze. Ed è adesso che arriva il paradosso. Il Liverpool pagherà al Sunderland circa 18 milioni di euro per Jordan Henderson. Ecco, il suo arrivo fu la goccia che fece traboccare un vaso che per vari dissapori con la proprietà era già stracolmo. Secondo i vertici del club fu un errore l’acquisto del centrocampista inglese. Bene, sette anni dopo Henderson alzerà la Champions League con la fascia da capitano al braccio. Rivincita piena, anche per Comolli. Nel 2020, è Gerry Cardinale con RedBird a volerlo alla presidenza del Tolosa. Lì Comolli mette insieme tutto ciò che aveva imparato sin dai tempi di Wenger: “Con Arsène guardavamo le statistiche. Lui mi diceva: ‘vedi, questo è il motivo per cui questa squadra ha vinto’.” In cinque anni, promozione in Ligue 1 e una storica vittoria in Coppa di Francia. Melisandre Garcia, giornalista de L’Équipe, lo ha descritto così a Sky Sport: "Conosce il mercato, conosce i giocatori. È un uomo forte delle proprie idee”. Ha sbagliato, ha litigato, ha anticipato. Ma non ha mai rinunciato alle sue convinzioni. Alle accuse “Modric e Bale non faranno strada” ha risposto col tempo. Lo stesso tempo che oggi avrà bisogno alla Juventus. Non saranno le promesse a riaccendere la luce in casa bianconera ma i dettagli. Comolli lo sa, perché lavora da anni nei margini, dove nasce la differenza tra un’idea e una rivoluzione. Non serviranno proclami, ma struttura. Non idee brillanti, ma processi solidi. E lui è lì per questo: per costruire nell’ombra la Juve che ancora non si vede. E quando inizierà a brillare sapremo dove è iniziato tutto.

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Comolli alla Juve, chi è il rivoluzionario silenzioso che deve rilanciare i bianconeri

Pier Francesco Monachino