Il colpo Retegui conferma che in Arabia Saudita forse stanno cambiando le cose

Addio Retegui, o forse arrivederci. Il miglior marcatore dell’ultima Serie A saluta e va in Arabia a 26 anni. L’Al-Qadsiah lo attende, quattro anni di contratto più opzione e 16 milioni più 3 di bonus a stagione all’attaccante. Oltre 65 milioni all’Atalanta che appena un anno dopo l’acquisto-lampo dello scorso agosto chiude la seconda cessione più remunerativa della sua storia. In questo modo il club bergamasco ribadisce la sua politica di mercato. Punta un obiettivo e lo acquista perché può farlo grazie ai ricavi derivati proprio dalle cessioni dei suoi gioielli. Fuori Hojlund , dentro El Bilal Touré per 30 milioni più Scamacca per 28. E se poi Scamacca si infortuna, in meno di 48 ore viene definito l’acquisto del suo sostituto anche grazie ai guadagni della partenza di Koopmeiners. Parte Romero? Arriva Demiral, e così via. Un modus operandi collaudato e ripetuto per anni, anche grazie alla straordinaria capacità di Gasperini di trasformare in gioielli costosi quasi tutti i talenti arrivati a Zingonia negli ultimi anni. La cessione di Retegui lo certifica, e al tempo stesso riaccende i riflettori sulle spese della Saudi Pro League, nuovamente protagonista del mercato mondiale. L’azzurro diventerà il terzo acquisto più caro del campionato saudita dopo Neymar e John Duran . Ma se il trasferimento dell’ormai ex numero 32 nerazzurro ne ricorda altri del recente passato, per alcuni aspetti la scelta dell’Al-Qadsiah rappresenta una novità. Ad acquistare Retegui, infatti, non è una delle cosiddette 'top 4', ma una società ambiziosa, proiettata al futuro e pronta a investire. Il club, fondato nel 1964, ha affidato la guida della squadra a Michel ed è tornato nella massima serie nel 2024. La regione del Khobar in cui ha sede non offre tutte le opportunità delle più moderne Jeddah o Riyadh, ma la proprietà fa capo alla Saudi Aramco, azienda petrolifera e di gas naturale seconda per fatturato al mondo. La disponibilità economica quindi non è poca, a dimostrarlo c’è non solo la cifra sborsata per Retegui ma anche l’assalto a Dybala, seppur non andato a buon fine, della scorsa estate. Quest’anno, sempre in Italia, l’Al-Qadsiah aveva puntato Kean, per cui avrebbe pagato la clausola da 52 milioni, e poi Orsolini e nei mesi scorsi era riuscita a convincere sia Nacho dopo l’addio al Real Madrid che Pierre-Emerick Aubameyang . Giocatori con carriere di rilievo ma un futuro non più al top in Europa, con ingaggi molto importanti ma costi dei cartellini assolutamente contenuti. Anche in questo l’arrivo di Retegui rappresenta una differenza notevole. L’investimento da 65 milioni può avvicinare il club alle quattro società che fanno parte del PIF, il Fondo per gli investimenti pubblici dell'Arabia Saudita che da due anni ha preso il controllo del 75% delle quote di quattro club: Al-Ittihad, Al-Nassr, Al-Hilal e Al-Ahli. Non a caso, proprio i quattro che negli ultimi cinque anni hanno speso di più e hanno tracciato un solco profondo allontanandosi dalle altre partecipanti alla Saudi Pro League. L’Al-Qadsiah è oggi quinta nella classifica delle spese, e la distanza si ridurrà ancora quando l’acquisto di Retegui sarà ufficiale. Una cavalcata che è appena all’inizio, partita di fatto qualche mese dopo il boom del mercato saudita nel panorama mondiale, nell’estate 2023/24. Quell’anno venne speso quasi un miliardo di euro per giocatori che scelsero di seguire le grandi stelle Neymar o Cristiano Ronaldo ed esplorare così un campionato nuovo, convinti da promesse di crescita futura e di una ricchezza praticamente illimitata. Dopo di loro sono arrivati in Arabia anche Otavio, Ruben Neves e Mitrovic dall’Europa, oltre a Milinkovic-Savic e Brozovic dall’Italia. Poco prima di Retegui, è stato Simone Inzaghi a sposare il ricco progetto dell’Al-Hilal, seguito poi da Theo Hernandez. La progettualità non manca, i fondi nemmeno; ma c’è da chiedersi se questo 'piano di crescita' finalizzato a mettere la Saudi League tra le grandi del calcio mondiale sia realmente realizzabile con il passare degli anni. Alcuni giocatori, infatti, ci hanno messo poco a fare marcia indietro. Da Jordan Henderson a Gabri Veiga, fino a John Duran, che di recente ha accettato il prestito al Fenerbahçe: l’Al-Nassr, che lo aveva accolto pochi mesi fa, resta proprietaria del suo cartellino e durante la sua permanenza a Istanbul pagherà anche lo stipendio che si aggira sui 10 milioni a stagione. Ma tra un Gabri Veiga che fugge dall’Al-Ahli e firma col Porto e un Cristiano Ronaldo che prima saluta, poi rinnova e arriva a guadagnare più di 400 euro al minuto fino al 2027, c’è un Mateo Retegui che si prepara a scoprire il mondo arabo. Difficile capire ora se basteranno i milioni sul suo conto corrente a fargli rispettare la durata quadriennale del contratto: i precedenti sono numerosi e diversi tra loro. Resta il fatto che l’Al-Qadsiah potrebbe aver dato il via a una nuova tendenza, che potrebbe portare altri giovani talenti a provare l’esperienza nella Saudi League. L’intento è quello di far crescere l’appeal intorno a un campionato che oggi vede ancora troppo distacco tra le squadre di vertice e le piccole, che non riuscendo ad attirare le star dall’Europa a volte faticano anche a costruire rose complete e a fronteggiare problemi economici e organizzativi. Oggi la prima società del campionato saudita per spese nelle ultime cinque stagioni è l’Al-Hilal, al tredicesimo globale posto con quasi 540 milioni spesi. Ventottesima l’Al-Nassr, trentacinquesima l’Al-Ahli: a dimostrazione di come siano stati fatti passi incredibili negli ultimi anni, anche se il gap resta importante, tanto con le big d’Europa quanto all’interno del paese stesso. Se tra dieci anni ricorderemo la Saudi Pro League come oggi facciamo con il campionato cinese o quello russo ancora prima, è ancora troppo presto per dirlo.

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Marta Fornelli