Krstovic è un attaccante diverso da tutti

A Bergamo è arrivato un nove che non somiglia a nessun altro. Nikola Krstovic porta con sé la polvere dei campi di provincia, il sudore delle battaglie di Lecce, i colpi di testa nati più dalla rabbia che dalla tecnica. È un centravanti antico, di quelli che non conoscono la parola resa. L’Atalanta lo ha scelto perché dentro i suoi difetti si nasconde la materia grezza dei campioni: la fame. E nel regno di Juric, dove il ferro diventa acciaio, quella fame può trasformarsi in destino. Ogni attaccante ha una storia da raccontare, e quella di Krstovic comincia lontano dai riflettori, a Golubovac, un piccolo villaggio serbo che conta meno di 300 anime. Da lì è partito per scalare il calcio europeo, passando per la Slovacchia fino ad approdare in Serie A. A Lecce ha trascorso due stagioni intere da titolare, scoprendo cosa significa misurarsi con la Serie A da protagonista. Due anni che lo hanno reso un personaggio da trincea, uno di quei classici “sconosciuti” portati in Italia dal talento di Pantaleo Corvino: 20 gol totali nelle due stagioni in Italia, con l’Atalanta che lo ha scelto per sostituire il capocannoniere dello scorso campionato, volato in Arabia Saudita. Un ruolo pesantissimo, un compito enorme, che lo mette subito sotto i riflettori. Abbiamo paragonato il nuovo attaccante della Dea con il suo nuovo compagno di reparto e con chi è andato via . Partiamo da una banale - ma necessaria - premessa. Stiamo mettendo a paragone un giocatore che ha fatto parte di un attacco da 27 gol totali nella scorsa stagione, contro chi ne ha fatti 78 . È un contesto che spiega molto e che diventa quasi un alibi: il montenegrino non è mai stato rifornito a dovere, ha spesso dovuto inventarsi le conclusioni da solo, tirando tanto ma non sempre bene. Grazie ai dati di Soccerment possiamo infatti notare che il suo punto di forza è la capacità di arrivare con continuità alla conclusione: Krstovic tira tanto ma spesso si aﬃda a soluzioni di bassa qualità, conclusioni dalla distanza o da posizioni defilate che abbassano il suo xG medio per tiro. La fame lo spinge a provarci continuamente. Ma quella fame lo porta a forzare, a prendersi conclusioni poco favorevoli. Un dettaglio che lo penalizza, ma che racconta anche la sua natura: mai smettere di provarci, anche a costo di sbagliare. Se parliamo di stile, il paragone più naturale è con Mateo Retegui. A livello di stile di gioco i due sono quasi gemelli: similarità del 98,7%, entrambi target man puri, centravanti che vivono di area di rigore, sponde e colpi di testa. Diversissimo invece Gianluca Scamacca, attaccante di movimento, più completo, un mobile finisher che sa muoversi su tutto il fronte offensivo. Ma se ci si sposta sul terreno del rendimento, la forbice si apre. Retegui e Scamacca, con contesti più favorevoli e qualità individuale più alta, hanno numeri decisamente migliori: la similarità di rendimento con Krstovic è infatti molto bassa, intorno al 62-63%. Più efficaci sotto porta, più concreti nel trasformare le occasioni in gol. Ma ancora una volta il contesto è decisivo: Retegui e Scamacca hanno giocato in squadre capaci di creare molto di più, con compagni e sistemi offensivi più ricchi. C’è però un dettaglio che racconta bene la sua personalità. Rispetto a Retegui, Krstovic partecipa di più al gioco. Non è solo un finalizzatore, ma un attaccante che prova a muoversi dentro al terzo offensivo, che aggiunge qualche passaggio progressivo, qualche conduzione in più. È il segno di un nove che vuole essere parte attiva della manovra, non solo destinatario finale. Un tratto che, in un’Atalanta costruita sulla coralità, può diventare un valore prezioso. Krstovic è ancora un progetto. Un attaccante che tira tanto ma deve imparare ad aspettare, a scegliere il momento giusto. Che oltre ad aumentare l’eﬃcenza delle sue conclusioni deve imparare ad affinare i duelli aerei. Ma l’Atalanta non ha paura delle storie imperfette: le accoglie, le riscrive, le trasforma in favole. E Nikola Krstovic, con la sua fame e i suoi alibi, ha davanti la chance più grande della carriera: trasformare i tentativi ostinati in gol pesanti e il sogno in realtà. A Bergamo dovrà imparare a dosare il fuoco, a mettere ordine nella sua tempesta. Non sarà facile, ma la Dea è il luogo perfetto per i giovani e per la loro maturità.

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Krstovic è un attaccante diverso da tutti

Pier Francesco Monachino