Riccò: datemi una squadra, voglio tornare subito a correre

Ciclismo
Riccardo Riccò vuole scacciare le ombre dal suo futuro di ciclista (Getty)
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Sono le prime parole del ciclista al termine dell'audizione (durata circa un'ora e mezza) presso la Procura Antidoping del Coni. "Non ho niente da nascondere, sto cercando una squadra e se me lo permetteranno tornerò presto in gara". LE FOTO E IL VIDEO

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"Mi sento ancora un ciclista e voglio tornare a correre". Sono queste le prime parole di Riccardo Riccò, al termine dell'audizione (durata circa un'ora e mezza) presso la Procura Antidoping del Coni.  "Non ho niente da nascondere - ha aggiunto - sto cercando una squadra che mi permetta al più presto di svolgere la mia professione. Ritiro? Gli attestati di stima dei tifosi mi hanno fatto cambiare idea, e se me lo permetteranno tornerò subito a correre".

Il 6 febbraio scorso, Riccò era stato ricoverato in ospedale, dopo aver accusato un malore al termine dell'allenamento, vittima di un blocco renale. Successivamente il medico aveva reso nota una confessione dell'atleta, reo di aver effettuato una autotrasfusione di sangue che conservava in frigo da diversi giorni, pratica compatibile con i problemi fisici avuti, tuttavia negata dallo stesso atleta. "Non ricordo nulla del mio ricovero - ha ammesso - ero più morto che vivo. Mi hanno solo detto che si trattava di un virus, il medico risponderà di quanto ha detto". Nella testa di Riccò, c'è solo la bici: "Mi pare che ci siano tanti altri corridori nella mia posizione che corrono regolarmente - ha concluso - Contador? Sì, ma anche ciclisti italiani. Da un mese sono tornato ad allenarmi, ora datemi una squadra".

Le parole dell'avvocato -
"Al momento attuale non ci sono motivi per aspettarsi da parte della Procura Antidoping una richiesta di squalifica per Riccò. Non vedo proveddimenti nel breve periodo". Queste le parole dell'avvocato Fiorenzo Alessi, legale del ciclista emiliano, al termine dell'udienza presso la Procura Antidoping del Coni. "Molti parlano di sconfitta per il ciclismo - ha aggiunto - ma non sono d'accordo. Non condivido il pensiero del presidente del Coni, Gianni Petrucci, che deve smettere di dire basta al ciclismo dopato: la cosa giusta da dire è basta con lo sport dopato e soprattutto basta con lo sport che vuole il risultato a tutti i costi. In questo senso, ritengo che la legge penale del 2000 sia ampiamente superata perché non è più attuale e andrebbe modificata". Il legale di Riccò ha poi ammesso di sposare in pieno le parole dello scienziato, Umberto Veronesi, che in una recente intervista aveva ipotizzato la possibilità di liberalizzare alcune pratiche considerate illecite, come ad esempio, l'Epo.

Ad incastrare Riccò ci sarebbero le dichiarazioni raccolte dal medico del pronto soccorso, al momento stesso del ricovero del corridore modenese, lo scorso 6 febbraio, a cui il 'Cobra' avrebbe confessato di aver utilizzato del sangue conservato in frigo da 25 giorni per un'autoemotrasfusione. "Di solito non accade che un medico si comporti così. Nell'urgenza certe frasi possono essere recepite male. Le analisi non danno risultati univoci, e per questo abbiamo incaricato un nostro consulente per accertare quanto accaduto".

E la risposta del Coni -
"Il Coni non risponde a considerazioni insensate". Così il presidente del Coni, Gianni Petrucci, ha commentato le parole dell'avvocato Fiorenzo Alessi, legale di Riccò, che in mattinata aveva criticato le parole del numero 1 del Comitato Olimpico Nazionale sul doping nel ciclismo, e che si è detto favorevole all'ipotesi del professor Umberto Veronesi di legalizzare alcune pratiche illecite, chiedendo anche di riconsiderare
l'attualità della legge penale antidoping del 2000.

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