Quelle ultime drammatiche ore del Pirata: così è morto
Ciclismo"Non so se ci sarà un altro giorno per me" aveva detto Marco Pantani, rivolgendosi in romagnolo a un ospite del residence nel quale alloggiava a Rimini. Era il 14 febbraio 2004, poche ore dopo il campione morì. La cronistoria di quella notte maledetta
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VIDEO: Quanti anni ormai senza Pantani...
"Non so se ci sarà un altro giorno per me", aveva detto Marco Pantani, rivolgendosi in romagnolo ad un ospite del residence nel quale alloggiava da qualche giorno a Rimini. Era, il suo, un tragico presagio, perché, alcune ore dopo, il Pirata morì stroncato da dosi eccessive di cocaina. Era il 14 febbraio 2004. Ora, sette anni dopo quel vortice di morte che risucchiò Pantani, la Cassazione ha assolto l'ultimo pusher sul quale pesava l'accusa di aver ripetutamente fornito cocaina al campione, fino a provocarne il decesso.
"Quando entrai in quella stanza - racconta all'Ansa l'allora dirigente della Squadra mobile della Questura di Rimini Sabato Riccio, primo funzionario di polizia accorso sul posto - erano circa le 21 e mi si presentò una scena terrificante: tutto era a soqquadro, il cadavere di Pantani per terra dava la vera dimensione della tragedia, psicofarmaci e residui di stupefacenti lasciavano immaginare quel che poteva essere accaduto".
Di fronte a quella scena, l'uomo fu preso da un sentimento "di pietà profonda" e davanti agli occhi gli passarono le imprese di Pantani in maglia rosa, scalatore leggendario; il poliziotto, invece, avviò subito le indagini e il primo atto fu un attento esame del cadavere, alla presenza del medico legale. "Marco Pantani - ricorda Sabato Riccio, che ora è coordinatore del Dipartimento di Polizia della Repubblica di San Marino - giaceva nella camera da letto dell' appartamento D5, al quinto piano del residence. Il cadavere era prono, sul pavimento, alla destra del letto. Indossava solo un jeans con una cintura di cuoio. Al polso sinistro aveva un orologio Rolex con le lancette ferme alle 4.55". Forse l' ora della morte del Pirata.
Lo sguardo del poliziotto andò poi sulla scena che gli si presentava, "in un silenzio quasi totale", ricorda. "Nel disordine generale - racconta - vedemmo scatole di psicofarmaci vuote o semivuote e residui di polvere bianca, che capimmo subito essere cocaina. Trovammo anche alcune lettere scritte da Pantani, di difficile lettura. Ed avemmo subito un quadro chiaro. I risultati dell' autopsia hanno poi confermato i nostri sospetti". Pantani - stabilì il medico legale - morì per una intossicazione acuta da cocaina, con conseguente edema polmonare e cerebrale.
Con Rimini e l'Italia sotto shock che soffrivano la tragedia della morte del campione, la polizia si affrettò a stabilire cosa era accaduto durante la permanenza del Pirata in quel residence e, attraverso il racconto del personale e di alcuni ospiti della struttura, si arrivò presto alla conclusione che Pantani era in preda a gravi crisi depressive, sulle quali si erano inserite anche manie persecutorie. "Io sono pazzo", disse il Pirata, incontrando un vicino di camera. "Posso riferire che il comportamento tenuto nella circostanza da Pantani mi è apparso confuso e le frasi da lui proferite apparivano prive di logica connessione", raccontò alla polizia un'altra persona che aveva incontrato in corridoio il Pirata, il quale, con un terzo ospite, prima di lasciarsi andare al tragico presagio di morte, disquisì in modo incomprensibile dell' "essere o non essere".
"Sono state, poi, le stesse circostanze che hanno portato al ritrovamento del cadavere - ricorda l'ex dirigente della Squadra Mobile di Rimini - a svelare la condizione di profonda crisi nella quale si trovava il ciclista". Quel tragico 14 febbraio Pantani chiese per telefono un intervento del personale del residence, in quanto, disse, vi erano delle persone che gli davano fastidio. Due addetti dell' albergo salirono al quinto piano, ma non trovarono nulla di strano. Bussarono alla camera del Pirata, ma questi non rispose. Poco dopo Pantani telefonò ancora in portineria, ribadì che alcune persone gli davano fastidio e, con voce ansiosa, invitò a chiamare i carabinieri. L'addetta, nel timore che Pantani stesse male, tentò di entrare nella camera usando una chiave di riserva, ma non vi riuscì perché il Pirata si era barricato, sistemando un mobile dietro alla porta. Dall' interno, Pantani urlò alcune parole incomprensibili, poi seguirono rumori di altri mobili che venivano spostati, infine un silenzio lungo un pomeriggio.
"Poco prima delle 21 - racconta Sabato Riccio - su autorizzazione del titolare del residence, un altro addetto forzo' la porta, riusci' ad introdursi nella camera e trovo' Pantani morto accanto al letto".
VIDEO: Quanti anni ormai senza Pantani...
"Non so se ci sarà un altro giorno per me", aveva detto Marco Pantani, rivolgendosi in romagnolo ad un ospite del residence nel quale alloggiava da qualche giorno a Rimini. Era, il suo, un tragico presagio, perché, alcune ore dopo, il Pirata morì stroncato da dosi eccessive di cocaina. Era il 14 febbraio 2004. Ora, sette anni dopo quel vortice di morte che risucchiò Pantani, la Cassazione ha assolto l'ultimo pusher sul quale pesava l'accusa di aver ripetutamente fornito cocaina al campione, fino a provocarne il decesso.
"Quando entrai in quella stanza - racconta all'Ansa l'allora dirigente della Squadra mobile della Questura di Rimini Sabato Riccio, primo funzionario di polizia accorso sul posto - erano circa le 21 e mi si presentò una scena terrificante: tutto era a soqquadro, il cadavere di Pantani per terra dava la vera dimensione della tragedia, psicofarmaci e residui di stupefacenti lasciavano immaginare quel che poteva essere accaduto".
Di fronte a quella scena, l'uomo fu preso da un sentimento "di pietà profonda" e davanti agli occhi gli passarono le imprese di Pantani in maglia rosa, scalatore leggendario; il poliziotto, invece, avviò subito le indagini e il primo atto fu un attento esame del cadavere, alla presenza del medico legale. "Marco Pantani - ricorda Sabato Riccio, che ora è coordinatore del Dipartimento di Polizia della Repubblica di San Marino - giaceva nella camera da letto dell' appartamento D5, al quinto piano del residence. Il cadavere era prono, sul pavimento, alla destra del letto. Indossava solo un jeans con una cintura di cuoio. Al polso sinistro aveva un orologio Rolex con le lancette ferme alle 4.55". Forse l' ora della morte del Pirata.
Lo sguardo del poliziotto andò poi sulla scena che gli si presentava, "in un silenzio quasi totale", ricorda. "Nel disordine generale - racconta - vedemmo scatole di psicofarmaci vuote o semivuote e residui di polvere bianca, che capimmo subito essere cocaina. Trovammo anche alcune lettere scritte da Pantani, di difficile lettura. Ed avemmo subito un quadro chiaro. I risultati dell' autopsia hanno poi confermato i nostri sospetti". Pantani - stabilì il medico legale - morì per una intossicazione acuta da cocaina, con conseguente edema polmonare e cerebrale.
Con Rimini e l'Italia sotto shock che soffrivano la tragedia della morte del campione, la polizia si affrettò a stabilire cosa era accaduto durante la permanenza del Pirata in quel residence e, attraverso il racconto del personale e di alcuni ospiti della struttura, si arrivò presto alla conclusione che Pantani era in preda a gravi crisi depressive, sulle quali si erano inserite anche manie persecutorie. "Io sono pazzo", disse il Pirata, incontrando un vicino di camera. "Posso riferire che il comportamento tenuto nella circostanza da Pantani mi è apparso confuso e le frasi da lui proferite apparivano prive di logica connessione", raccontò alla polizia un'altra persona che aveva incontrato in corridoio il Pirata, il quale, con un terzo ospite, prima di lasciarsi andare al tragico presagio di morte, disquisì in modo incomprensibile dell' "essere o non essere".
"Sono state, poi, le stesse circostanze che hanno portato al ritrovamento del cadavere - ricorda l'ex dirigente della Squadra Mobile di Rimini - a svelare la condizione di profonda crisi nella quale si trovava il ciclista". Quel tragico 14 febbraio Pantani chiese per telefono un intervento del personale del residence, in quanto, disse, vi erano delle persone che gli davano fastidio. Due addetti dell' albergo salirono al quinto piano, ma non trovarono nulla di strano. Bussarono alla camera del Pirata, ma questi non rispose. Poco dopo Pantani telefonò ancora in portineria, ribadì che alcune persone gli davano fastidio e, con voce ansiosa, invitò a chiamare i carabinieri. L'addetta, nel timore che Pantani stesse male, tentò di entrare nella camera usando una chiave di riserva, ma non vi riuscì perché il Pirata si era barricato, sistemando un mobile dietro alla porta. Dall' interno, Pantani urlò alcune parole incomprensibili, poi seguirono rumori di altri mobili che venivano spostati, infine un silenzio lungo un pomeriggio.
"Poco prima delle 21 - racconta Sabato Riccio - su autorizzazione del titolare del residence, un altro addetto forzo' la porta, riusci' ad introdursi nella camera e trovo' Pantani morto accanto al letto".