L'altro Schwazer: io, Pozzato escluso da innocente

Ciclismo
Pippo Pozzato in un'immagine di prima della mancata convocazione da parte di Bettini
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Per la mancata convocazione per le Olimpiadi il ciclista vicentino è voluto andare più lontano possibile. Da giorni è in Kenya come volontario. "Mi spiace per Alex, ma il mio caso non ha niente a che fare con il suo. Io non sono mai stato squalificato"

"Non sono Schwazer". Filippo Pozzato per sbollire la rabbia per la mancata convocazione per le Olimpiadi è voluto andare più lontano possibile. Da giorni è infatti in Kenya come volontario in una comunità con i sacerdoti della sua diocesi, in una località sperduta a 200 km da Nairobi. E' la stessa distanza tra il suo paese di origine, Sandrigo nel Vicentino, e Vipiteno, dove è nato l'oro di Pechino della 50 km di marcia finito nel polvere del doping.

Da laggiù Londra sembra ancora più lontana, le notizie di quanto accade ai Giochi arrivano con difficoltà. "Ieri sera ho saputo di Schwazer collegandomi due minuti a Twitter" racconta al telefono. "Mi sono volontariamente autosospeso. Sono partito senza dire niente e nessuno - spiega -, lo sapeva soltanto il giornale l'Avvenire e basta. Queste sono cose che si fanno perché ci credi, non per andare sui giornali. Sono voluto andare via dall'Italia per staccare la spina, ero troppo dispiaciuto e arrabbiato. Mi hanno negato un sogno. Ho 30 anni, era l'età migliore per un'Olimpiade. Mi hanno detto tutti: 'Ti rifarai a Rio'. Ma non è lo stesso. Quello che mi è capitato mi ha fatto male".

Adesso qualcuno lo accosta a Schwazer per le frequentazioni con il discusso medico Michele Ferrari su cui sta indagando la Procura di Padova. "Mi dispiace per Alex, ma il mio caso non ha niente a che fare con il suo. La sua positività all'epo è una sconfitta per lo sport. Sono brutte storie, macchie per lo sport, che fanno crollare dei miti, noi siamo degli esempi per i giovani. Ed è arrivata nel momento clou".

A Londra Pozzato doveva essere il capitano dei ciclisti su strada. "Era un anno e mezzo che ne parlavo con Bettini, lui credeva in me, sapevamo che il percorso si addiceva alle mie caratteristiche". Il mondo gli è crollato il giorno che ha ammesso di frequentare il dottor Ferrari. "Altri si vestono di nero quando vanno da lui per non farsi vedere, io no. Non ho mai nascosto nulla. Il regolamento non vieta di frequentare Ferrari. Ci sono i nomi di più di 40 persone che è vietato frequentare e il suo nome non c'è".

Pozzato ribadisce ancora una volta di essere pulito. "Ho sempre fatto un sacco di controlli e non sono mai stato squalificato - spiega -. Nemmeno adesso lo sono, non sono nemmeno indagato. Il mio passaporto biologico potrebbe essere un esempio per tanti. Al Coni ho detto tutto, sono stato trasparente. Avrei potuto negare tutti e ai Giochi ci sarei andato".  Mercoledì Filippo riprenderà il volo che lo riporterà in Italia con la voglia di tornare in bici. "Qui metto la sveglia alle 5 del mattino per correre, tra l'altro siamo in altura a oltre 2 mila metri di altitudine. Non credo di aver perso molto come allenamento".  L'11 settembre è fissata l'udienza al Tribunale arbitrale antidoping. "Se dovessero darmi due mesi li ho già scontati, ma sono certo che non mi squalificheranno". Il sogno olimpico negato, per lui, è già sufficiente.