Armstrong parla: senza doping impossibile vincere sette Tour
CiclismoMa l'ex campione in disgrazia ha proclamato di non aver mai ordinato a nessuno di seguire il suo esempio. "Non ho inventato il doping, ma non l'ho fermato", ha detto il texano a Oprah Winfrey nella prima parte della sua attesissima intervista tv
Lance Armstrong ha dunque ammesso il doping per arrivare primo nei suoi sette Tour de France, "altrimenti a quell'epoca sarebbe stato impossibile vincere". Ma l'ex campione in disgrazia ha proclamato di non aver mai ordinato a nessuno di seguire il suo esempio. "Non ho inventato il doping, ma non l'ho fermato", ha detto il texano a Oprah Winfrey nell'attesissima intervista tv andata in onda nella notte in America.
Tanti peccati di omissione nell'ultima, più difficile tappa in salita per il conquistatore dei Pirenei. Il doping, quando lui gareggiava, era endemico, faceva parte di una cultura. "Ora sto cominciando a capire. Vedo la rabbia della gente. Oggi ho finito di mentire", ha detto l'ex campione in disgrazia nel confessionale della sacerdotessa dei talk show, dietro le quinte gli avvocati in agguato.
Scarse emozioni e niente lacrime anche se Armstrong, a cui ieri il Cio ha tolto la medaglia di bronzo della prova su strada di Sidney 2000, si è ripromesso di "passare il resto della sua vita a scusarsi e a cercare di riconquistare la fiducia del pubblico". Ma poi, al polso il bracciale giallo della sua fondazione antricancro Livestrong, l'ex ciclista ha detto che all'epoca non pensava di "barare" quando usava il suo cocktail preferito: "Epo, ma non molto, trasfusioni di sangue e testosterone".
L'intervista, dopo l'autunno caldo che ha visto Armstrong spogliato delle sette vittorie ai Tour de France, aveva una posta altissima: non solo la prospettiva di tornare alle gare per la quale è necessaria l'amnistia dell'Usada, ma per Armstrong il vero rischio è di giocarsi una larga fetta della sua fortuna valutata a oltre cento milioni di dollari in azioni legali di risarcimento.
L'ex campione ha categoricamente smentito di essersi dopato dopo il ritorno sulle scene nel 2009 e 2010, una decisione che adesso rimpiange: "Non sarebbe successo nulla altrimenti". E in ogni caso, era tutto finito nel 2005. L'intervista di cui è andata in onda la prima puntata (la seconda domani) era un terreno minato. Armstrong ha ripetutamente negato di aver intimidito i suoi compagni di squadra: una smentita implicita del rapporto dell'Usada che in ottobre gli ha contestato di esser stato al centro del "più sofisticato programma di doping della storia".
Quanto al medico italiano Michele Ferrari, accusato dall'Usada di esser stato il cervello dello schema, l'ex campione lo ha definito "una brava persona". Non è comunque il suo lavoro quello di "ripulire il ciclismo": Armstrong si è detto pronto a presentarsi davanti a una commissione verità e riconciliazione dell'agenzia antidoping, in vista di una eventuale amnistia del bando a vita dalle gare: "Se fosse creata, sarei il primo a andarci".
Tanti peccati di omissione nell'ultima, più difficile tappa in salita per il conquistatore dei Pirenei. Il doping, quando lui gareggiava, era endemico, faceva parte di una cultura. "Ora sto cominciando a capire. Vedo la rabbia della gente. Oggi ho finito di mentire", ha detto l'ex campione in disgrazia nel confessionale della sacerdotessa dei talk show, dietro le quinte gli avvocati in agguato.
Scarse emozioni e niente lacrime anche se Armstrong, a cui ieri il Cio ha tolto la medaglia di bronzo della prova su strada di Sidney 2000, si è ripromesso di "passare il resto della sua vita a scusarsi e a cercare di riconquistare la fiducia del pubblico". Ma poi, al polso il bracciale giallo della sua fondazione antricancro Livestrong, l'ex ciclista ha detto che all'epoca non pensava di "barare" quando usava il suo cocktail preferito: "Epo, ma non molto, trasfusioni di sangue e testosterone".
L'intervista, dopo l'autunno caldo che ha visto Armstrong spogliato delle sette vittorie ai Tour de France, aveva una posta altissima: non solo la prospettiva di tornare alle gare per la quale è necessaria l'amnistia dell'Usada, ma per Armstrong il vero rischio è di giocarsi una larga fetta della sua fortuna valutata a oltre cento milioni di dollari in azioni legali di risarcimento.
L'ex campione ha categoricamente smentito di essersi dopato dopo il ritorno sulle scene nel 2009 e 2010, una decisione che adesso rimpiange: "Non sarebbe successo nulla altrimenti". E in ogni caso, era tutto finito nel 2005. L'intervista di cui è andata in onda la prima puntata (la seconda domani) era un terreno minato. Armstrong ha ripetutamente negato di aver intimidito i suoi compagni di squadra: una smentita implicita del rapporto dell'Usada che in ottobre gli ha contestato di esser stato al centro del "più sofisticato programma di doping della storia".
Quanto al medico italiano Michele Ferrari, accusato dall'Usada di esser stato il cervello dello schema, l'ex campione lo ha definito "una brava persona". Non è comunque il suo lavoro quello di "ripulire il ciclismo": Armstrong si è detto pronto a presentarsi davanti a una commissione verità e riconciliazione dell'agenzia antidoping, in vista di una eventuale amnistia del bando a vita dalle gare: "Se fosse creata, sarei il primo a andarci".