Sir Wiggins sulle orme di Indurain: in basette verso la rosa

Ciclismo
Bradley Wiggins è nato a Gand, in Belgio, il 28 aprile 1980 (Getty Images)

IL PROFILO. Il capitano del Team Sky ha indossato la rosa per un giorno nel 2010. Ora ci riprova. È cresciuto guardando le videocassette delle imprese dello spagnolo sulle strade del Giro. Dalla cultura mod alla fattoria: anatomia di un campione

di Luciano Cremona

L'immagine che tutti già conosciamo è quella dello scorso 27 luglio, quando in maglietta gialla si presentò sul palco dello stadio Olimpico di Londra dando il via alla cerimonia di inaugurazione dei Giochi con un rintocco di campana. Quella che invece non tutti conoscono racconta, tra una corsa in bici e l'altra, di un Sir Bradley Marc Wiggins che spala il letame nella sua fattoria nelle campagne attorno a Manchester. Due facce dello stesso campione, ufficiale dell'Ordine dell'Impero britannico e icona "mod", plurimedagliato olimpico e campione del Tour, amante della birra e grande nemico del doping. E favorito numero uno per la vittoria del Giro d'Italia. Vincenzo Nibali permettendo.

Rulli, pista, poi la strada - Bradley Wiggins ha una di quelle storie di vita un po' complicate che sembrano trovare la propria redenzione grazie allo sport. Nasce nel 1980, in Belgio, a Gand, da papà Gary, australiano e ciclista professionista, e da mamma Linda, inglese. Due anni dopo, il duro colpo: papà Gary lascia la famiglia, se ne va, e Bradley passa la sua infanzia nel centro di Londra con la mamma e i nonni. Prima si appassiona al calcio, poi, nel 1992, vede in tv Chris Boardman trionfare alle Olimpiadi di Barcellona e decide che la sua vita sarà dedicata alla bici. Mamma Linda però non ha intenzione di lasciar scorrazzare Brad per le vie di Londra. E allora si attrezza con i rulli, in casa: la passione aumenta di giorno in giorno, alimentata dalle videocassette del Giro d'Italia e dai successi di Miguel Indurain. Ma prima di passare alla strada, per Brad ci sarebbe stata ancora tanta... pista da fare. Al velodromo di Herne Hill coltiva la sua passione. A vent'anni vince la sua prima medaglia olimpica, un bronzo nell'inseguimento a squadre su pista a Sydney. Da lì, esplode. Assaggia la strada, passa a pro, ma non abbandona la pista. Ad Atene vince tre medaglie (tra cui l'oro nell'inseguimento individuale, oltre ad un argento e a un bronzo), poi replica a Pechino, vincendo due ori. In mezzo, dieci medaglie mondiali, sempre su pista (ben sei ori).

Tra asfalto e musica
- Il 2012 è l'anno della consacrazione mondiale, anche su strada. Vince il Tour de France e, dieci giorni più tardi, trionfa nella prova olimpica a cronometro, facendo impazzire non solo Londra, ma tutto il Regno Unito. Nominato sportivo inglese dell'anno, lo scorso dicembre ha festeggiato impugnando la chitarra e suonando sul palco della ExCel Arena "Wonderwall" degli Oasis, uno dei suoi gruppi preferiti. Eccolo qui il vero 'Wiggo'. Immerso totalmente nella cultura 'mod', fatta di basette, frangia e della musica di Paul Weller, il 'modfather'. Niente di costruito: l'amore per le Lambrette e la Vespa anni '60, la passione per il rugby ma soprattutto per il calcio: da piccolo era appassionato dell'Arsenal, ora è tifoso convinto del Liverpool e spesso va ad Anfield con il figlio Ben (ha anche una bimba, Isabella).

Birra, parolacce e la crociata antidoping - Come tutti, anche il magro e atletico Wiggo ha avuto il suo periodo nero. Bagnato da tante, troppe birre. Accade dopo le Olimpiadi di Atene del 2004, poi, pian piano, si rimette in forma. E riparte. Accanto a lui c'è la moglie Catherine, con la quale calca il red carpet in maniera stilosa e disinvolta. Nel mezzo ci sono tanti episodi che lo dipingono come un personaggio non del tutto comodo, ma di sicuro genuino. Quel "Fuck the Queen" esclamato il giorno in cui ha ricevuto i complimenti ufficiali della regina dopo le Olimpiadi ha fatto discutere. Come per giorni si è parlato del suo dito medio mostrato ai fotografi quando, lo scorso novembre, veniva dimesso dall'ospedale dopo essere stato investito da una donna. La vita non è stata comodissima per Bradley, due anni fa il padre Gary è morto in Galles, in circostanze mai chiarite: il cerchio, con il papà, non si è mai chiuso. In tutto questo Wiggins ci mette perfezionismo e grande professionalità. Con un'idea ben chiara in testa: "Non potrei mai doparmi. Tradirei la mia nazione, la mia squadra, i miei tifosi. Perderei tutto, rovinerei il Team Sky". Sa che giocando sporco, gli resterebbe soltanto il letame da spalare. Ma Wiggo, oggi, ha una sola cosa in testa, oltre alle sue basette: indossare di nuovo la maglia rosa (come nel cronoprologo di Amsterdam del 2010) e portarla fino a Brescia.