StraordinAru: il trionfo di Fabio alla Vuelta di Spagna del 2015

Gioia e incredulità. Il 13 settembre 2015 a Plaza de Cibeles sventola la bandiera dei Quattro Mori. Come sempre, d’altra parte, in qualunque manifestazione, sportiva e non, in giro per il mondo. Questa volta, però, la motivazione è unica: Fabio Aru, da San Gavino Monreale, in Sardegna, sta per salire sul gradino più alto del podio dopo il trionfo alla Vuelta, uno dei tre grandi giri del ciclismo mondiale. Il sorriso stampato, ma anche il volto di chi non ha ancora pienamente realizzato la portata della sua impresa. Prima di lui l’Italia aveva festeggiato la maglia ‘roja’ in sole cinque occasioni: Conterno nel 1956, Gimondi nel 1968, Battaglin nel 1981, Giovannetti nel 1990 e Nibali nel 2010. Proprio Vincenzo da Messina è stato mentore, capitano e maestro di Aru, compagno di mille salite e allenamenti negli anni dell’Astana. Sul podio di Madrid, cinque anni dopo, sale un altro isolano: Aru si avvolge idealmente nella bandiera dei Quattro Mori, sventola il tricolore e canta emozionato l’inno di Mameli. Già, ma come ha fatto un talentuoso scalatore partito da San Gavino Monreale a ritrovarsi sul gradino più alto del podio di Madrid con la maglia rossa? Il podio al Giro, i duelli con Contador: la carriera di Aru Dopo aver brillato tra i dilettanti e fatto vedere cose egregie anche sugli sterrati , Fabio diventa professionista nel 2012 e firma un contratto con l'Astana. Il suo stile di corsa aggressivo, fatto di scatti e attacchi in salita, lo rende subito un idolo per tutti gli amanti del ciclismo, che in lui rivedono alcuni tratti del leggendario Marco Pantani. Nel 2014, al Giro d'Italia, si mette in mostra conquistando due tappe e chiudendo al terzo posto in classifica generale, primo podio in un grande giro. L'anno successivo, ancora al Giro, è il principale rivale di Alberto Contador: vince altre due tappe in montagna , arriva secondo e indossa anche la maglia rosa. La grande occasione: Nibali squalificato, capitan Aru sarà pronto? A questo punto, manca però l’acuto finale: Aru lo va a cercare in Spagna, dove diventa capitano in corsa dell’Astana, prendendo i gradi di Vincenzo Nibali, espulso clamorosamente dalla giuria il 23 agosto “per essersi attaccato alla macchina dell’Astana mentre era in fase di recupero dopo una caduta”. Fuori gioco il vincitore del Tour 2014, la squadra kazaka si mette completamente a disposizione del sardo, che dimostra fin dalle prime salite di avere gamba e morale. Il rivale principale viene subito individuato in Tom Dumoulin, passista dal rendimento sublime anche in montagna e soprattutto cronoman tra i migliori della sua generazione. L’olandese vince a Benitatxell nella 9^ frazione e si veste di rosso. Dopo il giorno di riposo, però, Aru sferra il suo attacco ad Andorra e si prende la vetta della classifica a Cortals d'Encamp. Dopo un interregno di ‘Purito’ Rodriguez, è ancora Dumoulin a comandare, sfruttando la specialità della casa e imponendosi nella crono di Burgos. Aru sa che la Vuelta finisce a Madrid e si gioca al meglio le sue carte nella penultima tappa, che sale a Puerto de la Morcuera. Grazie al lavoro straordinario dei suoi compagni, il sardo stacca definitivamente l’olandese e arriverà alla passerella di Madrid con 57’’ di vantaggio su Rodriguez e 1’09’’ su Majka. Tra i migliori anche Quintana, Chaves, lo stesso Dumoulin e Valverde, segno del livello altissimo di quella corsa. Aru: “Ho realizzato un sogno, ma che squadrone avevamo...” “Ho realizzato un sogno, grazie ai compagni – le prime parole di Aru dopo il trionfo -. Questo è un bellissimo sport, noi cerchiamo di dare sempre il massimo". Lo stesso Fabio, ricordando con Claudio Ghisalberti a Tuttobiciweb la sua impresa qualche anno più tardi, affermò che “il Giro mi ha portato in un’altra dimensione, avevo vinto due tappe e questa era la dimostrazione di essere sulla strada giusta. In Spagna nella prima settimana sentivo che crescevo e nell’11^ tappa mi sono trovato leader in modo un po’ inaspettato. Mi dicevo sempre: ‘La Vuelta finisce a Madrid’. Dumoulin era molto forte, in forma, ma sapevo che me la potevo ancora giocare. Però il giorno prima, alla 19a tappa, ero caduto sul pavè e, oltre a essermi scorticato un po’, avevo pure perso qualche secondo. Per Cercedilla con Martinelli avevamo studiato la tattica e sapevamo che dovevamo attaccare. Io avevo compagni straordinari come Luis Leon Sanchez, Zeits, Landa, Cataldo… Era un’Astana forte”. L’abbraccio della sua Sardegna Un mese dopo, la Sardegna riaccolse tra le sue forti braccia il suo eroe a due ruote, uno dei quattro corridori italiani ad aver indossato in carriera maglia rosa, maglia gialla e maglia rossa . Il 18 ottobre, un bagno di folla aveva ricevuto Fabio nella sua Villacidro per la PedalAru. Il ciclista dell’Astana non si è sottratto alla full immersion tra la sua gente: amici, parenti, ex compagni di scuola ed ex professori. Tra selfie, abbracci, strette di mano e autografi ha accontentato tutti: prima ha pedalato insieme ai bambini nel mini circuito cittadino del centro storico, poi l'abbraccio collettivo con i più grandi, arrivati per lui da tutte le parti della Sardegna. "Sei l'orgoglio di Villacidro, della Sardegna e dell'Italia". Smetterà sei anni più tardi, appena 31enne, chiudendo la sua carriera proprio alla Vuelta. L’ultima volta in cui a bordo strada si è sentito l'urlo, orgoglioso come solo un sardo può fare, “Ajò Fabio!”.

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Claudio Barbieri