Vuelta 2025, il bilancio: Vingegaard vince l'esame di riparazione in... ragioneria

Dell’ultima tappa, alla fine. Ora parliamo di sport. Si dice che la Vuelta, spesso, rappresenti un “esame di riparazione” per i “rimandati” della stagione. In ordine cronologico , è l’ultimo dei tre grandi giri e non è raro che diventi l’occasione di riscatto per i “delusi” del Giro d’Italia e/o del Tour de France. Il 28enne danese trionfa nel segno del 3: le tappe vinte , terzo grande giro conquistato in carriera dopo i due Tour de France del 2022 e 2023. E una suggestione: se vincesse il Giro d’Italia, magari già il prossimo, si fregerebbe della Triplice Corona che ora è appannaggio dei soli mitici 7: Jacques Anquetil, Felice Gimondi, Eddy Merckx, Bernard Hinault, Alberto Contador, Vincenzo Nibali e Chris Froome, anticipando così lo storico rivale Tadej Pogačar. Per ora Jonas ha ribadito che «il Tour è sempre il Tour», l’obiettivo primario della corazzata Visma, ma un pensiero nelle strategie dei “calabroni” potrebbe affacciarsi. Vingegaard ha vinto la Vuelta con un percorso netto, senza intoppi ma privo pure di guizzi spettacolari, vincendo quando e dove doveva, controllando quando serviva, limitando i danni nelle giornate meno brillanti. All’indomani della cronometro di Valladolid , dopo aver perso dieci secondi dal rivale per la classifica generale João Almeida, Jonas fa la volata al traguardo intermedio per racimolarne quattro di abbuono. Poi, nella 20ª e penultima tappa, mette il sigillo sul suo primato negli ultimi 1300 metri della terribile Bola del Mundo, arrivando da solo e rifilando ad Almeida 22 secondi. Pur non in condizioni ottimali – tosse e problemi respiratori – nelle prime due settimane, come confermato dal suo compagno Sepp Kuss, “Vingo” ha gestito, con la sua poderosa squadra, la corsa. Una gara affrontata con spirito da pura ragioneria ciclistica. Badando al sodo. Prima dello squillo sulla Bola del Mundo, il danese aveva vinto la seconda tappa, battendo di un niente a Limone Piemonte il nostro Giulio Ciccone; poi la nona, a Valdezcaray, rifilando 22 secondi a Tom Pidcock e 24 secondi allo stesso Almeida, il portoghese imposto capitano della UAE Emirates-XRG sul “ribelle” spagnolo Juan Ayuso, che ha vinto sì due tappe ma che ha rappresentato un autentico caso nella squadra emiratina. La dirigenza, infatti, ha persino annunciato, in piena corsa, la separazione a fine stagione con il giovane talento spagnolo . La classifica generale, alla fine, sembra quasi una logica conseguenza di differenze di cilindrate, più che di clamorosi attacchi e raffinate strategie tattiche. Nota di merito, oltre che per Pidcock, per Jai Hindley, ottimo quarto , e il 23enne statunitense Matthew Riccitello, quinto a 5’55” e maglia bianca davanti al nostro Pellizzari. Pellizzari, sesto a 7’23” nella generale, l’ha persa sulla Bola del Mundo. Non ancora 22enne , è alla sua prima stagione alla Red Bull-Bora-hansgrohe e a livello World Tour, e la chiude con due sesti posti nei due grandi giri a cui ha partecipato: Giro e Vuelta. Il tutto impreziosito con la sua prima vittoria da professionista, conquistata da corridore vero, serio: 17ª tappa con arrivo in cima all’Alto de El Morredero, e attacco ai -3 km, uno di quelli in cui intuisci subito lo spunto e la classe, la personalità del potenziale campione. Deve esserci rimasto un po’ male, lui, per la maglia bianca e il quinto posto sfumati. Non dobbiamo esserlo noi: il ragazzo si farà, diceva la canzone, e a oggi resta la grande speranza tricolore per le corse di tre settimane. Dipenderà molto anche da come sarà gestito nelle prossime stagioni, Giulio, dalla sua squadra. La Red Bull-Bora-hansgrohe sta mettendo in piedi un team di nomi altisonanti, primo fra tutti l’ingaggio di Remco Evenepoel. Oltre a Pellizzari, per i grandi giri, la squadra ha un altro giovane di grande presente e forse grandissimo futuro, il 24enne tedesco Florian Lipowitz, terzo quest’anno al Tour. Poi c’è lo stesso Hindley, vincitore del Giro d’Italia nel 2022. Dalla sua, Pellizzari ha il fattore-tempo. Possiede grandi doti come classe e cilindrata, e soprattutto sembra avere la testa sulle spalle e le gambe ben salde sui pedali. Il 28 settembre c’è il Mondiale in Ruanda: percorso durissimo, da scalatori veri e puri. La domanda è: chi arriverà dietro Pogačar? Dando per scontato che lo sloveno parta per fare la sua solita corsa, fatta di dominio. Marco Villa, il nuovo Ct azzurro al debutto iridato su strada, può schierare due punte: Ciccone e Pellizzari. Materiale umano per tornare a fare bella figura c’è, poi chissà, sognare non è vietato… L’Italia esulta anche per la vittoria di tappa di Filippo Ganna – la sua terza stagionale, sempre contro il tempo, dopo la crono di Lido di Camaiore alla Tirreno-Adriatico e il Campionato italiano a San Vito al Tagliamento –, nella cronometro di Valladolid, accorciata di circa 14 km per questioni di sicurezza legate alle manifestazioni pro-Pal. Pippo si conferma “Top Ganna”, precedendo di poco meno di un secondo Jay Vine, la maglia a pois della UAE che nei 12,2 km è riuscito a tenere lo stesso ritmo, davvero impressionante, di Filippo, che ha percorso i 4 km finali a oltre i 61 km/h. Un altro italiano atteso era Giulio Ciccone. L’abruzzese, prima della Vuelta, era stato onesto e alla Gazzetta dello Sport aveva anticipato che l’obiettivo minimo sarebbe stato una vittoria di tappa, più delle classifiche . Il successo parziale l’ha sfiorato nella seconda frazione, a Limone Piemonte, preceduto di un niente da Vingegaard. Era la sua più grande occasione e “Cicco” ci ha provato. Poi l’andamento della corsa e la sua posizione in classifica non gli hanno concesso molti altri margini. Ha provato l’impossibile nella penultima tappa, con una lunghissima fuga in compagnia di Mikel Landa, ma ripreso a 3 km dalla cima si è successivamente staccato, pur riuscendo a chiudere in top 10 sulla Bola del Mundo. Festeggia comunque la sua Lidl-Trek, che fa tripletta di classifiche a punti: maglia ciclamino al Giro e due verdi, alla Vuelta con Mads Pedersen e al Tour col nostro Jonathan Milan, alla sua prima Grande Boucle. Specialisti. Della UAE abbiamo accennato. Il caso Ayuso, certo, non ha giovato. Ma forse qualcosa in più per mettere in difficoltà Vingegaard si poteva, quantomeno, tentare. Invece è sembrata prevalere, ancora una volta in casa emiratina, una sorta di ragioneria: arriviamo “attaccati” fino alla penultima tappa e poi vediamo. Qualcuno dice che quando corre Pogačar le corse siano, per la sua manifesta superiorità, più scontate se non più “noiose”. Stavolta, in assenza del fenomeno sloveno, c’era l’occasione per dimostrare il contrario. Mentre al Giro il colpo di scena finale c’è comunque stato, in terra spagnola ha vinto la fredda aritmetica. È un ciclismo tornato a grandi splendori, certo, ma ogni tanto non sarebbe disdicevole che qualcuno provasse a far saltare il banco, anche a rischio di saltare lui. Si entra nei cuori e si genera passione anche così. Altrimenti, non si spiegherebbero fenomeni come il “landismo” e, nel passato, l’amore transnazionale per il “Diablo” Claudio Chiappucci. Infine, una nota di nuda cronaca: la Vuelta del 2025 ha perso gli ultimi 3 km della tappa di Bilbao, neutralizzata per la presenza di manifestanti all’arrivo a Bilbao. Poi, sempre per lo stesso motivo, altri 8 km tagliati nella 16ª, la Poio-Mos. Castro de Herville, vinta da Egan Bernal su Landa nell’arrivo anticipato. La cronometro di Valladolid è stata tagliata di 14 km , non pochi in una prova contro il tempo . Nella penultima tappa, nel tratto tra il penultimo GPM e l’ascesa finale della Bola del Mundo, i manifestanti hanno invaso la carreggiata, il gruppo della maglia rossa è riuscito a passare solo grazie a un “numero” della polizia spagnola, anche se qualche corridore ha rischiato lo stesso di finire a terra. Infine, l’ultima tappa di Madrid cancellata dopo l’invasione dei manifestanti sul percorso, con transenne divelte e strada impraticabile. Impossibile continuare e impossibile anche solo pensare di celebrare i corridori con la cerimonia delle premiazioni. Un pericoloso precedente per uno sport indifeso come il ciclismo. Ma che dà tanta visibilità a qualunque messaggio. Urge una riflessione, prima che altre corse diventino un teatro simile. La Vuelta finisce così, con una cerimonia intima organizzata davanti all'hotel che ospitava le squadre, festeggiamenti tra avversari ma anche colleghi. Applausi per il vincitore Jonas Vingegaard. Il danese non gareggerà al Mondiale, ha deciso però di correre i campionati europei in Belgio. Appuntamento quindi a fine settembre, con l’inedito mondiale africano in Ruanda. Prima del gran finale, al Lombardia, con la quinta e ultima monumento. E “Pogi” che cercherà il pokerissimo riuscito solo al Campionissimo Fausto Coppi, ma neppure a lui consecutivo. Sperando sia solo ciclismo.

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Alberto Pontara