La Gens Iulia alla caccia di un mondiale tra i più duri di sempre

Giulio e… Giulio. Uno è Ciccone, 30 anni, abruzzese di Chieti, l’altro è Pellizzari, 21 anni da San Severino Marche . Le speranze azzurre ai prossimi Mondiali su strada, in Ruanda, sono sulle loro spalle. Gens Iulia, stirpe nobile che speriamo sia di buon auspicio. Ciccone è il capitano designato, ha esperienza e, dote non secondaria, ha raggiunto un grado di maturità/serenità che gli consentirà di svolgere il ruolo di leader al servizio, prima ancora che di sé stesso, della squadra azzurra. Ha vinto, quest’anno, la prima tappa del Tour of the Alps . E, in agosto, al rientro dopo il ritiro per caduta a Nova Gorica al Giro d’Italia, la prestigiosa Clásica di San Sebastián , la tappa non banale di Lagunas de Neila alla Vuelta a Burgos, sfiorato il successo a Limone Piemonte nella seconda frazione della Vuelta a España. Infine, dopo 144 km in fuga, ha chiuso ottavo nella penultima, sull’arrivo terribile e vertiginoso della Bola del Mundo. Il terzo posto al Lombardia dello scorso anno, alle spalle dell’alieno Tadej Pogačar e di Remco Evenepoel, e il secondo nella Liegi-Bastogne-Liegi dello scorso 27 aprile, ancora dietro il fenomeno sloveno, hanno dimostrato che nelle corse di un giorno dal percorso durissimo l’abruzzese può dire la sua almeno per il podio. Pellizzari dalla sua ha invece la gioventù, l’assenza di pressione. E si porta in dote una stagione con il sesto posto in classifica generale sia al Giro sia alla Vuelta, risultati notevoli e impreziositi da un successo di tappa in Spagna sull’Alto de El Morredero, ottenuta con uno spunto da scalatore vero. Sa che la sua strada è appena all’inizio, è consapevole che in una gara come quella di domenica 28 settembre bisognerà gestire le forze e saper sentire cosa ‘dicono’ le gambe, l’unico metro che in fondo conta davvero in una corsa. Zero pressioni quindi, tanto incoraggiamento: noi però possiamo sognare. La piena maturità di Ciccone e la freschezza di Pellizzari: restando alla realtà e senza esagerare con le aspettative, il Ct Marco Villa a Kigali ha materiale umano e atletico per fare almeno bella figura. Con in squadra anche Marco Frigo, Fausto Masnada, Mattia Cattaneo, Lorenzo Fortunato, Andrea Bagioli, Matteo Sobrero, corridori abituati a lavorare duro in salita e a essere utili ai rispettivi capitani ma anche in grado di potersi infilare in eventuali azioni. Il percorso della prova in linea maschile degli élite si annuncia come uno dei più duri di sempre: 267,5 km su un circuito di 15 km e con un dislivello complessivo di 5.475 metri, record assoluto in una rassegna iridata. Si aggiunga inoltre che la corsa sul tracciato di Kigali si svolgerà a un’altitudine tra i 1473 e i 1493 metri. Vedremo se questo Mondiale ruberà lo scettro di più duro di sempre a quello di Sallanches nel 1980, quando a trionfare fu il ‘Tasso’ Bernard Hinault davanti all’azzurro Gianbattista Baronchelli e allo spagnolo Juan Fernández Martín: 7h32’16” il tempo del vincitore, solo 15 arrivati sui 153 partenti. E altri due azzurri in top ten: Miro Panizza e Giovanni Battaglin . Di sicuro oggi il ruolo che a Sallanches fu di Hinault ce l’ha sempre lui, Tadej Pogačar. È difficile intravedere come e chi possa eventualmente metterne anche solo in discussione il dominio. Le uniche variabili possibili sembrano legate alle sue condizioni fisiche o a eventi di corsa imprevedibili. Ma la ‘logica’, i risultati , e soprattutto la sua cilindrata dicono, alla vigilia, che la lotta sarà per le medaglie d’argento e di bronzo. Anche perché Pogačar non dispone solo del suo essere ‘stupor mundi’ ma ha anche una nazionale di tutto rispetto. La corsa degli azzurri, realisticamente, sarà quindi sui primi degli umani dopo ‘Re Taddeo’: Juan Ayuso per la Spagna; Isaac Del Toro per il Messico , che però dispone di una selezione ridotta al minimo; il redivivo Julian Alaphilippe per la Francia, primo al Québec e occhio ai suoi compagni Valentin Paret-Peintre e al 18enne Paul Seixas, fresco trionfatore al Tour de l’Avenir, e Grande Speranza Gialla per il ciclismo d’oltralpe lanciata subito tra i grandi . E poi il sempre combattivo Ben Healy per l’Irlanda. Tom Pidcock per la Gran Bretagna. L’imprevedibile Quinn Simmons per gli Usa. Jai Hindley e Jay Vine per l’Australia . Il colombiano Egan Bernal che qualche segnale di gran ritorno l’ha dato: campione nazionale in linea e a crono a febbraio; la tappa di Mos. Castro de Herville . Tutto da capire invece il Belgio, soprattutto per quanto riguarda obiettivi e velleità di sua maestà Remco Evenepoel, a cui Pogačar ha lanciato già il guanto di sfida decidendo di partecipare anche alla prova a cronometro. Molto, se non tutto, nelle strategie belghe, passa necessariamente dal capitano. Forse abbiamo tralasciato qualche outsider, ma la sostanza è che dietro lo sloveno ci sono tanti corridori forti, magari anche capaci di tirare fuori, su un tracciato del genere, la ‘gara della vita’. Ci aspettiamo comunque spettacolo e battaglia, anche se più delle azioni sarà la durezza del percorso, in tutta probabilità, a fare una terribile selezione, quasi darwiniana. L’ultimo trionfo italiano ai Mondiali resta quello di Alessandro Ballan a Varese 2008, l’ultima medaglia quella di Matteo Trentin, argento nello Yorkshire, dietro il danese Mads Pedersen, ad Harrogate 2019. Chissà se, in Ruanda, un azzurro riuscirà finalmente a togliere le ragnatele dalla bacheca del nostro ciclismo maschile ai Mondiali. Non solo Giulio & Giulio però. Non si parla mai abbastanza delle nostre ragazze, guidate in Ruanda del neo-Ct Marco Velo . Elisa Longo Borghini, Silvia Persico, Barbara Malcotti, Monica Trinca Colonel, Francesca Barale, Eleonora Camilla Gasparrini, Soraya Paladin: queste le convocate per la prova in linea di sabato 27 settembre; 164,6 km con 3676 metri di dislivello non meno duri della prova maschile. E non si parla mai abbastanza di Elisa Longo Borghini, talento immenso ed eterno del ciclismo italiano. Due Giri d’Italia consecutivi , due bronzi olimpici , e tre bronzi mondiali , due Giri delle Fiandre, una Parigi-Roubaix e ci fermiamo solo ai successi principali. Poche discussioni su chi sia la capitana designata delle azzurre. Ed Elisa sa bene, per anagrafe e percorso, che questa è forse la sua ultima grande occasione per indossare quella maglia arcobaleno che sin qui ha solo sfiorato e che forse più meriterebbe per la carriera che si è costruita in tutti questi anni. L’ultimo nostro successo mondiale è quello di un’altra Elisa, Balsamo, a Leuven 2021. Ma a differenza del maschile, il movimento femminile azzurro gode di ottima salute. Lo dimostrano i risultati. E anche la storia recente dei Mondiali: il bronzo in Australia di Silvia Persico a Wollongong 2022 e, lo scorso anno, quello in Svizzera della stessa Longo Borghini a Zurigo. Non sarà al via la bicampionessa uscente, la belga Lotte Kopecky, mentre dovrebbero esserci le fuoriclasse neerlandesi Demi Vollering e Marianne Vos , la polacca Katarzyna Niewiadoma e soprattutto la francese Pauline Ferrand-Prévôt, trionfatrice sia alla Parigi-Roubaix sia al Tour de France . Ma noi abbiamo la Squadra , abbiamo le atlete. Infine, una menzione per Lorenzo Mark Finn. L’azzurro l’anno scorso ha vinto il mondiale juniores, quest’anno si cimenta con gli Under 23. Da tanto tempo all’Italia manca uno specialista delle classiche e Lorenzo, anche in questo senso, rappresenta una prospettiva certificata dai risultati. Al Tour de l’Avenir, mini-Tour de France giovanile di otto tappe, si è piazzato quarto nella generale, a soli 7” dal secondo posto di Jarno Widar e a 47” dal vincitore Seixas. Il ciclismo maschile italiano ha bisogno, come l’aria, di nuovi campioni, di personaggi in grado di farci esultare e di ridare ossigeno all’intero movimento. Anche la prova Under 23, come la élite femminile, sarà di 164,6 km. In squadra con Finn ci saranno Simone Gualdi, Pietro Mattio, e Alessandro Borgo. Infine, pubblichiamo la lista dei convocati azzurri. Lo facciamo anche per sottolineare l’impegno speso dalla Federazione dopo che in un primo momento si era parlato di una partecipazione ridotta – per numero di atleti e staff al seguito – per via dei costi troppo alti di coperture assicurative e soggiorno. Questi mondiali in Ruanda, inediti per l’Africa, e decisi anche per ragioni ‘politiche’ interne alla UCI e legate alle sue dinamiche elettorali, dal punto di vista economico, per le Federazioni nazionali, rappresentano un grosso impegno. Dai trasferimenti alla logistica alle spese di gestione, l’esborso è notevole. Vedremo se i risultati, in termini di sicurezza, spettacolo agonistico e ‘ambiente’ di semplice e puro ciclismo, daranno ragione alla scelta. Una prima volta che comunque va salutata con ben indulgente curiosità e, perlomeno, con il beneficio del dubbio. I convocati azzurri: Strada Uomini: Marco Frigo, Giulio Pellizzari, Fausto Masnada, Mattia Cattaneo, Lorenzo Fortunato, Andre Bagioli, Giulio Ciccone, Matteo Sobrero Strada Uomini U23: Simone Gualdi, Pietro Mattio, Lorenzo Mark Finn, Alessandro Borgo Strada Uomini Junior: Roberto Capello, Giacomo Rosato, Mattia Agostinacchio Strada Donne Elite: Elisa Longo Borghini, Silvia Persico, Barbara Malcotti, Monica Trinca Colonel, Francesca Barale, Eleonora Camilla Gasparrini, Soraya Paladin Strada Donne U23: Eleonora Ciabocco Strada Donne Junior: Giada Silo, Chantal Pegolo, Elena De Laurentiis Cronometro Uomini Elite: Matteo Sobrero, Mattia Cattaneo Cronometro Uomini U23: Lorenzo Mark Finn, Alessandro Borgo Cronometro Uomini Junior: Roberto Capello, Mattia Agostinacchio Cronometro Donne Elite: Soraya Paladin, Monica Trinca Colonel Cronometro Donne U23: Federica Venturelli Cronometro Donne Junior: Chantal Pegolo, Elena De Laurentiis Team Mixed Relay: Federica Venturelli, Monica Trinca Colonel, Soraya Paladin, Marco Frigo, Mattia Cattaneo, Matteo Sobrero

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Alberto Pontara