La paura della salute mentale: Norris, un ragazzo come noi

Sicuramente una delle immagini più forti del weekend in Bahrain è Norris che si indica la testa facendo roteare le dita intorno alla sua faccia con un sorriso nervoso alla domanda “dov’è il problema?” per il risultato sotto le aspettative in qualifica. Lando ha 25 anni e uno status di privilegiato che si è guadagnato con le prestazioni. Durante gli ultimi anni, però, è sempre sotto attacco quando le cose non vanno bene. Una pressione normale per l’ambiente, per il pilota, ma anche difficile da gestire per la persona. Il Norris ragazzo era sempre sembrato estroverso davanti alle telecamere, sui social e nei team radio. Da quando si è alzata l’asticella, sembra essere cambiato. Perché a 25 anni non importa il conto in banca o lo status sociale, si è comunque ancora un ragazzo, con la fragilità che ci si porta addosso. Un’età che nasconde paure, angosce e l’obbligo di essere all’altezza. Chi nella vita ‘comune’, al lavoro, in famiglia, nelle relazioni e chi in pista a oltre 300 km/h. Lando ha iniziato a nascondere le difficoltà dietro sorrisi nervosi, con le labbra che si inarcavano per fingere tranquillità, ma occhi spenti e tristi rispetto ai primi anni di Formula 1. La salute mentale – per fortuna – è stata sdoganata nell’ultimo periodo. È normale preoccuparsene, ma finalmente è normale anche parlarne, aprirsi, sfogarsi e cercare di stare sempre meglio. In una chiacchierata con il suo preparatore John Malvern ha fatto uscire il suo lato umano in purezza. Tradisce nervosismo e sorride abbassando lo sguardo quando sente la parola ‘sconfitta’ e si chiude in sé stesso quando le cose vanno male. Lando ha confidato di impostare il suo comportamento. L’inglese ‘to pretend’ è un verbo che in italiano può essere ‘fingere’, in questo caso dissimulare. Perché il pilota inglese cerca di nascondere il suo stato d’animo all’esterno cercando di mettersi sul volto l’espressione allegra con cui l’abbiamo conosciuto. Ripensa spesso ai momenti negativi dopo weekend di gara non all’altezza delle aspettative, rischiando di andare in overthinking – una parola che non ha una traduzione letterale - cioè pensa e rimugina sulle situazioni fino a rischiare il burnout. Per questo dice di tenersi impegnato, per non andare lì con la mente. Un comportamento comune, nessun potere da supereroe, come si dipingono spesso i piloti di Formula 1, ma un atteggiamento da ragazzo normale che cerca di passare più tempo possibile con la famiglia lontano dalla pista per recuperare il sorriso e andare a giocare a golf con gli amici. Lo scorso anno ha invitato tutti a prendersi cura di sé stessi e di informarsi sempre di più sulla salute mentale, nella giornata mondiale dedicata, perché sentirsi male o non stare bene è perfettamente normale. Anche per persone che sembrano tutto tranne che comuni, come Norris. Lando ha cambiato il suo modo di comunicare. Lo ha fatto durante la scorsa stagione dopo la vittoria di Miami, ma ancor di più dopo quella in Olanda. La possibilità di lottare per il mondiale piloti e quello costruttori – poi vinto – è stata fatta diventare un’ossessione da giornalisti e addetti ai lavori che lo bombardavano, naturalmente, sul tema. Domande in cui Norris ha cercato di seguire un copione dando risposte diplomatiche del tipo “pensiamo gara per gara”, “non c’è niente da festeggiare, sono andato a dormire”. Cercando di impostare, appunto, un mood da duro che difficilmente gli appartiene. E di provocazioni ne riceve tante. Non solo, come detto, durante le interviste o anche nei commenti di ex piloti, spesso molto duri con lui, ma anche dai suoi colleghi. Specialmente da Max Verstappen, suo amico/nemico. Sia in pista che a parole. L’olandese sa che può aver un vantaggio comunicativo arrivando dritto al punto: in un mondo spietato come la Formula 1 si recuperano decimi con ogni mezzo. Anche dopo Suzuka – “con la McLaren sarei arrivato già a Tokio” – Norris lo ha sofferto: “Venisse a guidarla, non sarebbe così felice”. Perché è indubbio che la Papaya sia la miglior macchina in griglia in questo momento e Oscar Piastri non lo nasconde, anzi lo ribadisce sempre. Norris è altalenante. Può sembrar che metta le mani avanti se poi i risultati non arrivano – comunque è in testa al mondiale, non male per ora – ma passa dal criticarla, spiegando quanto sia difficile guidarla e di non sentirsi a suo agio, a elogiarla, per poi dire che è colpa sua quando rende al di sotto delle aspettative. Naturalmente le critiche più aspre e feroci, quelle più cattive, arrivano dai social. Attacchi quotidiani e comuni per tanti ragazzi e ragazzini che devono combattere contro un cyberbullismo ormai più che reale. Lando ha ammesso di soffrirne, ma sta imparando a non dare peso a ciò che legge. Un processo che l’ha anche cambiato nel comunicare, a pesare parole e opinioni. Perché “quando dico qualcosa nelle interviste – spiega Norris – cercano sempre di interpretarla e si creano malintesi”, perciò sta facendo un percorso per pesare da chi arrivano le critiche: “Rispetto le opinioni di persone vicino a me, perché mi conoscono. Cerco di fregarmene degli altri”. Un lavoro che parte da lontano. Lando era diventato un beniamino dei tifosi anche e soprattutto per le sue attività extra pista. Sui social era sempre presente, le gag con Sainz ai tempi compagni in McLaren, le sessioni al sim racing con Leclerc e Verstappen, la rasatura in diretta Twitch e gli scherzi telefonici allo stesso spagnolo. Tutti video di dominio pubblico quando Norris li registrava durante il lockdown per la pandemia. Scenario cambiato un anno più tardi. Lui che era il pilota più social dei social. Tutto è cambiato quando ha sbottato a fine aprile 2021, invitando gli organi competenti a un maggior controllo: “Voglio boicottare i social network. Tutti soffrono per gli attacchi e le compagnie dovrebbero fare di più per contrastarli. Nascondersi dietro una tastiera non è ok. Quando è troppo è troppo”. Un tweet che è stato un saluto in prima persona, quantomeno: “Mi sono distaccato, ora li guardo meno. I miei canali li gestisce un social media editor e scrive come se fossi io”. Una situazione che non è stata più gestibile e che, in un’intervista al programma inglese This Morning, ha denunciato: “Sentivo tutti gli occhi addosso. Pensavo: ‘Se va male? Cosa sarà di me?’. È difficile convivere con il peso di dover dimostrare per forza e in continuazione in un mondo competitivo come questo”. Poi il pensiero che manda in crisi i giovani in tutto il mondo. Nulla di più vero, ricorrente, ansiogeno: “Se non rimanessi in Formula 1? Io non sono così bravo in altre cose nella vita”. Eccola. Quella domanda che prima o poi tutti i ragazzi si fanno, che cercano di sopire dentro si sé ma alla fine viene fuori perché è il classico elefante nella stanza. Non si può ignorare la salute mentale. E dietro al risultato sportivo c’è tanto, troppo altro. Forse più importante. Lando lo ha capito e non ha più paura di dirlo, perché Lando a 25 anni, in fondo, è un ragazzo normale.

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Niccolò Severini