Al Maracanà del motorsport ci si gioca tutto

'Tra i due litiganti il terzo gode': mai massima fu più azzeccata di questa nel caso della diatriba tra Fernando Alonso e Lewis Hamilton nella stagione 2007. Due galletti nel pollaio che Ron Dennis non seppe gestire e che finirono, litigando, soprattutto per annullare un vantaggio incredibile e lasciare proprio all'ultima gara in Brasile la porta aperta a un incredulo Kimi Raikkonen. Dal litigio vero e proprio dell’Ungheria, con conseguente penalizzazione dell’asturiano, agli strascichi continui sia fuori che dentro il mondo di gara, si arrivò al GP del Brasile. Alonso sfoggiò una maglietta provocatoria nei confronti di Ron Dennis nel paddock e venne poi multato perché la portò anche in gara. Hamilton non fece una piega, e si mantenne a distanza del due volte campione del Mondo, protetto dal suo team principal. Raikkonen, imperturbabile a qualsiasi domanda, rispose con il solito “I don’t care” . Insomma, un clima particolarmente 'disteso' e un Mondiale tutto da assegnare, vinto poi da Kimi Raikkonen e dalla Ferrari . Ma il giallo non era ancora stato scritto del tutto e dopo una gara rocambolesca, anche al calare della bandiera a scacchi e a Mondiale assegnato, il tutto era ancora da decidere. Bmw e Williams furono accusate di aver immesso benzina raffreddata all’interno del serbatoio, con conseguente reclamo da parte di McLaren che vedeva la possibilità di riconquistare il titolo, nel caso venissero squalificate le due monoposto sotto accusa. Al che, dopo i festeggiamenti nel box Ferrari, Kimi e il suo fido accompagnatore e tuttofare Gino Rosato, in scooter partirono per l’hotel, dove avrebbero continuato la baldoria. Zainetto in spalla e Gino alla guida, sfoggiavano entrambi pantaloncini corti e una maglietta Ferrari rossa. Li fermai al volo, spiegando loro cosa fosse successo, e Kimi, con un paio di occhiali a specchio di dubbio gusto mi rispose: “I don’t care”, strinse le ginocchia al busto di Rosato e ripartirono. Una classica risposta nel suo stile… Ma il Brasile, si sa, è anche la patria del calcio e lo stadio più iconico risponde al nome di Maracanà. Venne organizzata una partita di calcio proprio al Maracanà con vecchie glorie del Brasile e piloti di F1. Mi trovai coinvolto insieme a Pino Scandinaro, l’operatore Sky della F1. L’emozione solo a entrare in quello stadio fu enorme, figurarsi salire i gradini che portavano al terreno di gioco… Giocai con una serie di campioni che solo a nominarli fanno venire i brividi: Zico, Romario, Junior, Dinamite, Taffarel mentre dall’altra parte scesero in campo Schumacher e Trulli, ma ci dimenticammo di invitare Giancarlo Fisichella, che anche giustamente mise il broncio per tutto il Gran Premio. Tra un tempo e l’altro, tè caldo per tutti nello spogliatoio e vasche in mezzo alla sala per fare l’idromassaggio. Poi di nuovo in campo. Il risultato non me lo ricordo. Ricordo solamente che un pallone lungo finì dietro la panchina vuota del Brasile e a quel punto spuntò la faccia di Ronaldo, reduce dall’ennesimo infortunio. Sorriso leggendario come lo stadio, alzò il braccio e dopo quattro mesi di stop forzato decise proprio in quell'occasione di rimettere piede in campo. Chiaramente con la divisa del Brasile. Chiaramente, fece subito un gol. All’Inter potevano stare tranquilli, il 'Fenomeno' stava rientrando. A fine partita raccontai a lui quanto mi capitò a Monza pochi mesi prima, e lo feci in compagnia di Michael Schumacher, protagonista insieme a me dell’episodio. Ero al primo piano della sala stampa e avevamo deciso di fare un’intervista con 'Schumi', che si presentò in perfetto orario. Si era anche sparsa la voce in quei giorni che sarebbe venuto al GP d’Italia Ronaldo, allora attaccante dell’Inter. I tifosi nel paddock applaudivano e gridavano il nome di Schumacher a gran voce. Improvvisamente, qualcuno iniziò a inneggiare il nome del brasiliano, e la folla lo seguì a gran voce. Schumi mi guardò e iniziò a ridere. Mi prese sottobraccio e mi spinse ad affacciarmi alla balconata, dicendomi “say Hi”, "salutali". Rimasi imbambolato e iniziai a salutarli. La folla andò in delirio, perché da lontano la mia pelata e la mia mole potevano sembrare quelle del Fenomeno . Fu questo l’aneddoto raccontato al Maracana. Ronaldo mi guardò, passò una mano sulla sua testa rasata, poi sulla mia pelata e ci mettemmo tutti a ridere.

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Al Maracanà del motorsport ci si gioca tutto

Biagio Maglienti