Stefanenko: io, ingegnere potevo diventare la Pellegrini...
GossipL'INTERVISTA. Non solo passerelle e tv. Nella vita della modella russa, laureata in ingegneria metallurgica, c'era il nuoto: "Mi alzavo all'alba per allenarmi due volte al giorno. Dovevo partecipare alle Olimpiadi del 1984, ma ho mollato". LA FOTOGALLERY
di Concetta Desando
Chiamatela pure Miss Perfezione. Perché Natasha Stefanenko non è solo la modella tutta gambe e immagine che conosciamo. È una super precisa, e se ritardi di cinque minuti un appuntamento telefonico per un’intervista ti chiama immediatamente esordendo con “Scusi, si è dimenticata di me"? Niente male per una che dovrebbe essere abituata a queste cose.
“Sa, io ho sviluppato il senso del tempo e della precisione con lo sport” continua la modella dagli occhi color cielo e il fisico mozzafiato “perché l’attività fisica non è solo un elisir di bellezza, ma maestra di vita: lo sport è disciplina, competizione, lealtà, senso del tempo e, soprattutto, è il modo migliore per affrontare la vita e dominarla senza paura. Tutta la vita è una grande competizione: ci sono le vittorie per le quali gioire e ci sono le sconfitte dalle quali bisogna rialzarsi e reagire”. Una bella lezione, quella della "giraffona" bionda, che lei stessa ha sperimentato durante i dieci anni di nuoto agonistico praticati in Russia. “Ero una scheggia, mi alzavo alle 5.45 del mattino per andare in piscina e mi allenavo due volte al giorno. Una faticaccia che però mi ha portato ai campionati nazionali. Ero forte, sarei dovuta andare alle Olimpiadi del 1984”. Una Federica Pellegrini made in Russia, che avrebbe coltivato quel talento se le cose fossero andate diversamente.
Ma se era così brava e motivata, perché ha lasciato il nuoto dopo dieci anni di allenamento e di gare?
“Avevo paura. Vivevo in un paesino sconosciuto degli Urali, un posto che non esisteva neanche sulle carte. Allora c’era il socialismo e gli sportivi non erano certo tutelati. Quello che facevano, i risultati raggiunti e i loro successi, erano solo per la gloria. Erano tempi in cui in Russia chi non studiava non valeva niente, nessuno ti avrebbe mai preso in considerazione senza un titolo di studio. E, in fondo, nessuno coltivava progetti o ambizioni. Io mi sono semplicemente chiesta perché massacrare la mia vita continuando con il nuoto per poi rimanere col sedere a terra. E così ho preferito studiare e ho preso una laurea in ingegneria metallurgica, una certezza per il lavoro. Certo, se fossi stata in Italia le cose sarebbero andate diversamente”.
Alexander Popov, lo zar del nuoto, era russo…
“È il mio mito. Sa che nuotavamo insieme? Lo chiamavamo lo squalo. Anche lui si allenava nella mia piscina, e non so dirle quanto sono contenta per i successi che ha ottenuto. Lo stimo molto: lui è uno che ha avuto coraggio. È uscito da quel paese sperduto e ha conquistato il mondo. È davvero un mito”.
Come si è avvicinata al nuoto?
“Perché mi hanno buttata fuori dalla ginnastica artistica! Mi spiego: dai sei ai sette anni, mia madre mi ha convinta a frequentare un corso di ginnastica artistica. Ero bravina, ma c’era un problema: crescevo come un fungo. E un giorno la mia insegnante, davanti a tutti i bambini in fila, mi fece fare un passo in avanti e pronunciò la sentenza: ero troppo alta per la ginnastica, avrei dovuto fare basket o volley. Può immaginare il trauma per una bambina di sette anni! Ancora oggi odio queste discipline perché rivivo quell’esperienza. Così decisi di nuotare: in realtà, la scelta è caduta su questo sport perché lo faceva mia sorella maggiore, più grande di me di quattro anni. Non so perché, ma io ho sempre visto mia sorella come un mito: volevo imitarla perché era più brava di me in tutto. La mamma la faceva nuotare per correggerle un problema di scoliosi, e io invece andavo in piscina perché ci andava lei”.
Poi, però, se ne è innamorata.
“Esatto. L’acqua è il mio habitat naturale, mi rilassa. E, soprattutto, mi proteggeva dal freddo: non avrei mai potuto fare pattinaggio sul ghiaccio o sci, sono così freddolosa! Pensi che faccio ancora fatica ad esaudire il desiderio di mio marito che vuole passare una settimana bianca sulla neve: non ce la faccio, dopo aver trascorso vent’anni della mia vita vedendo solo neve per sette mesi all’anno non ne posso più del freddo”
Che cosa ricorda di quei dieci anni di nuoto?
“Mi svegliavo la mattina all’alba, per essere in piscina alle 6. Quando uscivo di casa era ancora buio, sentivo il profumo della neve fresca e mi divertivo a guardare le impronte lasciate sulla strada. Per fortuna la piscina non era distante da casa mia, quindi non dovevo camminare molto. Mettevo un libro o dei fogli vicino al bordo e iniziavo l’allenamento. Studiavo così, facendo le vasche e memorizzando velocemente le poesie e le formule di matematica. Andare bene a scuola era fondamentale: il nostro allenatore controllava frequentemente il rendimento scolastico, se non era buono eravamo espulsi dalla piscina. Dopo l’allenamento andavo a scuola e poi di nuovo in piscina. Ero capace di farmi dieci chilometri di allenamento al giorno. Passavo tutti i giorni così, tranne la domenica, giorno di riposo in cui però la vasca mi mancava. E, poi, ricordo il contatto con l’acqua: io non usavo la cuffia e tagliavo i capelli corti perché ero convinta che in questo modo non avrei perso velocità”.
La sua specialità?
“Dorso e rana. Non sopportavo il delfino perché faticavo, ma tutto sommato non ero male”.
Ma non era un po’ troppo rigida nell’allenamento?
“Sì, ammetto che l’allenamento due volte al giorno era esagerato. Però mi è servito: dopo aver lasciato il nuoto io ho vissuto per anni di rendita. Prima di avere mia figlia non ho fatto sport per anni e i miei muscoli erano tonici e rispondevano alla perfezione. Ancora oggi mi basta un po’ di movimento alla settimana per tenermi in forma. Non solo. Mi è servito tutto quello che lo sport mi ha insegnato: la competizione nelle gare è stata utile per emergere nel mondo dello spettacolo; con quei fogli lasciati sul bordo della piscina ho imparato a memorizzare in modo talmente veloce che non ho bisogno neanche del gobbo in tv. Io lo dico sempre alle mamme che conosco: fate fare ai vostri figli sport a livello agonistico, ne trarranno benefici per tutta la vita”.
E sua figlia? L’ha avviata allo sport?
“Sì, l’ho portata in piscina fin da piccolissima e ormai è un pesce come me. Il nuoto l’aiuta a crescere con i muscoli allungati e a correggere un po’ di gobbetta dovuta all’altezza. E alla piscina le alterno la danza classica per farle acquisire una postura aggraziata e la danza moderna per farla saltare qua e là. Così quando vai in discoteca ammazzi tutti, le dico sempre. E lei si diverte”.
Ha accennato alla postura aggraziata. Secondo lei, sport e fascino femminile non vanno d’accordo?
“Dipende dallo sport: in alcune discipline, come la pallacanestro, le donne devono stare attente perché i muscoli tendono a gonfiarsi. Anche il nuoto può essere pericoloso in questo senso”.
Federica Pellegrini è il fiore all’occhiello del nuoto italiano. La segue?
“Mi piace molto: lei è la tipica nuotatrice, seria, determinata e sa bene quello che vuole”.
E quando la vede in tv non pensa che lei avrebbe potuto essere una Pellegrini russa?
“La mia storia è diversa. Devo molto al nuoto perché mi ha insegnato ad affrontare la vita con grinta e senza paure, ma non ho rimpianti e amo il mio lavoro. Oggi mi accontento di seguire gli eventi sportivi in tv: io amo tutto lo sport in generale. Sono tifosa dell’Inter, guardo gli incontri di boxe con mio marito e mi piacciono soprattutto gli sport di squadra. Sono molto critica, inoltre: se l’Inter sbaglia guai a loro, ne dico di tutti i colori”!
Nuota ancora?
“D’estate al mare e, a volte, accompagno mia figlia in piscina. Ultimamente, però, ho scoperto un nuovo sport che pratico con mio marito: lo shaolin. È la madre di tutte le arti marziali, un misto tra i movimenti di difesa con il bastone e quelli della danza. È divertente e fa bene alla mente e al fisico”.
Qualcuno dice però che le ricette per vivere meglio e a lungo sono il nuoto e la cioccolata.
“Il nuoto sicuramente, ma la cioccolata no: a me fa venire i brufoli! Meglio sostituirla con un buon bicchiere di vino rosso”!
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“Sa, io ho sviluppato il senso del tempo e della precisione con lo sport” continua la modella dagli occhi color cielo e il fisico mozzafiato “perché l’attività fisica non è solo un elisir di bellezza, ma maestra di vita: lo sport è disciplina, competizione, lealtà, senso del tempo e, soprattutto, è il modo migliore per affrontare la vita e dominarla senza paura. Tutta la vita è una grande competizione: ci sono le vittorie per le quali gioire e ci sono le sconfitte dalle quali bisogna rialzarsi e reagire”. Una bella lezione, quella della "giraffona" bionda, che lei stessa ha sperimentato durante i dieci anni di nuoto agonistico praticati in Russia. “Ero una scheggia, mi alzavo alle 5.45 del mattino per andare in piscina e mi allenavo due volte al giorno. Una faticaccia che però mi ha portato ai campionati nazionali. Ero forte, sarei dovuta andare alle Olimpiadi del 1984”. Una Federica Pellegrini made in Russia, che avrebbe coltivato quel talento se le cose fossero andate diversamente.
Ma se era così brava e motivata, perché ha lasciato il nuoto dopo dieci anni di allenamento e di gare?
“Avevo paura. Vivevo in un paesino sconosciuto degli Urali, un posto che non esisteva neanche sulle carte. Allora c’era il socialismo e gli sportivi non erano certo tutelati. Quello che facevano, i risultati raggiunti e i loro successi, erano solo per la gloria. Erano tempi in cui in Russia chi non studiava non valeva niente, nessuno ti avrebbe mai preso in considerazione senza un titolo di studio. E, in fondo, nessuno coltivava progetti o ambizioni. Io mi sono semplicemente chiesta perché massacrare la mia vita continuando con il nuoto per poi rimanere col sedere a terra. E così ho preferito studiare e ho preso una laurea in ingegneria metallurgica, una certezza per il lavoro. Certo, se fossi stata in Italia le cose sarebbero andate diversamente”.
Alexander Popov, lo zar del nuoto, era russo…
“È il mio mito. Sa che nuotavamo insieme? Lo chiamavamo lo squalo. Anche lui si allenava nella mia piscina, e non so dirle quanto sono contenta per i successi che ha ottenuto. Lo stimo molto: lui è uno che ha avuto coraggio. È uscito da quel paese sperduto e ha conquistato il mondo. È davvero un mito”.
Come si è avvicinata al nuoto?
“Perché mi hanno buttata fuori dalla ginnastica artistica! Mi spiego: dai sei ai sette anni, mia madre mi ha convinta a frequentare un corso di ginnastica artistica. Ero bravina, ma c’era un problema: crescevo come un fungo. E un giorno la mia insegnante, davanti a tutti i bambini in fila, mi fece fare un passo in avanti e pronunciò la sentenza: ero troppo alta per la ginnastica, avrei dovuto fare basket o volley. Può immaginare il trauma per una bambina di sette anni! Ancora oggi odio queste discipline perché rivivo quell’esperienza. Così decisi di nuotare: in realtà, la scelta è caduta su questo sport perché lo faceva mia sorella maggiore, più grande di me di quattro anni. Non so perché, ma io ho sempre visto mia sorella come un mito: volevo imitarla perché era più brava di me in tutto. La mamma la faceva nuotare per correggerle un problema di scoliosi, e io invece andavo in piscina perché ci andava lei”.
Poi, però, se ne è innamorata.
“Esatto. L’acqua è il mio habitat naturale, mi rilassa. E, soprattutto, mi proteggeva dal freddo: non avrei mai potuto fare pattinaggio sul ghiaccio o sci, sono così freddolosa! Pensi che faccio ancora fatica ad esaudire il desiderio di mio marito che vuole passare una settimana bianca sulla neve: non ce la faccio, dopo aver trascorso vent’anni della mia vita vedendo solo neve per sette mesi all’anno non ne posso più del freddo”
Che cosa ricorda di quei dieci anni di nuoto?
“Mi svegliavo la mattina all’alba, per essere in piscina alle 6. Quando uscivo di casa era ancora buio, sentivo il profumo della neve fresca e mi divertivo a guardare le impronte lasciate sulla strada. Per fortuna la piscina non era distante da casa mia, quindi non dovevo camminare molto. Mettevo un libro o dei fogli vicino al bordo e iniziavo l’allenamento. Studiavo così, facendo le vasche e memorizzando velocemente le poesie e le formule di matematica. Andare bene a scuola era fondamentale: il nostro allenatore controllava frequentemente il rendimento scolastico, se non era buono eravamo espulsi dalla piscina. Dopo l’allenamento andavo a scuola e poi di nuovo in piscina. Ero capace di farmi dieci chilometri di allenamento al giorno. Passavo tutti i giorni così, tranne la domenica, giorno di riposo in cui però la vasca mi mancava. E, poi, ricordo il contatto con l’acqua: io non usavo la cuffia e tagliavo i capelli corti perché ero convinta che in questo modo non avrei perso velocità”.
La sua specialità?
“Dorso e rana. Non sopportavo il delfino perché faticavo, ma tutto sommato non ero male”.
Ma non era un po’ troppo rigida nell’allenamento?
“Sì, ammetto che l’allenamento due volte al giorno era esagerato. Però mi è servito: dopo aver lasciato il nuoto io ho vissuto per anni di rendita. Prima di avere mia figlia non ho fatto sport per anni e i miei muscoli erano tonici e rispondevano alla perfezione. Ancora oggi mi basta un po’ di movimento alla settimana per tenermi in forma. Non solo. Mi è servito tutto quello che lo sport mi ha insegnato: la competizione nelle gare è stata utile per emergere nel mondo dello spettacolo; con quei fogli lasciati sul bordo della piscina ho imparato a memorizzare in modo talmente veloce che non ho bisogno neanche del gobbo in tv. Io lo dico sempre alle mamme che conosco: fate fare ai vostri figli sport a livello agonistico, ne trarranno benefici per tutta la vita”.
E sua figlia? L’ha avviata allo sport?
“Sì, l’ho portata in piscina fin da piccolissima e ormai è un pesce come me. Il nuoto l’aiuta a crescere con i muscoli allungati e a correggere un po’ di gobbetta dovuta all’altezza. E alla piscina le alterno la danza classica per farle acquisire una postura aggraziata e la danza moderna per farla saltare qua e là. Così quando vai in discoteca ammazzi tutti, le dico sempre. E lei si diverte”.
Ha accennato alla postura aggraziata. Secondo lei, sport e fascino femminile non vanno d’accordo?
“Dipende dallo sport: in alcune discipline, come la pallacanestro, le donne devono stare attente perché i muscoli tendono a gonfiarsi. Anche il nuoto può essere pericoloso in questo senso”.
Federica Pellegrini è il fiore all’occhiello del nuoto italiano. La segue?
“Mi piace molto: lei è la tipica nuotatrice, seria, determinata e sa bene quello che vuole”.
E quando la vede in tv non pensa che lei avrebbe potuto essere una Pellegrini russa?
“La mia storia è diversa. Devo molto al nuoto perché mi ha insegnato ad affrontare la vita con grinta e senza paure, ma non ho rimpianti e amo il mio lavoro. Oggi mi accontento di seguire gli eventi sportivi in tv: io amo tutto lo sport in generale. Sono tifosa dell’Inter, guardo gli incontri di boxe con mio marito e mi piacciono soprattutto gli sport di squadra. Sono molto critica, inoltre: se l’Inter sbaglia guai a loro, ne dico di tutti i colori”!
Nuota ancora?
“D’estate al mare e, a volte, accompagno mia figlia in piscina. Ultimamente, però, ho scoperto un nuovo sport che pratico con mio marito: lo shaolin. È la madre di tutte le arti marziali, un misto tra i movimenti di difesa con il bastone e quelli della danza. È divertente e fa bene alla mente e al fisico”.
Qualcuno dice però che le ricette per vivere meglio e a lungo sono il nuoto e la cioccolata.
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