Mario, per tutti i diavoli: non eri diventato un santo?

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Mario Balotelli nella stampa digitale su tela "Devil", opera di Flavio Lucchini
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L'INTERVISTA. Flavio Lucchini, guru della moda e dell'arte contemporanea (e milanista) ha raffigurato SuperMario nella tela "Devil", fino al 20 maggio nel suo atelier milanese di via Tortona. "Vorrei regalargliela"
LA GALLERY DELLA MOSTRA "GOLEAD'OR"

di Alfredo Corallo

"Già, Armani. Quando gli disegnai il marchio Giorgio non era certo ricco come oggi. Però fu carino, mi regalò una batteria di pentole...". Flavio Lucchini è un totem della moda: art director delle prime riviste del settore tra gli anni '60 e '70 (Amica e Vogue Italia, per citarne alcune); creatore del mitico Superstudio di via Forcella negli '80 della "Milano da bere"; e dal 2000 deus - con la moglie Gisella Borioli - di uno dei più grandi spazi privati al mondo dedicati ai giovani talenti delle arti contemporanee, il Superstudio Più di via Tortona, che ospita il "Temporary Museum for New Design", evento centrale nella settimana del Fuorisalone (la prossima, peraltro) e suo quartier generale. In mezzo una passione viscerale per la scultura, in tutte le sue forme, non trascurando mai - anzi - le nuove espressioni artistiche da adattare alle continue metamorfosi culturali e di costume. "Mi muovo tra Classicismo e New pop - tanto per intenderci - in un sorta di filo diretto tra Canova e Jeff Koons. Mi interessa il mistero, la magia della moda, divinizzarla e, allo stesso tempo, dissacrarla".

Ecco svelata l'infatuazione per Mario Balotelli, rappresentato come un "moro" indiavolato ("Devil", stampa digitale su tela), protagonista della mostra "Golead'or" nell'UnderGallery dell'artista lombardo fino al 20 maggio. E' qui che ci riceve, impeccabile nella sua mise nera da guru metropolitano sublimata dal candido codino che farebbe invidia anche al più "visionary" dei Karl Lagerfeld. 


Maestro Lucchini, cosa l'ha ispirata di Balotelli?
"Semplicemente il fatto che interpreti un'icona dei nostri giorni, e come tale influenzi e divida l'opinione pubblica. Che, tendenzialmente, lo considera dalla parte del diavolo...".

Beh, proprio un angioletto non è.
"Eppure lo comprendo, quasi mi commuove. E' la proiezione naturale e ideale del modo in cui un giovane dovrebbe trarre il massimo vantaggio dalle proprie qualità, ancor più se cresciuto in un contesto non particolarmente favorevole. Tutti noi avremmo voluto avere le sue doti, indispensabili per raggiungere i vertici o comunque per uscire dall'anonimato. E poi è popolano come me".

E milanista.
"Appunto. Io provengo da un paesino del Mantovano, Curtatone. Ho un'estrazione più di bottegai che d'intellettuali. Per questo adoravo Gattuso, simbolo autentico della tradizione rossonera operaia, quella dei casciavit".

Da gladiatore, così ha raffigurato Rino nel 2009, insieme a Pippo Inzaghi e Paolo Maldini.
"L'idea nasce al Louvre, visitando la sezione della Roma antica. Trovo che i grandi musei debbano esporre questi eroi moderni: mi entusiasma vederli in tivù, nelle foto, vorrei anche godermeli allo stadio, ma è troppo stancante per un uomo di 84 anni... In fondo mettono a rischio la loro incolumità fisica, pensiamo agli stessi Inzaghi e Gattuso, o a Pazzini di recente prima della partita di Barcellona. E non parliamo di Pato...".

Che in un altro quadro dipinge in versione angelica.
"Sì, perché era l'astro nascente, il giocatore che avrebbe potuto dare un contributo 'celestiale' al Milan. Ma è volato via in Brasile...".

C'è un "semidio" che manca alla sua personalissima galleria mitologica?
"Sicuramente Totti, sintesi suprema della romanità, degno figlio di Enea. Chissà...".

Insomma, che non combattano soltanto per la gloria è una sottile sfumatura.
"Soldi, successo... Sono discorsi che non m'interessano. Li trovo simpatici e belli da osservare in azione, quasi quanto Monica Bellucci... Anzi, sa cosa le dico: se Balotelli volesse, ma vale anche per Inzaghi, Maldini e Gattuso, mi piacerebbe regalargli la tela. Sapranno loro poi come ricavarci del bene... L'arte va distribuita, no?".