"Il mio Cobain". Vent'anni dopo la fiamma non si è spenta
GossipRewind-Le due vite di Kurt Cobain è l'ebook di Vera Spadini, giornalista di Sky Sport: racconta l'urlo contro le convenzioni e il conformismo di un mito giovanile. Che decise d'andarsene il 5 aprile 1994. Cosa resta, oggi, di quella stella grunge?
Rewind-Le due vite di Kurt Cobain (CLICCA QUA PER IL DOWNLOAD) è l'ebook per i Corsivi del Corriere della Sera di Vera Spadini, giornalista e volto popolarissimo di Sky Sport. A vent’anni dalla morte, il leader dei Nirvana risorge in una storia che racconta la drammatica scelta di non vivere di un giovane di successo mondiale. Qui l'autrice spiega, allora, chi era il "suo" Cobain
di Vera Spadini
Dorme con gli angeli, canta Neil Young. Forse suona con gli angeli... Perché la musica è stata la sua unica vera passione, la fiamma che lo ha bruciato in fretta: non si è mai spento Kurt Cobain. La sua voce profonda e graffiata è sempre lì a ricordarci che, in fondo, la sofferenza non passa mai di moda. La moda: lui che era l'anti-divo per eccellenza ha inventato uno stile. Look trasandato, camicia a scacchi, jeans distrutti. Lo stile grunge, che tradotto in musica significa un urlo contro la falsità, le convenzioni sociali, l'ingiustizia, l'apparenza ostentata degli anni '80. Una liberazione per chi, come me, è cresciuto negli anni '90: un'insofferenza dolorosa, ma condivisa.
La notizia della della sua morte è stato uno schiaffo in faccia. Quando rivedi Romeo e Giulietta di Shakespeare (che Cobain amava molto) sei sempre un po' triste per l'epilogo, anche se sai benissimo come andrà a finire. La morte di Cobain era annunciata: prima o poi doveva succedere. Non è bastato come consolazione. Ci aveva già provato un mese prima, proprio in Italia, a Roma, a suicidarsi. Scampato pericolo? Macché. In aprile decide di spararsi un colpo di fucile in testa, nella serra della sua villa di Seattle. Un elettricista lo ritrova l'8 aprile, esattamente 20 anni fa, tre giorni dopo la morte.
Quando doveva sentirsi solo Kurt Cobain? È quello che ho cercato di raccontare nel mio libro, andando a scandagliare gli appunti dei suoi Diari, i suoi testi, la sua vita. Non è mai stato felice Kurt: o meglio, lo è stato solo da piccolo, prima del divorzio dei suoi genitori. Si è rifugiato nella musica, e poi nella droga. Per alleviare i dolori di stomaco che lo hanno sempre tormentato, diceva. Ma il suo dolore non era solo nello stomaco.
Il perché di quel gesto, compiuto all'apice del successo che tanto aveva cercato, non lo capiremo mai davvero. Non lo condanniamo, ma ci manca. E allora ho provato semplicemente a regalargli - e regalarci - una nuova esistenza, scevra dai mostri che lui aveva nella testa, rimanendo fedele al ritratto intimistico che emerge dai suoi scritti. Ho voluto per qualche pagina restituirgli i suoi sogni intatti. Partendo dal tentato suicidio dell'hotel Excelsior, ricostruendo gli ultimi giorni della sua vita, quasi a livello giornalistico, per poi azzerare tutto e ricominciare da capo. Rewind. Con la musica si può fare. Con la vita no. Se non in un romanzo.