Quella volta a casa di Barry Sheene

È uno dei ricordi che ritengo più preziosi dei miei decenni al seguito del motomondiale e che racconto sempre con piacere e nostalgia. Siamo a settembre 1981 dopo una gara non titolata disputata a Donington tra i piloti della 500, dove Marco Lucchinelli appena laureatosi Campione del Mondo cadde e telefonò a sua moglie dall’hotel stando in braccio a me che gli tenevo la cornetta perché si era fatto male a piedi e mani. Allora collaboravo anche per Tele Montecarlo, giravamo i servizi in pellicola con una Arriflex 16mm e vista l’occasione ci siamo messi d’accordo con Barry Sheene per andare a fare un servizio a casa sua. Abitava in una splendida villa a sud di Londra, abbastanza vicino all’aeroporto di Gatwick. Era una meraviglia costruita intorno al 900 dove Barry aveva anche il reparto corse e l’eliporto per i suoi trasferimenti a Londra dove atterrava su una struttura galleggiante sul Tamigi. Devo confessare che pensare a Barry mi fa male, perché non c’è più dal 2003 e mi manca moltissimo, dopo Marco Simoncelli è quello che mi manca di più. Perché era intelligente, gentile, simpatico, divertente, aperto, parlava sei lingue, non se la tirava, era fortissimo, aveva amici musicisti e famosissimi, spiritoso, affettuoso, fumava e beveva, rideva, era un personaggio mondiale e mi aveva invitato a mangiare i biscotti fatti dalla mamma nel suo motor-home negli anni in cui lo seguiva anche suo papà Frank col quale mangiavo pollo allo spiedo nella piazzetta di Imatra, in Finlandia. Si era sposato con Stephanie Mc Lean, modella dell’anno per Penthouse inglese. Bellissima, simpatica, che lo ha conosciuto dopo l’incidente del 1975 a Daytona quando Barry si ruppe in mille pezzi, divenne celeberrimo e lei volle fare un servizio con la sua tuta pure lei diventata popolarissima. Insomma con lui spesso c’erano personaggi come James Hunt, Eric Clapton, George Harrison, Lord Hesketh e chissà quanti altri. Non sto qui a dilungarmi su di lui perché altrimenti potrei scrivere l’ennesimo libro: se vi interessa conoscere Barry Sheene le pubblicazioni sono numerosissime, ci sono anche documentari e filmati. Basti ricordare che fu il primo a tenere il numero 7 sulla carena anche da campione del mondo e che aveva quel casco bellissimo con Paperino. Poter andare a casa sua era quindi un sogno, anche se allora questi rapporti li vivevo come normali. Insomma, il giorno dopo quella gara di Donington, io e l’operatore Billy, arriviamo davanti a questo cancello maestoso con due leoni di marmo che spiccavano lì a fare buona guardia. Il parco aveva alberi meravigliosi, i prati erano ovviamente perfetti, la casa e le altre strutture bellissime, tenute da dio. Una volta in casa ci ha fatto visitare tutto, sala, la camera di Lucchinelli , la scala con la collezione di cappellini , poi coppe trofei, medaglie, corone d’alloro, tute, moto. La sua carriera e i suoi 2 mondiali in 500, lì, davanti, intorno. Una gentilezza e disponibilità assolute, fino a lasciarci andare in bagno dove c’era appeso il poster triplo della Steph… Una volta usciti per visitare il reparto corse, l’elicottero e il giardino, siamo passati davanti alla finestra della cucina dove c’era una signora che trafficava. Allora mi ha detto: “Bella signora, vero?”. In effetti era bella, distinta. “È la mamma della Steph, sono contento che sia bella, così anche lei resterà bella”. Il tempo, tra chiacchere in italiano e la visita, è passato molto in fretta e allora ci ha portato in aeroporto a Gatwick con la sua Rolls Royce targata BSR 7, Barry Sheene Racing 7. Mai avuto un autista più figo. Ancora un paio di cose. Barry a Daytona era caduto in sesta piena durante la 200 miglia con la Suzuki e si era rotto in talmente tante ossa che viaggiava con le radiografie perché negli aeroporti sonava l’allarme. Qualche anno dopo la mia visita vendette la casa in Inghilterra perché quel clima umido gli faceva sentire un sacco di dolori e si trasferì nella Gold Coast in Australia. Nel 2002, quando sapeva che non avrebbe avuto più tempo venne al GP di Phillip Island e fece una foto con tutti quelli che conosceva, me compreso. Dopo quel GP non l’ho mai più visto. E mi manca. PS. Barry fa parte della Hall of Fame della MotoGP, ma il suo numero 7 non è mai stato ritirato. Do un suggerimento a Dorna: oltre al 34 di Kevin Schwantz, al 46 di Valentino Rossi, al 58 di Marco Simoncelli, perché non ritirare anche quello del primo pilota in assoluto che si è identificato col suo numero di gara senza utilizzare l’1 spettante al campione del mondo? Quello di un personaggio che ha cambiato il motociclismo quasi quanto Rossi? Già, perché?