L’Indonesia che era

Appena chiuse le casse dopo il secondo GP di Misano, tutti i piloti, manager, tecnici, meccanici e cuochi erano già occupati con le valige per la doppia trasferta Indonesia–Giappone. Un tour de force, con fuso orario differente e poco tempo per adattarsi. Il campionato si ferma poi una settimana prima di correre uno di seguito all’altro i GP di Australia, Thailandia e Malesia prima del gran finale di Valencia, come sempre negli ultimi anni. L’Indonesia è tornata in calendario da poco, nel 2022, dopo ben 24 anni di assenza. Allora, quando ci si è corso, eravamo nello scorso millennio, era il 1996/97. Non si andava a Mandalika come adesso, ma vicino alla capitale Jakarta su un circuito che si chiamava Sentul. Si dormiva nella megalopoli, un luogo dove non riesci a capire come facessero le persone a spostarsi in auto, bus e quei tipici tricicli. Visto dall’alto sembrava una specie di pavimento di parquet, formato da mezzi incastrati uno con l’altro senza una soluzione immaginabile. Invece di notte in giro non c’era più quasi nessuno. Come fosse possibile sciogliere quell’ingorgo pazzesco è uno dei misteri assoluti e irrisolti della mia vita. Con fatica, ma ci si muoveva. A Jakarta Carlo Pernat conosceva - dove mai Carletto non conosce qualcuno? - un ristoratore italiano che ci faceva ottime trenette al pesto, tanto per dire, ed era gentile e simpatico. Da allora in Indonesia è cambiato quasi tutto. La rivoluzione del 1998 ha portato alla fine dell'era del dittatore Suharto. Per quanto visto da noi del motomondiale, diciamo... strameritava. E non parlo delle stragi di massa perpetrate negli anni dal suo governo. Mi limito a raccontare un episodio avvenuto al circuito di Sentul. Era domenica mattina e la gente stava ancora in fila sull’autostrada per riuscire ad entrare, quando Suharto arrivò in elicottero e decise che, una volta entrato lui col suo seguito, si potevano chiudere gli ingressi. Fu così che più di 30.000 persone col biglietto pagato non poterono entrare a vedere il GP. Allucinante! Per la cronaca, nel 1996 vinsero Tokudome in 125, Harada in 250 e Doohan in 500. Nel ’97, invece i primi furono Rossi , Biaggi e Okada . Jakarta era incredibile, immensa, incasinata e divertente di notte. La parte di città sull’acqua era pazzesca già allora, con povertà assoluta, condizioni igieniche insostenibili, ma con quella meravigliosa gentilezza sorridente delle persone che è probabilmente l’aspetto più incredibile e bello del paese. Di notte dicevamo: c’era una discoteca che si chiamava ‘Diskotik Tanamur’ ed era enorme, su tre piani con due bar al piano terra e uno ciascuno negli altri due. Il bello era che il dj lavorava dentro la cabina di un camion appesa ad un muro, sotto c’era la pista che sembrava una strada coi lampioni a illuminare. Più si saliva più si rimpiccioliva e più cambiavano i gusti degli avventori. Un luogo di inclusione totale, divertente e curioso, con buona musica. E ve lo dice uno che le discoteche non le sopporta!!! Ci si era trasferito praticamente tutto il paddock quando si poteva andare a letto tardi. Era un altro mondo, un altro motociclismo, un altro circuito e di sicuro un’altra Indonesia.