La trasformazione di Jorge Martin: ora è un campione che "fa paura"

Fa Paura. Nel gergo di Jorge Martin, quando parla italiano, una bella persona fa paura, una giornata indimenticabile fa paura, essere campione e del mondo è un’emozione che fa paura. A Barcellona nella domenica sera di Martin tutto fa paura. Fa paura è la definizione massima del bello, è l’apice dell’ammirazione. Fa paura è la felicità. Cambiare sembrava impossibile e invece no. Martin fa paura e dimostra che cambiare si può. Vincere il Mondiale con una Ducati che non sia rossa si può. Stai a vedere che la terra non è piatta e piano piano ci toccherà mandare giù anche questa, insieme al fatto che l’uomo sulla luna ci sia andato davvero. Già, perché a molti pareva proprio impossibile che il nuovo campione del mondo della MotoGP Jorge Martin diventasse d’un tratto concreto e costante, essendo lui, dalla nascita, l’apoteosi di una focosità emotiva vistosa e spesso sprecona. Invece, per l’appunto, cambiare si può. Oggi, mentre Martin con 10 punti di vantaggio su Pecco Bagnaia è veramente in cima al suo K2, gli chiediamo di dirci con più sincerità possibile come abbia fatto e cosa ne sia della sua vecchia personalità. Lui, che ha 26 anni e corre in moto, ci risponde profondo come uno che di anni ne ha il doppio: “Vivi il presente. Capitalizza il passato. E avrai il futuro”. Punto. E’ tutta sua, anche se sembra di un filosofo e gli esce di getto. Poi, mentre festeggia il meritatissimo titolo in un box ormai già ad alta gradazione alcolica, dalle sue labbra se ne esce, ridacchiando, anche un berlusconiano “più forti della sfortuna, dell’invidia e… e… la terza non me la ricordo più”. Per inciso, il terzo sostantivo della massima berlusconiana era l’ingiustizia, argomento con il quale Jorge Martin non può proprio dire di aver avuto a che fare, non per gli aspetti sportivi. La risorsa principale di Martin, dopo sé stesso, è stata quella di aver avuto infatti una moto uguale identica a quella del rivale Bagnaia, oltre ai tecnici – dipendenti Ducati – per farla funzionare. Ok, anche Jorge Martin era pagato dalla Ducati, come ha comprensibilmente tenuto a sottolineare il CEO Ducati Claudio Domenicali nel momento in cui ha intuito che Bagnaia poteva pure non vincere. Martin è uno che nei cambiamenti ci è cresciuto. Partito a sei anni con le minimoto, pensava che quel sogno lì di bambino – che si scopriva man mano sempre più talentuoso – non sarebbe finito mai. Fu allora invece che la crisi della finanza mondiale del 2009 frenò anche le disponibilità della sua famiglia verso uno sport tanto costoso come quello della moto. Pensava al futuro Jorge, come è sacrosanto che faccia un bambino in gamba, quando si ritrovò inzuppato in un presente molto più amaro del previsto. Ma aveva avuto da Dio il dono di saper guidare la moto. Fu grazie a quello e a una chiamata colpo di fortuna che ripiombò in sella per rilanciare la sua carriera di ragazzino magico. Tritò presto la rookies Cup, approdò al mondiale Moto3 , transitò per la Moto2 e arrivò finalmente in MotoGP nel 2021 per diventarne Campione del Mondo il 17 novembre 2024. Ecco, in mezzo a questa carriera ci sono vittorie sì, ma anche cadute feroci, ossa rotte male in grande quantità, spaventi indicibili, sofferenze, delusioni, dubbi veri e pure quella testa che non cambiava. Noi dicevamo che quegli slanci fossero il suo bello, convinti che nulla sarebbe cambiato nel suo approccio alle corse, perché se nasci tondo non diventi quadrato. E invece… Al Team Pramac, il primo della storia MotoGP a vincere un titolo piloti senza essere l’emanazione diretta della casa costruttrice, Martin dal 2021 ha trovato per padrone Paolo Campinoti ; ha trovato Francesco Guidotti e poi Gino Borsoi nel ruolo di Team Manager e ha trovato Daniele ‘Radar’ Romagnoli come capotecnico ormai storico, alla testa di una squadra di gente in gamba, preparatissima e umanamente affezionatissima, al team, alla causa, all’obiettivo, al pilota. Di Bagnaia Martin è stato compagno nel 2015 e nel 2016 in Moto3 con la Mahindra del Team Aspar. Con Bagnaia ha condiviso piste, podi, stanze d’albergo, letti persino. In Bagnaia ha sempre trovato il riferimento, il modello, l’ispirazione. Quel Bagnaia lì era sempre un passo avanti, ma c’era. I due si sono reciprocamente affezionati. E’ estremo dire che siano diventati amici, perché personalità e interessi sono differenti, ma sanno stare in pista insieme e con grande stima, ricordandosi di aver percorso la stessa strada, le stesse buche, le stesse discese e le stesse salite. Figli di famiglie di estrazioni diverse, ma ugualissime e saldissime nei princìpi. Jorge e Pecco predestinati, in un certo senso, a misurarsi prima o poi direttamente su regole non scritte, ma condivise dalla formazione. La fotografia di ciò che i due Campioni del Mondo sono ce l’ha offerta la gara malese del 2024 con undici sorpassi nei primi due giri e mezzo. Quella – vinta poi da Bagnaia – è stata una battaglia tosta perché c’era in gioco il ruolo vero del capobranco. In una sfida così è statisticamente quasi impossibile non cadere o non darsi, anche solo per sbaglio, una carenata. Niente di tutto questo. Quella corsa malese vinta da Bagnaia su Martin che sembrava un pazzo per quello che aveva da perdere , li ha consegnati entrambi al finale di Barcellona. Strano, pensando che eravamo abituati a “Martin che prima o poi la butta via”. Sulla piastra di sterzo della Ducati di Martin nel 2024 è apparso un adesivo; è una scritta nera su fondo bianco che dice: ‘focus’. Concentrato. Una parola che è un invito, un consiglio, è il memorandum di un processo sostenuto da Martin per incanalare energia, emozioni e talento, imparando ad evitare distrazioni ed esplosioni. Ha funzionato ed è un esempio per chiunque abbia un talento specifico che faccia a pugni con un’inclinazione a sprecarlo. In sostanza, Jorge Martin, come novità del 2024, ha capito sé stesso e ha capito che la preparazione mentale è uno strumento di lavoro come un altro. Lui che te lo saresti immaginato adatto all’era ruspante degli anni ‘70/’80 in cui i piloti fumavano, bevevano, ingrassavano e dimagrivano come fisarmoniche, facevano tardi la notte, si spaccavano e a volte morivano, è diventato invece a tutti gli effetti un pilota moderno, uno sportivo moderno. Anche a questa dimensione Bagnaia è arrivato prima e anche in questo caso Martin ha inseguito. Ma poi ha sorpassato e vinto. Con il solo talento e la sola velocità naturale non si va da nessuna parte, non più. Sei, o diventi, un campione se integri la tua quota talento con competenze tecniche di dinamica del veicolo e strategie elettroniche, cura dell’alimentazione, preparazione fisica e preparazione mentale. Quelli bravi dicono ‘mindset’, ma ci siamo capiti. La formula è quella citata da Martin: “capitalizza il passato, vivi il presente e avrai il futuro”. Lui che dimenticava il passato, pasticciava nel presente e graffiava il proprio futuro, ha imparato a ribaltare la sequenza. E’ sulle fondamenta di questo approccio nuovo che Martin ha pure convertito una gigantesca incazzatura nella gigantesca forza che lo ha portato a vincere. Mugello 2024: nei giorni precedenti la corsa la Ducati gli ha sostanzialmente comunicato che, comunque vada il Mondiale, finalmente nel 2025 avrà una moto rossa da pilota del team interno. Martin è felice. Ma Marquez non ci sta. Vuole anche lui la moto ufficiale, dice che gliel’avevano promessa, si mette di mezzo, tratta per qualche ora e convince la Ducati a prendere lui lasciando Martin alla Pramac. Non è una doccia gelata per Martin, è di più, molto di più; è un cubo di ghiaccio da una tonnellata che gli casca in testa. Il mondo di Martinator salta tutto in aria e salta pure la Pramac. In un attimo il team decide che nel 2025 andrà con Yamaha e Martin sceglie di mollare Ducati per l’Aprilia. Ma intanto decide pure che alla Ducati è bene far vedere, fino all’ultimo metro, che cavolo si stanno perdendo. Ed eccoci qua, oggi, a valutare in effetti che cavolo si sono persi e che cavolo ha guadagnato l’Aprilia che lo affiancherà a Bezzecchi. Dal Mugello in poi per Ducati ci sono due strade percorribili: sfavorirlo tecnicamente o dimostrare a Martinator e al mondo che se è discutibile e dolorosa la strategia che li ha portati a scegliere Marquez, l’etica del lavoro e la lealtà sportiva andranno tenute vive fino all’ultimo metro di Mondiale percorribile. Per Gigi Dall’Igna, Direttore Generale di Ducati Corse, il tema non si pone nemmeno. Quella valida è la seconda strada: trattiamo tutti alla stessa maniera. E il Mondiale torna nelle mani di Martin e di Bagnaia, di Bagnaia e di Martin, sempre loro due, con qualche inserimento di Marquez e del mitico Enea Bastianini, un altro che raccoglie meno di quel che merita e che finirà per migrare verso KTM. Quanto a numero di vittorie quello di Bagnaia su Martin è un cappotto: undici contro tre nel GP della domenica e sette pari nelle Sprint del sabato. Ma il nuovo Martinator quando non vince si piazza. Sempre o quasi. Non importa che sia sabato o domenica. Lui dal podio di base non ci scende. Bagnaia invece soffre il sabato, perde tempo a varare la mossa tecnica che gli ronza in testa da un po’, fa tre scivolate di cui si rende personalmente responsabile, ha tre scontri di cui invece non si ritiene responsabile per niente e arriva a giocarsi il mondiale a Barcellona in posizione sfavorevole. A Barcellona uno zero di Martin rovescerebbe la situazione, ma non ci spera Pecco, non ci spera nessuno. Non è nemmeno giusto metterlo nel conto dopo una stagione così concreta dello spagnolo che è cambiato. Bagnaia a Barcellona vince tutto quello che c’è da vincere, mentre Martin controlla da vicino. E’ negli ultimi sei giri di gara che Martinator, per sua stessa ammissione, torna bambino e si espone a qualche rischio, quando gli occhi cominciano a colare lacrime miste a sudore, quando la mente si stacca dall’asfalto e vola ai sacrifici fatti dalla sua famiglia, quando il cuore sposta il battito verso Maria, la fidanzata che lo aspetta ai box da Campione del Mondo dopo aver tenuto la mano intrecciata alla sua nei momenti precedenti la partenza fino all’ultimo secondo disponibile. Il ragazzo è davvero diventato un uomo, il pilota è davvero diventato Campione del Mondo, Martin è davvero diventato Martinator, il presente è diventato davvero futuro. Martin ha davvero raggiunto Bagnaia che vince il GP, ma gli passa il titolo e il testimone con signorilità e rispetto intensi come non si sono mai visti prima. Al Parco chiuso Pecco sta in un angolo, così nascosto che ti chiedi il perché e non te lo spieghi. Ha vinto la gara, ok, non è il terzo titolo consecutivo, ma può andare fiero a festeggiare qualcosa anche lui. E invece no. Bagnaia spiegherà: “So cos’è quel momento di gioia che ha provato Jorge. L’ho provato anch’io e ho pensato che fosse giusto non togliergli la scena”. Ma un contatto tra i due c’è. E’ un attimo, un abbraccio fugace. I microfoni sono ovunque e captano tutto. Al momento di quell’abbraccio il nuovo Campione del Mondo dice all’orecchio del Campione del Mondo uscente “Grazie per avermi dato il meglio di te”. Domenica sera. Nel giro di saluti di fine gara vado nel box a congratularmi con Bagnaia, a fargli una carezza immaginandolo sconsolato come può esserlo uno che ci ha creduto fino all’ultimo, ma ha perso. Lo trovo non felice, ovvio, ma comunque sereno mentre è seduto nel suo angolo da corsa circondato da amici. Facciamo due chiacchiere e poi gli dico che vado; vado a fare i complimenti a Martin nel box accanto. Pecco mi dice che a Martin vuole davvero bene e che se vado di là devo dirgli, di nuovo, da parte sua, che è stato davvero bravo. Il box di Martin è una bolgia festosa che si fa sentire a chilometri. C’è gente che urla, gente che salta, gente che piange e gente che beve. Martin sale in piedi sulla sua moto ferma e da lì si tuffa nel più classico degli stage diving, sorretto da mille mani amiche. Quando atterra mi trova davanti mentre apro le braccia e gli urlo “Grande Martinator! Sei campione del mondo!”. Martin ha un solo modo di rispondere a tutti. Urla TIO ! Poi mi abbraccia, puzzolente di champagne misto a pelle della tuta e profumato di vittoria “Mi dice Pecco di dirti un’altra volta che sei stato bravo”. La risposta di Jorge Martin, straordinario Campione del Mondo 2024, uomo cresciuto e pilota cambiato, è istintiva e fulminea: “Pecco fa paura”.