Una Ducati a metà

Disarmonie, scazzi o fastidi di convivenza tra Marquez e Bagnaia fino a qui non se ne sono visti. Zero al quoto. Van via insieme come due professionisti attrezzati di rispetto reciproco. Marquez non è più un ragazzino focoso e Bagnaia nasce come uomo refrattario ai condizionamenti, che tende a razionalizzare e a non farsi menate preventive. Non serve giudicare una storia prima di averla vissuta. Quindi - prima verità - nel box rosso il clima tra i due è eccellente. Fatevene una ragione. Ma - seconda verità - nel logorio della vita moderna con cui Ducati ha avviato la sua stagione in MotoGP effettivamente giocano tematiche umane, sportive e tecniche che il potenziale per segnare la stagione ce l’hanno eccome. Il progetto a metà Marquez sta da dio, in sella e fisicamente, ed è nella condizione ideale per vincere tutto quello che c’è da vincere, proprio come faceva il se stesso dei tempi migliori. Bagnaia soffre e dopo due test e due gare, non ne è ancora saltato fuori. La faccenda genera scorno a lui e ai suoi tifosi ed entusiasmo a quelli di Marquez, mentre a tutti sarebbe il caso di ricordare – terza verità – che abbiamo visto quattro gare sì, ma che ne restano da correre altre quaranta. Quindi, calma con i giudizi definitivi. Gli unici che devono davvero avere sensibilità e un po’ di fretta sull’argomento sono gli uomini della Ducati, che l’investimento sul dream team l’hanno fatto con l’obiettivo di spaccare il mondo e non per essere contenti a metà. Hanno ingaggiato Marquez e generato, affiancandolo a Bagnaia, un’operazione di marketing imponente con obiettivi industriali raggiungibili solo se il progetto funzionerà in toto. Il progetto che funziona comporta che nel più breve tempo possibile anche Bagnaia torni a guidare come prima. Bagnaia non può cadere Sapevamo già che le tre gare iniziali del 2025 - Thailandia, Argentina e Texas - fossero anche statisticamente favorevoli a Marquez e sapevamo che Bagnaia avrebbe dovuto correre un po’ in difesa, per fare secondo magari, ma sicuro e comodo sulla sua Desmosedici. Invece Pecco sembra a tratti contratto, insicuro nella guida quando si tratta di forzare, un po’ in cerca dei suoi storici punti di forza. La moto si muove in curva, soprattutto nei curvoni e non ha la solita feroce staccata con controllo della moto a freno in mano fino a centro curva. Non può assolutamente permettersi di cadere ed è una fregatura che si fa sentire ancora di più quando non sei a tuo agio in sella e il confine tra stare in piedi e buttarla per terra diventa più sottile. La paura di cadere e perdere punti gli passerà nel momento in cui individuerà il click tecnico che lo renderà di nuovo più libero, nella testa e nella guida, di essere il Bagnaia campione che abbiamo ampiamente conosciuto e apprezzato; il Bagnaia che anche all’inizio del 2024 aveva fatto fatica prima di rimettere ordine e partire poi con uno di quei rimontoni a cui sembra ciclicamente destinato. È uno che ci mette un po’ a carburare, resiste alle depressioni, poi parte che quasi non lo fermi più. Di solito. Ma nel frattempo questo Marquez qui che abbiamo visto potrebbe aver raggiunto quota stratosfera. Ecco. Occhio. La 2024, ipotesi sensata per il 63 Alla fine dell’Argentina Bagnaia si è lasciato scappare che potrebbe “anche pensare di tornare alla versione 2024”. Quella moto, che adesso usano Alex Marquez e Morbidelli, era davvero il suo oggetto perfetto, la sintesi tra le sue esperienze e le riflessioni degli ingegneri Ducati. In questo momento la 2024, come hanno dimostrato proprio Alex Marquez e Morbidelli in Argentina, è ancora la moto migliore in circolazione, la più equilibrata. Marc Marquez, che con la 2025 ha vinto tutto fino a qui, è proprio un caso a parte: ha il suo enorme dono di natura, dà tutto di sé, prende rischi, è felice, viene dalla 2023 che era più ostica ed è entrato in una dimensione di rinascita che mette il turbo a un pilota già forte a livelli da leggenda. Lo sapevamo già. Non è la prima volta in cui la stagione inizia con la moto vecchia migliore della nuova. I progetti per crescere hanno bisogno di scelte condivise, affinamenti in corsa, conoscenze che vengono con i chilometri, passi avanti e a volte pure passi indietro che in questo caso non sarebbero nemmeno tanto difficili: la 2025 è solo una piccola variazione della 2024 . Che in questa piccola variazione ci sia qualcosa che disturba la guida dell’italiano? È di dominio pubblico che a Jerez Ducati porterà una nuova edizione del telaio; per quel che ne sappiamo potrebbe pure essere l’uovo di colombo che renda felici e perfetti entrambi e che faccia della moto 2024 una vera 2025. Insomma, potrebbe essere che Bagnaia e il suo team sappiano dove toccare per riuscire a giocare con Marquez. Innamoramento e amore Il baricentro della gestione a cui è chiamata Ducati non sono quindi i litigi - inesistenti - tra due compagni che si scornano in pista, ma le soluzioni per metterli in grado di rendere al meglio e il trattamento umano e tecnico per sostenere quello che dei due in questo momento ha più bisogno. Fino a prova contraria in Ducati lo sanno. Dall’Igna è certamente innamorato perso di Marquez, ma lo è anche di Bagnaia perché insieme hanno vinto, moltissimo, e hanno anche perso, in un clima di stima e collaborazione totali. Non è un caso che alla fine della gara Argentina Dall’Igna sia apparso al microfono di Sky distante dall’immagine felice che ti aspetti da uno che sta raccogliendo a piene mani i frutti della propria scelta più discussa. Più che stanco per una gara stressante vissuta dal box, ci è sembrato scarico ai limiti del mogio. Come se avesse un tarlo. Oppure come se del suo cuore diviso in due metà mostrasse solo quella dispiaciuta: quella che pensa a Bagnaia e ai tre decimi al giro che incassava. Certo, a qualunque ingegnere un pilota che vince progredendo piace di più rispetto a uno che lo fa tornando indietro, ma Dall’Igna sa di dover mettere nel conto qualunque soluzione. Nessun complotto. Trattamento pari Ha sempre garantito che Ducati è in grado di reggere anche l’eventualità di due strade tecniche divergenti e sa perfettamente che i test dell’inverno in termini di lavoro e sperimentazione sono stati più pesanti per Bagnaia che per Marquez. Bagnaia si è beccato insomma l’onere di quello che conosce la moto meglio di chiunque, ma anche l’onore e il privilegio di scegliere secondo le proprie esigenze. Può essere che su qualcosa abbia sbagliato o abbia sposato qualcosa che facesse stare meglio Marquez, oppure che più semplicemente ci fossero veramente molte scelte da affrontare con il rischio – per lui e il suo team - di fare un po’ di confusione. Ma toglietevi per favore dalla testa tutte quelle teorie del complotto di cui si sono animati i social. Come può, la stessa Ducati che lo scorso anno lasciò per principio i due rivali per il titolo ad armi pari, danneggiare volontariamente Bagnaia a vantaggio di Marquez o addirittura dei Marquez in coppia? È assurdo anche solo accarezzare l’ipotesi. Un inverno più duro del solito Peraltro, quest’inverno è stato speciale per tutti i costruttori alle prese con scelte che dovranno durare due anni, il 2025 e il 2026, il che significa essere chiamati a pensare di più, a progettare di più e a sperimentare di più. La Ducati ha il vantaggio di essere almeno di una generazione tecnica più avanti degli altri e rimarrebbe comunque il riferimento anche se non stravolgesse il proprio mezzo. Più che guardare a Bagnaia con aria compassionevole, più che gettargli addosso croci che non merita, più che urlare contro Marquez perché fa alla grande quello che sa fare, più che prendersela con la Ducati per motivi vari e avariati, serve concedere ancora un po’ di pazienza perché la sfida si animi come speriamo tutti. Più piloti competitivi ci sono più ci divertiremo, che tanto alla fine vince sempre e comunque il migliore.

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Guido Meda