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NBA, 15 anni fa i 30.000 punti di Michael Jordan

NBA

Mauro Bevacqua

Il tiro libero che ha permesso a MJ di raggiungere quota 30.000 punti (Foto Getty)

Il 4 gennaio 2002, alla partita numero 960 della sua carriera, Michael Jordan diventava il quarto giocatore della storia NBA a raggiungere quota 30.000 punti dopo Jabbar, Karl Malone e Chamberlain. Riviviamo quel momento

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Sembrava che il tempo si fosse fermato. Michael Jordan veniva da due prestazioni straordinarie per chiudere l’anno: 51 punti con 21/38 al tiro contro Charlotte il 29 dicembre e altri 45 con 10 rimbalzi e 7 assist contro i New Jersey Nets due sere dopo. Botti capaci di rubare l’attenzione del pubblico americano perfino dalla famosa mirror ball che a Times Square scende dal cielo e straccia definitivamente l’ultima pagina del calendario. Poi, quattro sere dopo, ecco la prima gara del nuovo anno di MJ, e quella sensazione che il tempo si fosse cristallizzato ancora lì, perché in campo le maglie rosse con fregi neri e il toro sui pantaloncini erano le solite di sempre, così come il suo numero 23. Solo che c’era qualcosa di strano: i Bulls erano gli avversari di serata, e il 23 sulla maglia era di color blu, sotto una scritta ondeggiante che diceva Wizards. Perché no, il tempo non si era fermato, l’anno appena iniziato era il 2002 e Michael Jordan — che da lì a una quarantina di giorni avrebbe compiuto 39 anni — da un paio di mesi soltanto aveva iniziato la sua “terza” carriera NBA, quella con la squadra della Capitale, dopo i due ritiri in maglia Bulls. 

Due liberi, 30.000 punti — La gara contro Chicago — la sua Chicago — era la prima contro la franchigia che a Jordan doveva tutto, sei titoli NBA e una fama planetaria. Non poteva essere una partita come un’altra, e infatti non lo fu. Il 4 gennaio 2002, esattamente 15 anni fa, entra di diritto tra le date da ricordare della carriera inimitabile dell’ex alunno di North Carolina. In campo nonostante una fastidiosa sinusite, coi suoi in vantaggio 43-31 nel secondo quarto, Jordan riceve sulla linea di fondo un lungo passaggio da centrocampo, attacca immediatamente il ferro e viene fermato fallosamente da Ron Artest (sì, al tempo si chiamava ancora Ron Artest). Il 23 va in lunetta per due liberi, entrambi necessari per entrare nella storia: il primo lo porta a 29.999 punti segnati in carriera, il secondo gli fa toccare la fatidica quota 30.000. È solamente il quarto giocatore nella storia della lega a riuscirci, dopo Kareem Abdul-Jabbar, Karl Malone e Wilt Chamberlain, e il più veloce a farlo dopo quest’ultimo (gli ci sono volute 960 partite contro le 941 di Wilt). L’MCI Center gli tributa un’ovazione senza fine, alla prima pausa di gioco — altri due liberi lucrati, per andare ancora in lunetta — MJ concede solo un brevissimo sorriso, alza una mano per ringraziare e poi ne mette altri due: business as usual. Finirà la serata con 29 punti, 7 rimbalzi e 3 assist, ma soprattuto guidando i suoi alla vittoria, 89-83, contro la sua ex squadra.

Il (secondo) ritorno — Eppure c’era stata da sopportare più di una critica, al momento del suo (ennesimo) ritorno in campo. La prima gara fu il 30 ottobre 2011, gli Wizards ospiti dei New York Knicks. Il quotidiano della Capitale - quello che in teoria avrebbe dovuto abbracciare esultante il messia col n°23 - quel nuovo esordio lo aveva raccontato così: “Doveva essere la serata magica di Michael Jordan, un ritorno di mitiche proporzioni per la star più luminosa che il gioco abbia mai avuto, alla sua prima vera partita in tre stagioni. Con il Madison Square Garden come palcoscenico e New York a fare da sfondo, tutto era pronto perché l’uomo più atteso catturasse l’attenzione. Tutto, tranne il suo A-game”. No, certo, il suo A-game — il Jordan dei tempi migliori — magari non c’era ancora (anche comprensibile, a 38 anni suonati e dopo un sabbatico così lungo), ma comunque abbastanza per chiudere quella prima recita con 19 punti, 6 assist, 5 rimbalzi e 4 recuperi, nonostante il 7/21 dal campo e l’errore che avrebbe potuto pareggiare la gara nel finale, vinta invece dai Knicks 93-91. Sarebbe stato sufficiente aspettare l’uscita successiva — due sere dopo ad Atlanta — per cronometrare nuovamente Jordan sopra i 30 punti (31 e vittoria sugli Hawks) e solo a novembre si sarebbero contati altri sei trentelli, compresi 44 punti rifilati agli Utah Jazz.

Bilancio storico — Michael Jordan chiuderà la sua carriera al termine della stagione successiva con 32.292 punti, che oggi gli valgono il quarto posto nella graduatoria all-time dei marcatori NBA, davanti a Wilt Chamberlain ma dietro a Kobe Bryant, che il 5 dicembre 2012 è poi diventato il quinto giocatore a infrangere quota 30.000 in una vittoria contro gli Hornets, ironicamente — come Jordan — contro il suo passato (fu Charlotte infatti a sceglierlo al Draft prima di cederlo ai Lakers) e con lo stesso bottino personale di serata, 29 punti. MJ in maglia Wizards ha finito per disputare 142 partite, festeggiando in campo i suoi 40 anni e chiudendo l’avventura nella Capitale con 21.2 punti, 4.4 assist di media e una manciata di emozioni in più da aggiungere a una carriera inimitabile: una — la sera dei 30.000 punti — andata in scena proprio 15 anni fa.