Dopo aver battuto San Antonio, i Mavericks battono anche i campioni in carica privi di Kevin Love. Barnes e Matthews vanno sopra quota 20, ma sono i 19 punti del rookie Yogi Ferrell a spezzare la maledizione James
Giusto una settimana fa LeBron James si era lanciato in una lunga invettiva contro la dirigenza, esprimendo con veemenza e una buona dose di parolacce tutto il suo disappunto per la situazione della squadra. Solo che lo aveva fatto chiamando a sé ai cronisti storici dei Cavs, mentre davanti alle telecamere si era limitato a esprimere un concetto semplice quanto puntuale: “È stato un 2017 di m…”. Ebbene, con la sconfitta di stanotte sul campo dei Dallas Mavericks, c’è anche un record storico a sottolineare quanto sia iniziato male il nuovo anno: era dalla terza stagione di James in NBA (la 2005-06) che una sua squadra non chiudeva un mese da almeno 10 partite disputate con un record negativo. Cosa che è capitata in questo gennaio, in cui i Cavs hanno vinto sette volte a fronte di otto sconfitte — una in più di quelle raccolte in tutto l’anno dai Golden State Warriors, che mai come oggi appaiono lontanissimi.
Maledizione spezzata — C’è un’altra tradizione che si è interrotta stanotte: dalla sconfitta nelle Finali del 2011, LeBron James aveva sempre vinto nella sua visita annuale ai Dallas Mavericks, e quattro volte su cinque con scarto in doppia cifra. Una maledizione che i Mavs sono riusciti a spezzare grazie alle grandi prove di Harrison Barnes (24 punti con 11 rimbalzi) e Wes Matthews (21), a cui si è aggiunto il sorprendente Yogi Ferrell, alla seconda partita di un contratto da 10 giorni e richiamato in fretta e furia per partire in quintetto al posto dell’infortunato Deron Williams. Il rookie ha chiuso con il suo massimo in carriera da 19 punti, permettendo ai Mavs di vincere per la prima volta la seconda partita di un back-to-back, per di più avendo battuto la sera prima un’altra contender come i San Antonio Spurs (contro cui non vincevano all’AT&T Center dal 2010).
Dominio senza scossoni — La cosa ancora migliore è che ci sono riusciti senza mai rischiare troppo, con i Cavs che hanno perso il vantaggio di 8 punti costruito nel primo quarto già all’inizio del secondo senza mai rimettere la testa avanti. Dallas ha toccato la doppia cifra di vantaggio nell’ultimo periodo e ha costretto Tyronn Lue a gettare la spugna togliendo sia LeBron che Kyrie Irving risparmiando loro gli ultimi 5 minuti di gara. Le due stelle dei Cavs hanno chiuso rispettivamente con 23+9+9 per James e 18+5+5 per Irving, ma con solamente un punto combinato nell’ultimo quarto a fronte di 4 errori al tiro (2/14 dall’arco nella partita) e 5 palle perse (17 di squadra alla fine). “È stata una di quelle partite in cui loro sono andati più forte di noi. Hanno attaccato meglio il ferro e hanno corso molto più di noi” il commento stringato di coach Lue sulla settima sconfitta nelle ultime undici gare. Cleveland ha dovuto fare a meno di Kevin Love, la cui risonanza magnetica alla schiena ha dato esito confortante ma che rimarrà fuori almeno per la prossima partita contro Minnesota.
Obiettivo ottavo posto? — Proprio assieme ai T’Wolves, i Mavericks sono la squadra più in forma tra quelle attualmente fuori dai primi otto posti che valgono i playoff, avendo vinto sette delle ultime dieci partite, con l’ottavo posto occupato dai Denver Nuggets distante solo quattro gare. Dallas è attesa a quattro partite consecutive contro squadre dal record perdente come Philadelphia in casa (anche se i Sixers sono nel miglior momento degli ultimi quattro anni) e due sfide con i diretti concorrenti di Portland inframmezzate dalla trasferta a Denver per recuperare velocemente terreno nei confronti di Danilo Gallinari e soci. Se i ragazzi di coach Rick Carlisle vogliono dare un senso a questa stagione, è arrivato il momento di mostrare di che pasta sono fatti. E l’allenatore ha una sua idea a riguardo: “Non trovo un modo più preciso di dirlo: siamo una squadra di m…a, ma siamo una squadra di m…a sottovalutata”.