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NBA, tutto pronto per il ritorno di Durant a OKC

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Il primo ritorno da avversario di Kevin Durant a Oklahoma City è una delle partite più attese dell'intera stagione NBA. La sua sfida nella sfida con Russell Westbrook promette di incendiare la Chesapeake Arena

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L’11 agosto scorso, alla pubblicazione del calendario NBA per la stagione 2016-17, la domanda sulla bocca di tutti era una soltanto: quand’è in calendario il primo ritorno di Kevin Durant nell’Oklahoma? Risposta: l’11 febbraio 2017 — e ora quel giorno è arrivato. I Golden State Warriors e il loro n°35 sono attesi nella notte alla Chesapeake Arena, dopo che le prime due sfide tra Warriors e Thunder sono andate in scena a Oakland, con due vittorie dei californiani. Due partite che hanno attirato i riflettori di tutta America proprio per vedere la reazione di Durant a trovarsi di fronte i suoi ex compagni. Il primo responso depone a favore del MVP NBA 2014: 79 punti in due partite (39 la prima, 40 la seconda), con un irreale 70% dal campo, un ancora più pazzesco 66.7% da tre punti (12/18) e l’84.6% dalla lunetta: “Ricordo che il primo quarto della prima gara è stato difficile, per l’ovvia emozione e per l’attenzione che sentivo attorno a me [se n’è accorto solo lui, mentre le cifre raccontano di un parziale chiuso con 5/7 al tiro e 13 punti, ndr]”. Attorno a sé, però, in entrambe le occasioni, Durant aveva il pubblico adorante della Oracle Arena, mentre tutt’altro che dalla sua parte si schiererà quello della Chesapeake Arena, dove il costo medio per trovare un biglietto per la gara della notte si aggira al momento sui 405$, ennesimo segnale della pazzesca attenzione che la sfida Thunder-Warriors genera in città.

Tensioni — Attenzione così elevata che il business manager di Kevin Durant, Rich Kleiman, ha scelto di cautelarsi assumendo per il ritorno a Oklahoma City misure speciali di sicurezza per proteggere il proprio assistito, che vedrà triplicarsi il numero degli agenti di guardia in trasferta al suo fianco. Una decisione anche saggia, forse, mentre meno lo è stata quella di affidare a Twitter lo scorso 18 gennaio — appena terminata la seconda sfida tra Warriors e Thunder — un messaggio da molti letto come troppo arrogante: “40 spot!!”, i 9 dei 140 caratteri scelti da Kleiman per commentare il quarantello messo a segno dal suo cliente contro gli ex compagni. E a chi, sempre sui social, gli faceva notare che la musica sarebbe stata diversa in Oklahoma, Kleiman aveva risposto con un secondo tweet ancora più bellicoso: “50”. Se la previsione sia giusta, non resta che aspettare la gara della notte per capirlo. 

Ci eravamo tanto amati (forse) — Da capire resta anche quel che rimane del rapporto — una volta definito “brotherhood”, da veri fratelli — tra Kevin Durant e Russell Westbrook. In settimana Durant ha fatto riferimento a tutte le (presunte) polemiche tra i due ex compagni come “fake drama”, un dramma cioè totalmente inventato dai media a uso e consumo delle proprie esigenze. Della stessa opinione mamma Wanda, la tifosa numero uno della superstar degli Warriors e una delle persone ovviamente più informate dei suoi reali sentimenti: “A me ha detto che lui a Russ vorrà sempre bene, che resteranno sempre come fratelli, per tutta la vita”. Un’opinione forse non precisamente ricambiata dal n°0 dei Thunder, che pur nel tentativo di evitare polemiche dirette verso il suo ex compagno, dal momento dell’addio a oggi non ha mancato di scoccare qualche velenosa frecciatina. La prima arrivata il giorno stesso dell’annuncio di Kevin Durant, in data 4 luglio, con l’orami celebre articolo pubblicato sul sito The Players Tribune dal titolo My next chapter, con cui Durant apriva un nuovo capitolo della sua carriera e della sua vita. La risposta di Westbrook, sul suo account Instagram, un augurio solo apparentemente innocente rivolto ai suoi tifosi: “Happy 4th you’ll”, accompagnato dalla foto di alcune cupcakes per festeggiare la Dichiarazione d’Indipendenza americana. Innocenza però svelata quando è stato fatto trapelare l’abitudine di Kendrick Perkins — compagno di Westbrook e Durant a OKC — di apostrofare proprio “cupcake” i giocatori soft, morbidi, senza grande carattere. Solo la prima di una serie di velate provocazioni — come il presentarsi al palazzetto per la prima sfida contro gli Warriors indossando una pettorina da fotografo ufficiale, la stessa con la quale Durant aveva seguito da bordocampo il Superbowl NFL 2016, confessando la sua passione per la fotografia — di cui Westbrook si è reso protagonista in questi mesi, non ultimo un accenno a una presunta “fuga” in uno spot pubblicitario girato Brand Jordan. Di tutt’altra fattura le dichiarazioni degli ultimi giorni, improntate a un comprensibile understatement: “Una partita come le altre, dobbiamo scendere in campo e dare il massimo come sempre. Come si comporteranno i tifosi? Non mi importa, né in un senso né in un altro”, le parole di Westbrook, pronto comunque a riconoscere “tutto quello che Kevin ha fatto per Oklahoma City e per la nostra squadra” in passato. 

Parola a Durant — Lui, il diretto interessato, non si è sottratto al ruolo di main attaction in avvicinamento alla partita, concedendosi ai microfoni e alle telecamere di ESPN per una lunga intervista. “Ovvio che a Oklahoma City ho tantissimi ricordi, sarà sempre una parte di me finché vivrò. Ma so anche altrettano ovviamente che la gente non verrà al palazzo per fare il tifo per me questa volta, so che l'ambiente non sarà amichevole nei miei confronti. Mi vedono come un loro figlio, sono arrivato in città che avevo 19 anni e lì sono cresciuto. Ma ora tutto questo è storia e io sto vivendo un nuovo capitolo della mia vita”. Che oggi lo porta a disputare una partita, inutile nasconderlo, diversa dalle altre. Lo scenario ideale per Kevin Durant per la serata? “Vincere”, la sua semplicissima risposta. Perché in fondo è tutto quel che conta.