Una prestazione opaca per LeBron James, per una volta anche lui impreciso e poco incisivo quando più contava in gara-3 contro Boston. Errori che alcuni tifosi non sembrano perdonargli: il numero 23 non sembra potersi permettere il lusso di sbagliare
Anche le macchine più infallibili e meglio rodate, ogni tanto, fanno cilecca. Succede nella scienza, nella meccanica e maggior ragione nello sport, dove alle volte tendiamo a dimenticare la dimensione umana di giocatori e atleti che sfiorano spesso e volentieri la perfezione. LeBron James, dominatore assoluto nei primi dieci episodi che lo hanno visto protagonista in questi playoff che fino a qualche ora fa avevano il sapore di una passerella trionfale, ha sbagliato la partita, giocando male e segnando 11 punti totali - soltanto tre dei quali arrivati dopo l’intervallo, quando i suoi Cavaliers avevano più bisogno di lui vista la furiosa rimonta con cui Boston stava risalendo la china dopo essere sprofondata sul -21. I campioni NBA attendevano l’arrivo del loro supereroe di fiducia, ma per una volta il numero 23 non è riuscito a recitare il solito copione, mettendo a referto così la sesta partita in carriera con meno di 15 punti. “Un sacrilegio” per i nostalgici, pronti a rinfacciare che il loro Michael Jordan non ha mai chiuso un match in post-season con meno di 15 punti, ma miopi di fronte all’eccezionalità di tutto il resto delle partite giocate da James. Talmente forte di solito da rendere più rumorosa una caduta che, analizzata a mente fredda, pesa il giusto (ossia poco) sulla cavalcata che porta alla settima Finals consecutiva.
Il battibecco a fine gara: “Tu cosa hai fatto nella vita?”
I precedenti si contano sulle dita di una mano - e infatti tutti li ricordano: il 2/18 contro Boston nel 2008; la gara-5 sempre contro i Celtics nel 2010; il fallimento di gara-4 contro Dallas nel 2011, in cui non riuscì ad andare oltre gli otto punti e a portare a casa un titolo che a quel punto sembrava maledetto. Da quel giorno però, sono cambiate tante cose, a partire dalla consapevolezza e controllo dei propri mezzi, che permettono a James di essere chirurgico nell’approccio alla gara e sempre sotto controllo. Una tranquillità evidentemente incrinata nel post partita, in cui LeBron ha mostrato innaturali segni di cedimento rispetto alle critiche ricevute da chi stava a bordo campo. Mentre infilava il tunnel per andare a presiedere alle interviste di rito, un tifoso si è avvicinato urlandogli contro che aveva fatto una pessima partita. ‘Hai segnato soltanto 11 punti’, la versione edulcorata delle sue parole. James a quel punto ha fatto marcia indietro, puntando proprio verso il disturbatore e chiedendogli di ripetere quanto aveva detto: ‘Solo 11 punti, una vergogna’. A quel punto il numero 23 con fare molto infastidito gli ha chiesto cosa avesse mai fatto lui nella vita, sentendosi rispondere dal ragazzo che lui era un giocatore di un piccolo college dell’Ohio, prima di essere allontanato e scortato dalla security del palazzo negli spogliatoi. Una situazione paradossale, molto triste per un atleta che sembra non potersi mai concedere il lusso di sbagliare neanche una volta, nonostante le oltre 100 partite che ogni stagione si ritrova a disputare. “Ho l’impressione che ci siano domande soltanto quando perdiamo”, ha commentato rattristato a fine partita. Se c’era un modo per rimettere benzina in quel motore, era di certo questo.