Speciale NBA 2017-2018: Washington Wizards, la continuità paga?
NBATante conferme e pochissime novità, soprattutto in uscita dalla panchina: la squadra della capitale riparte dai suoi Big Three, ma può pensare di fare più strada dello scorso anno?
Ne “Il Gattopardo”, il classico scritto da Giuseppe Tomasi di Lampedusa, la frase rimasta impressa nell’immaginario collettivo come simbolo dell’immobilismo rappresentato da una nobile famiglia siciliana durante lo sbarco di Garibaldi e dei Mille è quella pronunciata da Tancredi Falconeri, il protagonista del romanzo: “Tutto deve cambiare perché tutto resti come prima”. A Washington invece sembrano aver deciso di adottare l’ideale diametralmente opposto: “Non cambiare nulla, affinché tutto venga rivoluzionato”. Dopo la miglior stagione per numero di vittorie in regular season degli ultimi 40 anni della franchigia, gli Wizards sono naufragati in gara-7 della semifinale di Conference contro i Boston Celtics; l’asticella divenuta insormontabile in tre delle ultime quattro stagioni (nel 2015-16 invece nella capitale sono rimasti del tutto senza playoff). La conferma da cinque anni e soprattutto da 106 milioni di dollari di Otto Porter ha poi bloccato ogni possibilità di manovra salariale, che non sono riusciti così a rinforzare una panchina che resta il punto debole di una squadra che può contare su un enorme vantaggio competitivo rispetto ad altre avversarie in giro per la Lega (e non per merito, ma per semplice casualità geografica): quello di giocare nella Eastern Conference, uscita più che indebolita da una off-season che ha portato i vari Jimmy Butler, Carmelo Anthony, Paul George e Paul Millsap a scegliere di migrare verso la costa Ovest, lasciando così certamente più indebolite le varie Chicago, Indiana, New York e Atlanta non soltanto a livello di talento a disposizione, ma soprattutto per competere per un posto ai playoff. Gli Wizards hanno quindi guadagnato non poco margine rispetto alla grande maggioranza delle dirette rivali più che altro per l'impoverimento generale intorno a loro; un gap diventato più ampio nei confronti di tutte, tranne che rispetto ai Boston Celtics, i rivoluzionati e acerrimi nemici del Massachusetts che con Kyrie Irving e Gordon Hayward puntano a diventare la prima forza a Est. Un controsenso importante per chi vuole provare a migliorare quanto di buono fatto negli ultimi dodici mesi: per riuscirci bisognerà chiedere gli straordinari ai soliti John Wall e Bradley Beal, basterà?
RECORD 2016-17: 49-33 (1^ nella Southeast Division, 4^ nella Eastern Conference, 9^ nella NBA)
PLAYOFF: eliminati in semifinale di Conference
(4-2 contro gli Atlanta Hawks | 3-4 contro i Boston Celtics)
OVER/UNDER 2017-18: 47.5
Roster
JOHN WALL | Jodie Meeks, Tim Frazier
BRADLEY BEAL | Kelly Oubre Jr., Tomas Satoransky, Sheldon McClellan
OTTO PORTER | Chris McCullough, Mike Young, Devin Robinson
MARKIEFF MORRIS | Mike Scott, Daniel Ochefu
MARCIN GORTAT | Ian Mahinmi, Jason Smith
Allenatore: Scott Brooks
GM: Ernie Grunfeld
Tre domande per raccontare la prossima stagione
Problema panchina: come porre rimedio?
L’unica partenza degna di nota in estate è stata quella di Bojan Bogdanovic, chiamato a stagione in corso assieme a Brandon Jennings (anche lui ha fatto le valigie, direzione Cina) per provare a garantire un supporto a livello di punti e impatto in uscita dalla panchina e che in realtà non è mai arrivato. Quanto prodotto dal quintetto messo in campo da Scott Brooks infatti è stato puntualmente dilapidato da chi ne prendeva il posto in scampoli di partita che via via diventavano sempre più brevi. Alla fine è stato inevitabile per Wall e compagni ritrovarsi in affanno al termine di una serie da sette partite contro Boston, in cui a fare la differenza è stata anche la brillantezza e le potenziali alternative; basti pensare ai 26 punti di Kelly Olynyk in gara-7, dodici dei quali decisivi nel travolgere una Washington che complessivamente di squadra ne mise a referto soltanto dieci negli ultimi dodici minuti di gioco. Quanto fatto sul mercato non ha cambiato le carte in tavola: Ian Mahinmi, Kelly Oubre Jr. e Jason Smith con l’aggiunta di Jodie Meeks e Tim Frazier sembrano davvero essere troppo poco per pensare quanto meno di preservare la produzione dei cinque titolari. Mischiare le carte e chiedere a qualcuno di loro (Beal? Porter?) di partire dalla panchina per poi chiudere il match sul parquet potrebbe essere un’ipotesi per provare a porre un freno alla caduta libera di inizio secondo e quarto quarto.
Con il roster immutato, si può pensare di ottenere risultati migliori dello scorso anno?
Migliorare sembra essere diventata una piacevole abitudine in casa Wizards: mai come nei primi mesi del 2017 infatti i ragazzi di coach Scott Brooks sono apparsi finalmente pronti ed equipaggiati per provare ad andare oltre l’ostacolo semifinali di conference, grazie soprattutto all’apporto di un quintetto che è riuscito a crescere all’unisono, andando con ognuno dei cinque componenti ben aldilà di ogni più rosea aspettativa della vigilia. Wall, Beal e Otto Porter hanno chiuso la regular season ai massimi in carriera alla voce punti realizzati, oltre ad aver ritoccato al rialzo tutte le percentuali dal campo (basti pensare al 43.4% con i piedi oltre l’arco di Porter che nei tre anni precedenti non era mai andato oltre il 36%). Una produzione e una continuità tutta da confermare nei prossimi mesi, al netto del fatto che anche a livello di infortuni l’ultima annata è stata più che fortunata. Perdere uno degli uomini chiavi (ipotesi non peregrina considerando i trascorsi di Beal, ad esempio) per qualche settimana potrebbe essere un problema complesso da arginare in regular season (vedi infortunio di Markieff Morris che lo terrà fuori un mese), ma da evitare in tutti i modi quando il pallone inizierà a pesare sempre più.
Wall-Porter-Beal: i prossimi cinque anni della franchigia sono già segnati?
Sì, ma sarebbe assurdo rinunciare a un’opportunità del genere. A livello salariale tenere tutti e tre rinnovandone i contratti ha limitato ancora di più il margine di manovra (Washington è già ampliamente oltre la soglia della tassa di lusso), ma lasciarsi sfuggire di mano uno dei talenti a disposizione (senza la certezza di poter rimpiazzarlo al meglio) sarebbe stata una mossa azzardata. Dopo il tentativo fallito per Kevin Durant della scorsa estate, la consapevolezza era chiaramente quella che convincere un free agent sarebbe stata un’operazione semi-impossibile per una squadra dall’appeal NBA limitato come gli Wizards. Essersi costruiti dei talenti di primo livello in casa è quindi la carta migliore da giocarsi; una scommessa che al momento vale una semifinale di Conference. Domani chissà.
Obiettivi
Arrivare alle semifinali di Conference potrebbe diventare una piacevole delusione, ma almeno per il momento Cleveland e Boston restano le naturali favorite per puntare a un posto alle Finals. Se LeBron però decidesse nel 2018 di fare le valigie verso Ovest, la strada potrebbe magicamente diventare più agevole da percorrere.