I Pacers hanno dato un posto in squadra all'ex giocatore dei Sonics, Philadelphia ha ingaggiato in G-League il rookie dell'anno del 2005, mentre Perkins ha rifiutato un posto nello staff dei Cavaliers per continuare a restare sul parquet: per tutti, nonostante l'età, sembra esserci ancora spazio
Nella stagione che sta per iniziare piena zeppa di novità a livello di roster, di stelle con una nuova maglia e con tanti giovani e promettenti rookie in rampa di lancio, c’è spazio in realtà anche per alcuni veterani finiti nel dimenticatoio, richiamati per motivi diversi a tornare in sella dopo qualche tempo (più o meno lungo) di inattività. È delle ultime ore infatti la notizia che gli Indiana Pacers, per porre rimedio all’assenza per almeno due mesi di Glenn Robinson III, hanno deciso di offrire uno dei 15 posti a disposizione nel roster a Damien Wilkins, 37enne e fuori dalla NBA dal 2013. Il miglior schiacciatore dell’ultimo All-Star Game infatti è stato costretto a dare forfait dopo il problema al legamento della caviglia sinistra che gli ha dato fastidio durante tutta la preseason, operato nei giorni scorsi e assente come minimo fino a metà dicembre. Lo storico giocatore dei Sonics, che può vantare più di 300 presenze con la squadra di Seattle (prima di peregrinare nelle ultime quattro stagioni trascorse nella Lega), si è conquistato il posto dimostrando il suo valore in preseason: nei 76 minuti in campo ha chiuso con +18 di plus/minus e con un convincente 50% dal campo e 41% da tre (sì, non un grande indizio in effetti). Un giocatore da oltre 10.000 minuti trascorsi sul parquet in NBA, nonostante non abbia mai messo a referto cifre clamorose (mai più di 9 punti di media a partita). “Adoro i giocatori come lui – ha sottolineato Kevin Pritchard -. Avevamo Rasual Butler tre anni fa, un giocatore che mi ricordava molto lui: un veterano, in grado di calmare gli animi e tenere in mano il polso dello spogliatoio, capace di placare le acque. E poi certo, per me è più che in forma per giocare”.
Okafor in G-League e Perkins rifiuta il ruolo da coach
Dopo quattro anni d’assenza, ecco dunque di nuovo Wilkins, passato per Philadelphia nella sua ultima tappa prima del lungo stop. Quei 76ers che hanno deciso, sorprendendo un po’ tutti, di mettere sotto contratto Emeka Okafor con la squadra di G-League, puntando magari a rimetterlo in sesto per lanciarlo nuovamente in NBA. La seconda scelta assoluta al Draft del 2004, diventato poi rookie dell’anno prima di iniziare la sua travagliata carriera costellata da infortuni, non disputa una partita di regular season NBA dal 15 aprile 2013 e non ha convinto a pieno i 76ers in questi primi giorni, ritornato sul parquet dopo che qualche mese fa gli è stato finalmente dato l’ok da parte dei medici. La sua presenza nei Delaware 87ers tuttavia non lo vincola alla squadra della Pennsylvania, mettendolo così a disposizione di tutte le squadre: un’occasione per dimostrare di poter essere ancora utile in squadre che vanno alla ricerca di centimetri ed esperienza. Discorso simile per Kendrick Perkins, corteggiato da LeBron James già prima del training camp e fortemente voluto proprio dal numero 23 durante tutta la fase di preseason. L’ex giocatore di Thunder e Celtics infatti era ritornato a pieno regime dopo un anno di inattività, ma secondo quanto trapelato a pesare (in tutti i sensi) è stato il pessimo stato di forma con cui è arrivato agli allenamenti. I Cavaliers però, costretti a tagliarlo per fare spazio in un roster in cui sono saltati anche Jefferson e Felder, gli avevano proposto un ruolo nel coaching staff della squadra, lanciando quindi in maniera indiretta un monito: “Perché non pensi al ritiro?”. Un messaggio respinto al mittente da parte di Perkins, convinto di voler ancora giocare e alla ricerca di una squadra che gli offra un contratto. In questa NBA in fondo, sembra davvero esserci posto per tutti.