Tanti nomi noti tra quelli che non ce l'hanno fatta a superare gli ultimi tagli: da Kris Humphries (Philadelphia) a Beno Udrih (Detroit), da Marshall Plumlee (L.A. Clippers) a Gerald Green, fatto fuori dai quei Milwaukee Bucks che hanno invece accolto in squadra l'ultimo taglio dei Miami Heat, DeAndre Liggins. E il figlio di John Stockton...
A circa 24 ore dall’inizio della stagione, arriva per qualche giocatore il momento più duro e delicato, quando il proprio nome deve resistere agli ultimi tagli effettuati dalle 30 squadre NBA prima del via del campionato, seguiti dalla comunicazione ufficiale alla lega del proprio roster definitivo. Un roster che da quest’anno si allunga a 17 giocatori (invece dei 15 previsti fino alla scorsa stagione), perché comprende i due two-way player che ogni squadra NBA può mettere sotto contratto per un totale al massimo di 45 giorni e destinare nel resto del tempo alla propria affiliata di G League. Così, per esempio, i movimenti in uscita da Cleveland – Richard Jefferson e Kay Felder – hanno portato Atlanta a tagliare entrambi i giocatori ricevuti dai Cavs, che non figurano infatti nel roster definitivo presentato dagli Hawks agli uffici della lega. Se Jefferson si è accordato con i Denver Nuggets, anche Felder non è rimasto a lungo senza squadra, trovando casa a Chicago con i Bulls.
Bye-bye NBA, Beno Udrih
Tra i nomi noti per cui la data del 16 ottobre non verrà ricordata con estremo piacere anche quello di una vecchia conoscenza del nostro campionato, visto in maglia Olimpia Milano: Beno Udrih, infatti, dopo 13 anni di NBA tra San Antonio Spurs e Detroit (alpha e omega della sua avventura USA) è stato rilasciato dai Pistons, non senza registrare però le parole dispiaciute di coach Stan Van Gundy: “Un taglio dettato da motivi economici, ma odio dover perdere un ragazzo come Beno”.
I tagli di Los Angeles
Altri nomi noti che hanno visto momentaneamente interrompersi il loro sogno NBA sono quelli in uscita da L.A.: tra i tagli dei Lakers una vecchia conoscenza locale (tre anni a UCLA dopo una stagione da freshman spesa in maglia North Carolina) come il lungo Travis Wear, che dopo l’annata in maglia Knicks non ha convinto la dirigenza gialloviola a concedergli un posto a roster. Stesso discorso anche per Vander Blue, nonostante prestazioni più che positive in summer league, e Briante Weber, giocatore che in due stagioni NBA (e solo 27 partite) ha già indossato quattro maglie (Miami, Memphis, Golden State e Charlotte) ma che non potrà aggiungere quella gialloviola dei Lakers alla collezione. Sulla sponda opposta, in casa Clippers, nonostante le ultime ottime uscite di prestagione, i tagli finali hanno colpito Tyrone Wallace e un nome noto come Marshall Plumlee, protagonista di 21 gare a New York lo scorso anno. Anche a Memphis sono rimasti fuori dal roster due nomi di un certo risalto: Wade Baldwin IV (17^ scelta assoluta al Draft solo due anni fa) e Rade Zagorac, un altro prodotto del Draft 2016 arrivato ai Grizzlies via scambio.
I movimenti di Milwaukee e Minnesota
Da registrare anche le mosse dei Bucks, che hanno tagliato un ex campione alla gara delle schiacciate come Gerald Green (Boston come prima e ultima tappa della sua carriera) e hanno invece accolto nel proprio roster a 15 DeAndre Liggins, tagliato poche ore prima dai Miami Heat. Nel Minnesota, invece, poco rispetto per nomi con un certo pedigree NCAA come Amile Jefferson (150 partite a Duke) e Melo Trimble (a Maryland): entrambi non ce l’hanno fatta a guadagnarsi un posto agli ordini di coach Thibodeau.
Quelli del Draft 2004
Tra i giocatori tagliati in extremis spicca il nome di Semaj Christon (visto anche in Italia, a Pesaro) che dopo essersi guadagnato la scorsa stagione un posto in rotazione a OKC come primo cambio di Russell Westbrook (per lui 15 minuti a sera e 64 presenze, ma anche percentuali sotto il 35% dal campo e il 20% da tre punti) ha visto i Thunder dargli il benservito, insieme anche ad Isaiah Canaan. Nomi eccellenti anche quelli lasciati per strada da Philadelphia: la seconda scelta assoluta al Draft 2004 Emeka Okafor (che ha annunciato la firma per i Delaware 87ers, l’affiliata G League dei Philadelphia 76ers) e un lungo veterano come Kris Humphries, scelto 13 posizioni dopo Okafor in quello stesso Draft.
Non basta chiamarsi Stockton
Quel cognome dev’essere stato un pesante fardello da portarsi sulle spalle, per David Stockton. Il figlio del più grande passatore della storia NBA era stato protagonista di un’ottima gara di prestagione in maglia Kings contro Golden State (23 punti e 8 assist) ma né quello né il nome altisonante lo hanno salvato dal taglio di Sacramento. L’ultima apparizione NBA di Donald Sloan invece (prima di un’annata trascorsa in Cina) lo aveva visto protagonista di 33 partenze in quintetto (e 61 apparizioni) in maglia Brooklyn Nets, dopo un biennio passato a Indiana. La sua volontà di resuscitare la sua carriera in the League si è pero infranta contro l’ultimo taglio degli Warriors, che gli hanno preferito Carrick Felix a occupare l’ultimo buco disponibile nel roster.