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NBA, OKC, qualcosa non va: il problema è il crollo della difesa nei finali di gara

NBA

Stefano Salerno

Il rendimento difensivo dei Thunder in questo primo mese è stato migliore di quanto pronosticabile alla vigilia. L’incapacità di proteggere il ferro quando più conta però, è anche il tallone d’Achille di una squadra che non riesce mai a conservare il vantaggio accumulato e a vincere una sfida nel finale

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Come cantava Mina 42 anni fa, raccontando della sua relazione con un uomo che non riusciva a lasciarsi alle spalle, molto spesso la cosa più importante è finire. Una logica che, traslata nel mondo dello sport e sui parquet NBA, mantiene la stessa efficacia, a maggior ragione quando c’è da portare a casa la vittoria. Ai Thunder invece nel momento clou sembra sempre mancare qualcosa. Mettere assieme una grande quantità di talento non sempre porta i risultati sperati, soprattutto nel giro di poche settimane e coach Donovan non aveva di certo la pretesa di assemblare una corazzata in meno di due mesi. Le prime 18 partite della stagione di OKC, però, sono state sotto molti aspetti sorprendenti, in controtendenza con quanto pronosticato alla vigilia della regular season: all’attacco esplosivo coadiuvato da una difesa zoppicante e limitata messi in preventivo, ha fatto seguito in realtà lo scenario esattamente opposto. La protezione del ferro nei 48 minuti di OKC è stata uno dei punti di forza della squadra, mentre l’attacco al momento non è riuscito ad andare oltre la mediocrità del 19° posto (103.3). Con tutto quel ben di Dio sembra un paradosso, ma su quella che è di gran lunga la squadra che gioca il maggior numero di isolamenti nella Lega (il 13.5% delle conclusioni), a pesare come un macigno sono le percentuali realizzative dei singoli interpreti. Al momento in casa Thunder in molti sembrano aver smarrito la via del canestro, a partire dai nuovi arrivati Patrick Patterson e Carmelo Anthony, entrambi ai minimi in carriera per percentuale realizzativa dal campo. Il numero 7 sta viaggiando con il 42.1%, raccogliendo la miseria (per i suoi standard) di 20 punti – calo giustificabile soltanto in parte con la riduzione delle conclusioni tentate. Chi invece doveva giovare dei nuovi arrivi era Westbrook, libero dalle asfissianti attenzioni che le difese avversarie gli dedicavano lo scorso anno. In questa stagione, con due All-Star al suo fianco, lo spazio sarebbe aumentato, così come la qualità dei suoi tiri. A guardare i risultati, però, le considerazioni non trovano il riscontro atteso: il 39.8% al tiro è il suo peggior dato in carriera, paragonabile soltanto a quanto fatto nella sua stagione da rookie, in cui il jumper dalla media gli garantiva comunque un accettabile 35%. Il 29% di questo primo mese di regular season invece è l’ennesimo campanello d’allarme di una squadra costretta per forza di cose a confrontarsi con tanti problemi.

Il crollo della difesa nei momenti decisivi

Nulla di drammatico comunque, soprattutto se confrontato con il preoccupante crollo della difesa con il trascorrere dei minuti sul cronometro. Scomporre il dato della resa nella propria metà campo dei Thunder infatti è la chiave per capire il perché il record di vittorie e sconfitte raccolto in questo inizio di stagione non rispecchia in realtà quello che i dati lascerebbero immaginare. OKC infatti ha il quinto miglior Net Rating NBA, ma soltanto il 18° miglior record: il motivo? La totale incapacità di performare a livello difensivo quando nei finali di match un canestro subito in più o in meno può fare la differenza. Quella dei Thunder è la miglior difesa di tutta la NBA nel primo quarto (85.3 di Def Rating), la terza nel secondo quarto (98.6), la sedicesima nella terza frazione (102.4) e la ventunesima nel quarto (e spesso decisivo) periodo (108.8). Un crollo verticale e inesorabile che diventa drammatico nei minuti finali quando il risultato è ancora tutto da decidere. Nei 37 minuti clutch giocati da OKC in questa regular season (gli ultimi cinque minuti delle gare in cui sul tabellone c’è una distanza uguale o inferiore ai cinque punti), la difesa dei Thunder è di gran lunga la peggiore con i suoi 138.7 punti concessi su 100 possessi. In sostanza gli avversari fanno sempre canestro, sempre. E a causa di questo OKC ha incassato nove sconfitte con otto o meno punti di scarto, uscendo sempre battuta in partite del genere. “Ad essere onesti, è soprattutto colpa mia”, ha raccontato ai cronisti Steven Adams dopo l’ennesimo ko arrivato in volata, provando in parte a scaricare la pressione dalle spalle dei tre compagni più blasonati, ma le motivazioni non sembrano essere riconducibili soltanto a un singolo. I Thunder polverizzano così spesso e volentieri il vantaggio accumulato a inizio partita e sono costretti nei finali a dover inseguire e vincere nuovamente delle partite che sembravano essere già diventate un successo garantito.

La questione Andre Roberson

Le motivazioni di un andamento così negativo e marcato non sono facilmente definibili, ma sono in parte riconducibili al fatto che spegnere e accendere a proprio piacimento la spia dell’attenzione e della concentrazione non è sempre scontato. Anzi. A questo poi si aggiunge un’altra chiave di lettura: la presenza sul parquet di Andre Roberson, il miglior per rendimento difensivo di squadra (98.1 di Def Rating). Lui e George infatti compongono la coppia migliore di tutta la NBA a livello difensivo ad aver trascorso almeno 300 minuti insieme sul parquet; due dei pilastri di una squadra che sporca più di tutte le altre i possessi avversari, leader per deviazioni e capacità di giocare sulle linee di passaggio. Nei quarti periodi però, la presenza di Roberson diventa un problema non da poco, a causa della sua incapacità di rappresentare un’opzione credibile in attacco. Il numero 21 non fa letteralmente mai canestro e per gli avversari giocare cinque contro quattro in difesa è un vantaggio enorme. Il teorico giocatore che sulla carta dovrebbe marcare Roberson infatti, diventa una sorta di libero in grado di raddoppiare contro chiunque abbia il pallone in maglia Thunder, disinteressandosi totalmente del proprio uomo. Il 29% dall’arco e il 30% dalla lunetta messe a referto dal numero 21 sono delle scommesse già vinte per qualsiasi difesa e costringono OKC a dover rinunciare al suo contributo difensivo pur di spaziare un minimo l'attacco nei frangenti decisivi di gara. Roberson resta così meno di quattro minuti di media in campo nei quarti quarti delle partite perse dai Thunder, che tuttavia però affossano così una difesa già in affanno. Sulla carta avere in squadra giocatori del talento di Westbrook, Anthony e George dovrebbe garantire la possibilità di portare a casa il successo quando la palla inizia a pesare un po' di più, con o senza Roberson sul parquet. Magari la soluzione potrebbe proprio essere quella: riproporlo sul parquet e pensare di stringere meglio qualche vite nella propria metà campo. Nel calcio infatti la miglior difesa è l'attacco; nel basket decisamente no.