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NBA, dal tiro alla difesa: l'inizio di carriera altalenante di Lonzo Ball

NBA

Nicolò Ciuppani

Le prime 20 partite in NBA di Lonzo Ball sono state una continua altalena di alti e bassi: dal tiro assurdo ai problemi ad attaccare una difesa schierata, scopriamo in cosa è andato bene e cosa dovrà migliorare il rookie dei Los Angeles Lakers

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Lonzo Ball era finito nel radar degli osservatori NBA da molto prima della sua unica stagione universitaria a UCLA, ma è solo dopo quella che è diventato universalmente riconosciuto come uno dei giocatori più unici e polarizzanti a sbarcare nella lega. Se si parla di Lonzo Ball limitandosi esclusivamente al solo contributo sul terreno di gioco, esiste una dicotomia tra i lampi accecanti e le ombre scurissime che delineano il suo profilo, che restituisce un giocatore con movenze e pensiero cestistico differenti rispetto al resto del pianeta.

Dopo 20 partite disputate in carriera tra i professionisti, però, possiamo iniziare a tracciare un primissimo bilancio di come alcune delle sue caratteristiche siano traslate in NBA — alcune uscendone ridimensionate, altre amplificate e altre ancora totalmente inesplorate, affacciandosi in superficie solo adesso. Lonzo si presentava all’esordio come un ibrido unico nel suo genere, e nel primo quarto della sua stagione da rookie è riuscito a far sorgere ancora più domande e alzare ancora di più l’interesse nei suoi confronti — perché raramente si sono visti coesistere alti così alti e bassi così bassi all’interno dello stesso giocatore.

Quell’assurda meccanica di tiro

Come puro esercizio di stile, proviamo a spezzare un tiro in sospensione di Lonzo Ball in due momenti separati e mostrarli a un appassionato di basket: il primo momento va dalla ricezione del pallone all’istante prima dell’apice del salto; il secondo dal punto più alto del salto al momento in cui il pallone torna alla base della parabola.

La preparazione al tiro di Ball è la parte che a un esteta del gioco provoca lo stesso effetto delle unghie sulla lavagna. La meccanica di Lonzo non è solo errata, è proprio marcia fino al midollo, spezzata in 3-4 movimenti degli arti in idiosincrasia tra di loro: le punte dei piedi sono parallele e puntano il lato sinistro del tabellone più che il canestro; la spalla destra è più avanzata della sinistra; la mano sinistra, che teoricamente sarebbe solo di accompagnamento, parte da sotto la palla e assieme alla destra divide equamente il compito di portare il pallone sopra la fronte — leggermente alla sinistra del volto, il quale è ruotato con l’occhio sinistro libero di guardare il canestro. A mezz’aria i piedi ruotano verso il canestro e il destro cade leggermente più in avanti, il torso si ruota per portare le spalle nell’angolo corretto, ma la schiena resta arcuata per tutto il movimento. Il pallone parte da sotto il ventre, passa alla sinistra del fianco e curva verso il centro salendo verso la testa. L’avambraccio destro, invece di essere perpendicolare al suolo, si piega in un angolo di 45 gradi puntando il gomito verso l’esterno. A volte il movimento viene spezzato in due e quando non trova la giusta presa sul pallone sembra esitare un istante, fermando la fluidità del gesto per migliorare la posizione dei polpastrelli.

Le parti coinvolte in questa bislacca meccanica di tiro sono tutte derivanti da differenti cause, che siano la predominanza dell’occhio sinistro pur essendo destrorso o la sua ricerca della presa corretta sul pallone, cosa che ha provocato dei risultati incostanti a seconda della marca di pallone usato. Se togliamo tutto ciò che sta attorno a questo prima metà di tiro in sospensione, il giudizio di chiunque dovrebbe calare come una mannaia: dovrebbe smettere di tirare così, distruggere tutti e ricominciare da zero. Quella meccanica è frutto di un apprendimento da autodidatta nel cortile di casa e non ha luogo di esistere tra i professionisti della NBA.

Adesso invece prendiamo la seconda parte: il polso si spezza correttamente e la mano destra punta correttamente il ferro nel follow-through, il pallone ruota due volte e mezza prima di finire la parabola, la quale è alta e simmetrica. La seconda parte del jumper di Lonzo è corretta e, in gran parte, è il motivo per cui nel corso della carriera il suo tiro è entrato senza grosse difficoltà anche da distanze siderali. Al college, su 112 tentativi piedi per terra, Lonzo ha segnato 52 triple (pari al 44.6%) che, se sommate a quelle prese direttamente dal palleggio, fanno una media di conversione del 41.2% su oltre 6 tentativi per 40 minuti. Questi numeri però sono oltremodo fuorvianti data la sua natura di tiratore di striscia; in NBA, infatti, è cambiato tutto.

Come detto, tutte le parti che portano al tiro di Lonzo sono troppo compromesse per evitare che ogni difensore NBA ci banchetti sopra: in questo inizio di stagione gli avversari lo hanno costantemente mandato a destra, dove non gli è possibile la specialità della casa — il movimento in step back tornando a sinistra — e dove, anche in caso di arresto e tiro, il pallone andrebbe a sbattere contro il corpo del difensore nella fase di caricamento. Questo difetto di Lonzo era talmente macroscopico e prevedibile che la sua amplificazione non ha sorpreso nessuno. Quello che risulta sorprendente è che nemmeno nei tiri piedi per terra, quelli che dovrebbero essere il suo pane quotidiano e che dovrebbero permettergli di azionare la sua meccanica tiro, non stanno entrando: addirittura la percentuale dal palleggio (30%) è molto maggiore del tiro derivante da passaggio (22%) con un volume di tentativi a partita paragonabile.

Lonzo si sta esibendo in una delle peggiori stagioni al tiro della storia, toccando il 25% da 3 con quasi 5 tentativi a partita e poco più del 30% dal campo (e sta migliorando perché i suoi numeri erano pure peggiori qualche partita fa). Anche ai liberi le percentuali sono precipitate, con un 42% che sarebbe basso persino per un DeAndre Jordan qualunque. Il problema è soprattutto mentale: la distanza NBA della linea da tre punti, che normalmente è il più grosso ostacolo per il salto dalla NCAA ai professionisti per un tiratore, era ampiamente nelle corde di Lonzo già da tempo.

A UCLA Lonzo sfruttava agilmente lo spazio in più che il suo range apriva per creare dei corridoi per il canestro, dove finiva in maniera eccellente. Dati e mappa di tiro di ChartSide

Alla fine di questa stagione i Lakers potrebbero prendere in considerazione l’idea di cambiare radicalmente la meccanica di tiro del loro rookie (cosa che per il momento è stata esclusa da Magic Johnson), ma a UCLA con il tempo per gli allenamenti limitato non c’era realmente motivo per provare una rivoluzione un ragazzo che era semplicemente in pit-stop al college. Giocatori con meccaniche di tiro discutibili hanno vissuto in NBA con percentuali al tiro accettabili, ma Lonzo sta sprofondando in un abisso da cui è difficile rialzarsi, e ad aggravare il tutto c’è che il suo tiro era in realtà il Cavallo di Troia per esprimere al meglio il resto del suo gioco, quello in cui davvero fa la differenza.

Le doti di passatore di Ball

Le difese NBA hanno iniziato costantemente a sfidarlo al tiro, con ogni tiro sbagliato che intacca sempre di più la fiducia di mettere il prossimo, e l’attacco dei Lakers - che già di per sé non offre spaziature di alcun tipo - è costretto ad affrontare difese ancor più arroccate nella propria area. Lonzo era fenomenale nell’attaccare i closeout e giocare una pallacanestro di letture e reazione, con una rapidità di pensiero e una visione di gioco tale da pescare qualsiasi rollante a canestro, qualunque taglio dei compagni o di sfruttare le voragini per andare al ferro incontrastato (e anche qui si spiega la sua percentuale al ferro irreale al college).

Lonzo che viviseziona una difesa sbilanciata, come fa qui sopra, è una gioia per gli occhi: gli avversari sembrano crollare sotto i suoi passaggi come la torre del Jenga…

...ma anche vederlo provare a muovere una difesa che lo aspetta è tutt’altra musica. Gli avversari gli concedono volentieri la destra e passano sotto al blocco sapendo che dopo di esso non ci saranno né spaziature né inventiva per comprometterli troppo.

Finora non c’è stato motivo per gli avversari di scoraggiare i tentativi di Lonzo da tre punti, e i suoi errori al tiro sono talmente scoordinati tra di loro, con la palla che finisce in punti diversi e con forze diverse, che è difficile anche immaginare dove andrà il rimbalzo.

 

Qui sopra, ad esempio, appena Ben Simmons vede una possibilità di jumper fa due passi verso il canestro e i Sixers si ammassano sotto al ferro per massimizzare le speranze di un rimbalzo. I Lakers non hanno virtualmente posto in area per fare qualcosa e possono solo sperare in un rimbalzo lungo.

In attesa di risolvere questi difetti in estate, per fermare l’emorragia al tiro intanto i Lakers possono provare a limitare i suoi tentativi dalla lunga distanza a quelli contro i lunghi in un mismatch provocato da un blocco: in quelle situazioni la velocità di piedi è ancora a vantaggio del rookie, che può sfruttare il porto sicuro dello step back vero sinistra.

Un buon esempio ci viene fornito da Len che è troppo lento e distratto (o semplicemente male informato), perché spinge Lonzo nell’unica direzione possibile per renderlo pericoloso. Quando ha spazio e tempo a sufficienza per azionare lo strano archibugio che è la sua meccanica, può risultare comunque pericoloso.

In ogni caso, sbloccare mentalmente Lonzo e fargli mettere più tiri su scarico è il modo migliore per guarire l’attacco dei Lakers, mettendolo in ritmo e trovando ancora più soluzioni per migliorare lui e la squadra, come fatto da Steve Alford a UCLA.

Un basket basato sul pick and roll

Uno dei banchi di prova più impegnativi per Lonzo è il passaggio a un basket che è sovrasaturo di blocchi e pick and roll. L’anno scorso la pallacanestro giocata da Lonzo si basava relativamente poco sui giochi a due, producendo 185 occasioni in cui lui o il compagno a cui la passava hanno preso un tiro, un fallo o perso il pallone (per fare un paragone: Markelle Fultz ne aveva accumulate 312 giocando undici partite in meno). In NBA il gioco deve obbligatoriamente passare molto di più per occasioni del genere, e data la scarsa creatività dal palleggio di Lonzo anche il suo gioco deve usufruire maggiormente dell’aiuto di blocchi sulla palla - ma i risultati sono stati fin qui altalenanti.

In genere gli avversari decidono di passare sotto a tutti i blocchi fino a che non riesce a mettere il primo tiro, solo dopo di esso gli avversari accennano a voler passare sopra i vari blocchi.

Quando accade, il primo istinto per Lonzo è quello di accelerare il palleggio e scaricare dietro l’arco per Brook Lopez o Kyle Kuzma per una tripla aperta.

Quando non accade invece l’opzione sembra limitarsi a servire con un pocket pass un taglio a canestro (spesso troppo lento) di Lopez o un occasionale short roll di Larry Nance o Julius Randle.

La chiave fin qui sembra essere la presenza di un lungo dietro l’arco per costringere la difesa avversaria ad aprirsi, altrimenti il gioco di Lonzo e dei Lakers viene fortemente limitato. I suoi tentativi dalla media distanza sono da sempre limitati, non tanto per una scelta di tiro alla “Moreyball” quanto per una mancanza di gioco dalla media sviluppato, che siano dei floater o dei lob per i rollanti a canestro. Ad onor del vero, in molti riscaldamenti Lonzo è stato visto esercitarsi nei floater dalla media, ma è una soluzione di gioco ancora troppo acerba per affidarvisi.

In mancanza di questo, l’arsenale offensivo risulta troppo limitato: Lonzo non ha l’esplosività per separarsi dal difensore che passa sopra al blocco scrollandoselo di dosso definitivamente, e non ha minimamente l’elevazione necessaria saltando su un piede solo per impensierire un lungo al ferro, specie se questo può aspettarlo comodamente sotto al canestro. Questo si nota dal fatto che il 27% dei suoi tentativi sono stati stoppati, un numero assolutamente fuori scala.

Anche i suoi scarichi in punta, a lungo andare, diventano prevedibili per una difesa: c’è un bisogno asfissiante che i Lakers eseguano meglio in attacco per provare ad attirare i lunghi avversari lontano dal ferro e liberargli spazio verso il canestro. Il fatto che i migliori tiratori di squadra stiano viaggiando attorno al 35% dall’arco (mentre gli altri oscillano tra il 20 e il 30) fa intuire in quali spaziature limitate è costretto a giocare il rookie.

Probabilmente però il vero problema nel suo gioco in pick and roll non è tanto quello che non riesce a fare, quanto più probabilmente che quello che ci aspettiamo che faccia è sbagliato. Date le sue caratteristiche peculiari e quanto poco risultano pericolosi i Lakers, chiedergli di muovere una difesa da solo è troppo, mentre chiedergli di colpire una difesa mossa è quello che gli riesce meglio. Alla fine Lonzo è un playmaker nel senso che riesce a fare la giocata giusta, ma non lo è nel senso che non è lui a iniziare tale giocata - almeno in questa fase della sua carriera. Il suo usage è sempre basso e sempre lo sarà perché non è un giocatore che ha bisogno di palleggiare per molto tempo per far succedere qualcosa, ma anche perché se lo facesse non riuscirebbe a creare nulla partendo da zero. I Lakers devono trovare nuovi modi per iniziare il gioco e permettergli di guidarli, ma al momento chiedere di fare entrambe le cose a Lonzo risulta poco efficace.

Pregi e difetti del gioco in transizione

I Lakers sono una squadra che va spesso in transizione, sia per caratteristiche fisiche (in particolar modo coi quintetti piccoli quando Randle gioca da 5) sia per la loro difesa asfissiante, che finora sta procurando secchiate di palle perse. Il problema è che a livello di efficienza i Lakers sono mediocri con le loro conclusioni e quando è Lonzo a concludere nelle situazioni a tutto campo i risultati sono ancora peggiori.

Il gioco in transizione di Lonzo sembra essere una sintesi del suo gioco globale: sembra riuscire bene in tutto tranne che segnare, e alterna passaggi sbalorditivi a errori macroscopici.

Quando i Lakers giocano piccoli e la difesa avversaria è lenta a rientrare, basta una rimessa da fondo o un rimbalzo non disturbato per dargli quella frazione di secondo necessaria a trovare il compagno a 20 metri di distanza senza fargli cambiare direzione di corsa.

I problemi nascono appena uno tra Lopez e Bogut vengono inseriti nel quintetto e l’abilità dei Lakers di superare gli avversari sui 28 metri di campo viene meno, con il marcatore del centro che può aspettare golosamente l’immancabile outlet pass che diventa facilmente prendibile: basta tenere gli occhi rivolti verso la palla.

Nonostante gli errori, non c’è motivo di rinunciare ai passaggi a tutto campo di Zo, che hanno l’indubbio merito di mettere in ritmo i compagni e compiacere il pubblico di casa. Ma mentre aspettano che Lonzo maturi nelle sue scelte e nella gestione dei ritmi, i Lakers dovrebbero correre con più intensità a canestro, fornendo più wide receiver possibili per i passaggi e diventare meno prevedibili. Sono tutte cose che si possono facilmente migliorare: se i Lakers continuano a difendere come fatto finora (sesta miglior difesa della lega), dovrebbero riuscire a diventare decisamente letali sulle ripartenze. (Una nota a margine: i suoi numeri sugli assist sembrano essere oltremodo gonfiati a causa della definizione di cosa è assist e cosa non lo è, non solo allo Staples Center ma in molte gare. In nessun luogo comunque questo, questo o questo possono essere definiti assist come in realtà è avvenuto).

Quello che sarà più difficile correggere rapidamente saranno le conclusioni individuali di Lonzo in contropiede, sia perché è troppo poco esplosivo e creativo dal palleggio per battere l’avversario, sia perché finora non è stato in grado di gestire il proprio ritmo oltre al massimo dei giri.

Anche se battuti, per i difensori è ancora troppo facile restare attaccati all’anca di Lonzo, mandarlo verso destra e farlo sbattere addosso a un altro difensore. Non avendo movimenti in arresto o in esitazione sufficienti per cambiare direzione, per gli avversari è come tagliare i freni a una bici e guardarla schiantare in fondo alla discesa.

Le potenzialità difensive di Lonzo

Quella che sembrava la preoccupazione più grande per il gioco di Lonzo si è rivelata essere molto meno problematica di quanto sembri. In Summer League Ball faticava enormemente a contenere qualunque point guard avversaria davanti a sé, e dopo un paio di partite di risultati scadenti sembrava averci rinunciato del tutto.

Oggi quella parte del suo gioco sembra essere migliorata notevolmente, Lonzo è diventato molto più rapido con i piedi, specie negli spazi stretti, e ha un’agilità laterale sufficiente per recuperare quando battuto o per sbucare dal nulla su una linea di passaggio. I suoi numeri difensivi però migliorano molto grazie al suo contributo a rimbalzo difensivo: Ball cattura un rimbalzo nel 18% delle occasioni, e questi sarebbero numero buoni per un’ala grande più che per una point guard. I compagni a volte fanno tutto il lavoro sporco per fargli prendere il rimbalzo senza contestazione (solo il 16% vengono catturati nel traffico), perché è un modo migliore di far ripartire l’attacco piuttosto che tirare giù il rimbalzo e aprire il gioco su di lui. Quando Lonzo prende il rimbalzo ha istinti fenomenali nel girarsi e scandagliare il campo in un secondo o, a volte, nel deviare direttamente i rimbalzi verso i propri compagni di squadra posizionati in modo migliore per avviare la transizione. Legge molto bene la traiettoria del pallone e sembra avere un sesto senso per indovinare dove la palla finirà dopo un tiro.

La difesa lontano dalla palla è invece un aspetto ancora acerbo del suo gioco: a volte si dimentica dei tiratori o fa fatica a posizionarsi in modo da non perdere di vista sia il suo uomo che il pallone. In generale ha ancora poca intuizione di cosa succeda in difesa lontano dal suo cono visivo: si fa intrappolare sui blocchi con troppa facilità, segue con la testa i passaggi dimenticando il contatto con gli avversari che tagliano a canestro, commette errori grossolani che - assieme alla difficoltà di contenere le guardie più esplosive - lo fanno sembrare allo sguardo occasionale un difensore molto sotto media. Probabilmente non sarà mai uno stopper efficace in difesa, ma se solo imparasse a stringersi al portatore per evitare i blocchi e ad aumentare ulteriormente la velocità laterale sarebbe già da ora un difensore nella media, e anche se non migliorasse il suo livello di intensità in difesa è molto migliore a quello dei suoi pari età.

Ciò che accade in difesa è una buona sintesi del gioco di Lonzo e di che tipo di giocatore si sta rivelando: ha dei passaggi veramente sorprendenti, quelli di un giocatore unico al mondo quale certamente è. Altri errori, più grossolani e facili da individuare, spostano però la valutazione in modo più severo. Molti tifosi Lakers sono convinti che tra i rookie della squadra il migliore sia Kyle Kuzma, ma è troppo presto per paragonare un giocatore di 22 anni con margini di crescita limitati a uno di 19 che va fisicamente, tecnicamente e mentalmente costruito da zero.

Lonzo ha dei lampi impressionanti e il talento è lì da ammirare, purché non ci si faccia accecare dagli errori clamorosi che ancora accadono - anche se a volte è più facile notare una papera clamorosa piuttosto che dieci piccole cose fatte bene. Sono pochissimi i rookie che riescono a spostare le sorti di una squadra dal giorno zero e Lonzo Ball non è uno di questi, ma questo non vuol dire che la sua carriera sarà senz’altro fallimentare.