NBA, risultati della notte: Beasley eroe per una notte contro i Celtics, DeRozan dice 45 a Philly
NBAIl numero 8 dei Knicks segna 28 dei suoi 32 punti nel secondo tempo, mettendo in ginocchio da solo i Celtics a cui non bastano i 32 di Irving. DeMar DeRozan guida la rimonta da -22 e si regala il massimo in carriera a Philadelphia, infliggendo ai Sixers l'8^ sconfitta nelle ultime 9. Utah batte San Antonio grazie a un super Rodney Hood, Phoenix vince con Memphis.
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New York Knicks - Boston Celtics 102-93
Prima dell’inizio della stagione, Michael Beasley andava ripetendo: “Sono il giocatore preferito del vostro giocatore preferito”. Stanotte, almeno per una notte, è diventato il giocatore preferito anche del Madison Square Garden, che alla fine di una prestazione da 32 punti e 12 rimbalzi gli ha tributato il più classico dei cori di “M-V-P! M-V-P!”. Il numero 8 blu-arancio ha infatti spazzato via i Boston Celtics proprio nel momento del bisogno: i Knicks avevano cominciato bene la gara scappando subito sul 21-7, ma pian piano – trascinati verso il basso da un Kristaps Porzingis da 0/11 al tiro, in palese difficoltà con il ginocchio dolorante – sono stati recuperati e sorpassati dagli ospiti, capaci di costruire anche un vantaggio di 9 punti nel terzo quarto grazie ai 32 di Kyrie Irving e i 17 di Jayson Tatum. Nel momento in cui Hornacek ha deciso di togliere Porzingis e di giocarsela con Beasley, però, la partita è cambiata: la talentuosa quanto instabile ex seconda scelta assoluta al Draft 2008 ha segnato 10 punti in 5 minuti per chiudere il terzo quarto in parità sul 68-68, quindi ne ha messi addirittura 18 nella frazione finale, tra cui un’assurda sequenza di quattro canestri in fila per passare dalla parità al +7 per i Knicks, vantaggio poi mantenuto fino a fine gara (nonostante le sue 5 palle perse). Il parziale complessivo di 49-31 dei padroni di casa negli ultimi 17 minuti di partita racconta bene il crollo fisico avuto dai Celtics, che per via della partita di Londra di metà gennaio hanno affrontato un dicembre decisamente pieno di impegni: quella di stanotte era infatti non solo la seconda partita di un back-to-back, ma anche la terza in quattro notti, la quinta in sette giorni e l’ottava negli ultimi dodici. Un ritmo difficile da sostenere se si aggiungono anche le assenze di Jaylen Brown (problema al tendine d’Achille), Marcus Morris e Shane Larkin, oltre al lungodegente Gordon Hayward, e da qui bisogna partire per valutare le tre sconfitte nelle ultime cinque della squadra col miglior record della Eastern Conference. Per i Knicks si tratta invece del quinto successo nelle ultime sei gare, non a caso arrivate tutte nella città di New York (l’unica in “trasferta” è stata vinta a Brooklyn, dove sugli spalti tifavano tutti blu-arancio) in cui la squadra di coach Hornacek ha raccolto 15 (+ la vittoria coi Nets) dei propri 17 successi stagionali.
Philadelphia 76ers - Toronto Raptors 109-114
DeMar DeRozan non è mai stato noto per essere un tiratore da tre punti, per usare un eufemismo. A volte, però, serve anche quello per tenere a galla la propria squadra: la stella dei Raptors ha realizzato il suo massimo in carriera da 45 punti grazie a un inusuale 6/9 dall’arco, anch’esso un career-high, utile per tenere i suoi a galla nonostante a inizio terzo quarto lo svantaggio fosse addirittura di 22 punti. Da lì in poi però i Sixers – sempre privi di Joel Embiid, che ha dato forfait solo a 30 minuti dalla palla a due, e di J.J. Redick – si sono sciolti, commettendo la bellezza di 23 palle perse di cui 7 portano la firma di Ben Simmons, miglior realizzatore con 20 punti di un quintetto tutto in doppia cifra (19 con 5/12 da tre per Robert Covington, 18 con 10 rimbalzi e 9 assist per Dario Saric). Un parziale di 22-2 propiziato da Kyle Lowry (23 punti) e Delon Wright (il migliore dalla panchina con 12) ha però ribaltato la gara, apparecchiando la tavola per la specialità della casa di DeRozan, che dopo la “sbornia” da tre ha fatto quello che ha sempre fatto in carriera: guadagnare liberi su liberi attaccando il canestro. Il suo 13/15 dalla lunetta supera da solo il 10/14 di tutti i Sixers, che con questa sconfitta hanno perso otto delle ultime nove partite disputate, scivolando a tre partite di distanza dall’ottavo posto nella Eastern Conference. Coach Brett Brown, però, professa calma: “Non appena ritroveremo la salute, miglioreremo”.
Phoenix Suns - Memphis Grizzlies 97-95
IL TABELLINO
Sono i Grizzlies a partire forti, con un parziale di 15-2 in un primo quarto che vede Tyreke Evans segnare 11 dei suoi 23 punti; la risposta di Phoenix però arriva immediata, sotto forma di un contro break (17-4) che porta i padroni di casa sopra di uno dopo i primi dodici minuti. Nel secondo quarto sono invece i Suns a provare l’allungo cavalcando la mano calda di T.J. Warren: 20 dei suoi 27 punti arrivano prima dell’intervallo, che vede Phoenix avanti di 9 lunghezze (60-51). Il vantaggio si allunga anche a 12 ma poi viene riassorbito dai Grizzlies, che iniziano l’ultimo periodo avanti di due punti. L’ultima frazione vive sull’equilibrio costante e sui molti errori nel finale: nessuno segna per oltre tre minuti fino al canestro da tre punti a 17.6 secondi dalla fine che decide la partita. A mandarlo a segno è Troy Daniels, velenosissimo ex di serata, arrivato in Arizona a settembre proprio da Memphis. Per lui ci sono 14 punti compresi quelli che danno ai Suns la terza vittoria nelle ultime quattro gare, perché la tripla del possibile vantaggio di Tyreke Evans sulla sirena non va a bersaglio. “Ci alleniamo duramente ogni giorno per segnare canestri come questi: stasera è toccato a me”, le parole di un felicissimo Daniels. Per Memphis ci sono 13 punti, 11 rimbalzi, 5 assist e 3 stoppate per Marc Gasol ma anche la prestazione a tutto tondo dello spagnolo non basta a evitare l’ottavo ko dei Grizzlies nelle ultime nove gare disputate e la nona sconfitta esterna consecutiva. Da quando Mike Conley si è infortunato al tendine d'Achille, i Grizzlies hanno vinto solo 2 delle 18 partite giocate.
Utah Jazz - San Antonio Spurs 100-89
In una gara in cui a farla da padrona sono la stanchezza (entrambe le squadre in back-to-back) e le assenze (Gasol, Ginobili e Green per gli Spurs, Gobert e Mitchell per i Jazz), alla fine a deciderla è uno che solitamente fa fatica a rimanere in campo: Rodney Hood. La guardia di Utah ha un fisico di cristallo, ma altrettanto cristallino è il suo talento quando è in serata: i suoi 29 punti sono stati quasi equamente distribuiti tra i due tempi, con i 14 del primo tempo utili per andare all’intervallo sul +12, infine 9 consecutivi all’interno del parziale di 13-2 che ha deciso la gara nell’ultimo quarto. Gli Spurs hanno visto interrompersi la loro striscia di tre successi in fila, ma hanno dato comunque battaglia rientrando più di una volta a contatto e mandando a referto sei giocatori tra i 10 e i 12 punti, da Kawhi Leonard (sempre col minutaggio ridotto a 20 minuti) a Bryn Forbes (il migliore con 12). Non abbastanza però per superare i Jazz, rientrati da una trasferta di sei gare chiusa con 1 vittoria e 5 sconfitte ma abili a rialzarsi grazie ai 14+9 di Favors e il 46% da tre di squadra.