In esclusiva ai microfoni di skysport.it, la giovane superstar dei Phoenix Suns racconta l’influenza dei due italiani sulla sua carriera, l’ispirazione del "Black Mamba" e le difficoltà, anche per un attaccante come lui, di segnare contro Kawhi Leonard e LeBron James
Devin Booker aveva iniziato il mese di dicembre segnandone 38 sul parquet dei Boston Celtics (sì, lo stesso dove a febbraio ne aveva messi 70!) e 46 due giorni dopo a Philadelphia. Poi, nella gara successiva in Canada, sul finire del quarto quarto l’infortunio agli adduttori, che ha finito per spedirlo ai box per una ventina di giorni e la bellezza di nove partite (di cui sei perse dai Suns). Tornato in campo il giorno dopo Natale nella sfida contro Memphis, la giovane guardia di Phoenix ha ripreso da dove si era interrotto – anzi, meglio. Al ritorno, coinciso non a caso con una vittoria, ha incendiato la retina dei Grizzlies con 32 punti, cui ne ha fatti seguire 26 contro Sacramento, altri 32 contro Philadelphia e poi 34 nella vittoria della notte contro Atlanta. Per sintetizzare: dal suo rientro il n°1 agli ordini di coach Triano viaggia a 31 punti di media, un filo sotto il 42% da tre punti e con quasi il 90% ai liberi, contribuendo però a 360° alla causa dei Suns con anche 5.5 assist e 4.5 rimbalzi a sera. Dopo un avvio di stagione tragico – con il licenziamento di coach Earl Watson e l’ammutinamento di Eric Bledsoe, poi ceduto a Milwaukee – che li ha visti sconfitti in 21 delle prime 30 gare disputate, ora Phoenix sembra aver cambiato marcia, con 6 vittorie nelle ultime 9, per un record complessivo (15-24) ancora lontano dal 50% ma sufficiente per essere l’undicesima forza a Ovest, ovvero la terza squadra fuori dal quadro playoff (Clippers e Jazz nei due posti davanti). Probabilmente è utopistico parlare di postseason per la squadra dell’Arizona (soprattutto nella Western Conference) ma la crescita sempre più convincente di Devin Booker è innegabile, e testimoniata dal suo settimo posto tra i migliori marcatori NBA, con 25.2 punti a sera (davanti a lui solo James Harden, Giannis Antetokounmpo, LeBron James, DeMarcus Cousins, Kevin Durant e Anthony Davis). La centralità di Booker nel progetto Suns è testimoniata anche dal suo usage rate, che lo vede coinvolto nel 30.1% dei possessi offensivi di squadra, in pratica lo stesso dato di Kevin Durant negli Warriors, che lo mette appena fuori dalla top 10 NBA tra i giocatori con almeno 25 partite all’attivo.
Booker, Kobe Bryant, ma anche Gallinari e Belinelli
Splendido individualista, attaccante già oggi con pochi uguali in tutta la lega, soprattutto in situazioni di uno-contro-uno (è quello che gioca più isolamenti nei Suns, ricavandoci 0.89 punti per possesso) e nelle conclusioni sfruttando i blocchi dei compagni (più di tre possessi a partita conclusi in questo modo, con risultati ancora migliori e 1.12 punti per possesso), dove Booker deve ancora fare un salto di qualità è nel mettere il suo talento al servizio della squadra. Ancora negativo, infatti, il suo net rating (-5.5), dovuto soprattutto alle debolezze difensive che portano i Suns a subire più di 109 punti per 100 possessi con lui in campo. Quando c’è il prodotto di Kentucky a guidare l’attacco di coach Triano, i Suns corrono di più (105.55 il pace di squadra, contro un dato di 99.88 con lui in panchina) e trovano con più facilità il canestro, proprio grazie alle doti di attaccanti del n°1, che dice di essersi ispirato “ai tanti campioni che ci sono nella lega ma soprattutto a Kobe Bryant, perché vedo delle somiglianze nel nostro gioco”. Nella sua formazione NBA, poi, un posto particolare lo trovano anche i nostri rappresentanti italiani nella lega, sia Danilo Gallinari (compagno di squadra a Milano del padre di Booker, Melvin) che Marco Belinelli, uno dei primi avversari diretti affrontato da professionista, in summer league. E quella gara, il giovane Devin, se la ricorda ancora.
[intervista di Zeno Pisani | Video di Sheyla Ornelas]