NBA, i risultati della notte: OKC, 148 punti e Cavs battuti. Miami all'ultimo respiro, perde Toronto
NBAI Big-4 dei Thunder passeggiano a Cleveland: i vice-campioni NBA incassano la nona sconfitta nelle ultime 12 gare, niente record per James. Gli Heat vincono a Charlotte grazie a un tiro libero di Kelly Olynyk. Toronto perde a Minneapolis nonostante i 40 punti di Lowry, Philadelphia supera Milwaukee e si prende il sesto posto a Est, Utah torna al successo contro i Clippers
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Cleveland Cavaliers-Oklahoma City Thunder 124-148
Doveva essere la festa dei 30.000 punti di LeBron James in NBA e invece per i Cavaliers è arrivata soltanto l’ennesima scoppola che difficilmente sveglierà dal tepore una squadra in forte difficoltà. I Thunder infatti si prendono gioco della difesa di Cleveland, segnano a proprio piacimento, fissando il record stagionale di 43 punti nel solo primo quarto. A quel punto il vantaggio degli ospiti non scende mai sotto la doppia cifra, con Paul George che chiude con 36 punti, a cui si aggiungono i 23 con ben 20 assist (e soltanto 9 rimbalzi) di Russell Westbrook e i 29 di Carmelo Anthony, al suo massimo in stagione. Un parziale che eguaglia il peggior passivo incassato da Cleveland in una partita di regular season nella sua storia (nel 1972 ne subirono sempre 148 da Philadelphia) e che mette ancora di più a nudo tutte le difficoltà dei Cavs: “Credo di non aver mai concesso nella mia vita così tanti canestri– racconta un furente James a fine partita -, neanche ai video giochi mi sono mai ritrovato a incassare 148 punti. Hanno fatto letteralmente tutto ciò che volevano, sia dentro che fuori dalla nostra area”. Una gara a cui Kevin Love ha dovuto rinunciare dopo soli tre minuti per un non specificato malessere che ha aumentato ancora di più il mistero attorno al match, chiuso ancora una volta da Isaiah Thomas come miglior marcatore con i suoi 24 punti e 8/14 al tiro. “Dobbiamo metterci orgoglio in difesa, farlo prima di tutto per noi”, racconta l’ex point guard dei Celtics. I Thunder invece si godono la quarta vittoria consecutiva, abili nel ritagliarsi una dimensione che permetta a tutti di condividere il pallone e avere le proprie responsabilità. OKC adesso è quinta a Ovest, a caccia del fattore campo in un complesso inseguimento ai T’wolves. Più semplice invece quello di Miami, ormai a ridosso dei Cavaliers così come Washington. In questa regular season ormai sembra evidente: le squadre più regolari nei risultati a Est sono Boston e Toronto, non più Cleveland.
Charlotte Hornets-Miami Heat 105-106
Succede di tutto nel finale della gara tra Heat e Hornets. I padroni di casa, sotto di 9 all’intervallo, hanno ribaltato il risultato con un terzo quarto eccellente da 35-16, complice il miglior Nicolas Batum della stagione (26 punti) insieme ai 22 di Kemba Walker. Con un vantaggio di 10 punti nell’ultima frazione, la squadra del rientrante coach Steve Clifford ha beccato una di quelle serate in cui Kelly Olynyk sembra inarrestabile, con 14 dei suoi 16 punti arrivati nei 12 minuti finali. L’ultimo, in particolare, è stato particolarmente controverso: con gli Hornets avanti di 5 a 34 secondi dalla fine, gli Heat hanno costruito un mini-parziale per pareggiarla grazie ai recuperi in difesa e a due tiri di James Johnson, secondo miglior marcatore di squadra con 22 punti dietro ai 26 di Wayne Ellington. Sull’ultima penetrazione di Walker, l’errore del playmaker messo sul mercato da Charlotte ha lasciato spazio a Olynyk, che raccolto il rimbalzo si è subito lanciato verso il canestro dall’altra parte sorprendendo la difesa degli Hornets. Dwight Howard lo ah inseguito e lo ha preso per il braccio destro proprio quando il canadese sembrava aver perso il controllo del pallone, crollando a terra ma guadagnandosi il fischio degli arbitri a 0.2 secondi dalla fine. Il centro degli Heat ha quindi sbagliato il primo tiro libero tra i “booooo” del pubblico ma ha segnato il secondo, e sulla rimessa successiva è bastata una deviazione per portare Miami a un successo importantissimo, anche perché raggiunto senza Goran Dragic alle prese con un ginocchio dolorante. Il finale di gara però non è andato giù ad Howard: “[Olynyk] aveva già perso il pallone prima ancora che lo spingessi: a quel punto della partita è un fischio che non fai. Avrebbero dovuto lasciar correre e permettere alle due squadre di giocarsela al supplementare”. Coach Clifford invece se l’è presa con l’ultimo quarto dei suoi, aprendo la conferenza stampa puntando il dito contro la “totale mancanza di concentrazione, intensità e tecnica” degli Hornets.
Philadelphia 76ers-Milwaukee Bucks 116-94
L’assenza di Giannis Antetokounmpo — alle prese con il solito ginocchio in disordine che gli farà saltare anche la prossima gara — toglie un po’ di gusto alla sfida tra Bucks e Sixers, ma una vittoria è una vittoria e Philadelphia ci certo non si è fatta scrupoli a portarla a casa, anche perché vale il sesto posto in classifica a Est. Si tratta del settimo successo nelle ultime otto per la squadra di Brett Brown, che ancora una volta ha ringraziato i 29 punti e 9 rimbalzi con 11/19 dal campo di Joel Embiid, leader di un quintetto tutto in doppia cifra con la riscossa di Ben Simmons (16 punti, 8 rimbalzi e 9 assist dopo un paio di settimane in chiaro-scuro) e i 16 di Timothe Luwawu-Cabarrot, partito in quintetto al posto degli infortunati J.J. Redick e Jerryd Bayless. “Siamo riusciti a trovare la nostra identità” ha detto Embiid, che continua il suo momento magico dopo la convocazione per il quintetto all’All-Star Game. Con l’altro titolare assente (Antetokounmpo), i Bucks hanno provato ad affidarsi a Khris Middleton, autore della prima tripla doppia in carriera (23 punti, 14 rimbalzi e 10 assist) per rimontare 16 punti di svantaggio nel terzo quarto, ma senza riuscire a evitare la seconda sconfitta consecutiva complice un’ultima frazione da 32-14 per i padroni di casa.
New Orleans Pelicans-Memphis Grizzlies 111-104
I New Orleans Pelicans, come Penelope, fanno e disfano la tela della vittoria più e più volte. Sopra di 15 all’intervallo grazie a un ottimo primo tempo di Anthony Davis (21+12 alla fine), i ragazzi di coach Gentry si fanno rimontare immediatamente dai Grizzlies subendo un parziale di 16-2 per aprire il terzo quarto. Una volta tornati sopra di 12, sono stati immediatamente ripresi in chiusura di frazione da uno scatenato Wayne Selden, autore del suo massimo in carriera con 31 punti e 11/16 dal campo. Chissà se c’era qualche motivazione particolare per un giocatore che a inizio anno ha disputato tre partite con la maglia dei Pelicans… Per fortuna dei padroni di casa ci ha pensato Jrue Holiday a rimettere a posto le cose: la guardia ha realizzato 13 dei suoi 27 punti nell’ultima frazione, particolarmente importanti anche perché DeMarcus Cousins (24+10) ha commesso il suo quinto fallo a 7 minuti dalla fine e Davis ha segnato i suoi primi punti del secondo tempo solo a 1:15 dalla fine per dare ai suoi sei punti di vantaggio. Abbastanza per portare a casa una vittoria in cui non sono mai andati sotto nel punteggio, ma neanche sono sempre rimasti al sicuro complici gli altri cinque giocatori in doppia cifra di Memphis oltre a Selden, guidati dai 16 di Marc Gasol. È invece l’ottava volta che Holiday, Cousins e Davis vanno tutti sopra quota 20, grazie anche alla bellezza di 26 liberi tentati (e 19 realizzati).
Minnesota Timberwolves-Toronto Raptors 115-109
Non è bastato il season-high di Kyle Lowry ai Toronto Raptors per vincere la sfida in back-to-back contro Minnesota. Arrivati soltanto poche ore prima nella gelida Minneapolis, i canadesi si sono affidati alla loro point guard, che ha chiuso la gara con 40 punti, 16/25 al tiro, sei triple, cinque assist, cinque rimbalzi e zero palle perse. Una prestazione sontuosa, coincisa però con una sconfitta nonostante le assenze pesanti in casa Timberwolves. Coach Thibodeau non può disporre né di Jimmy Butler, né di Jamal Crawford; il primo alle prese con un fastidio al ginocchio, l’altro per un problema all’alluce. Ci hanno pensato allora Karl-Anthony Towns con 22 punti e 10 rimbalzi e soprattutto Andrew Wiggins, esplosivo con i suoi 29 punti e un paio di giocate pazzesche al ferro sulla testa di Jakob Poeltl. Il protagonista che non ti aspetti invece è Marcus Georges-Hunt, letteralmente venuto fuori dal nulla e lanciato in campo per ben 29 minuti. La sua mano non trema, anzi è fin troppo carica: alla fine per lui sono 12 punti, con 3/10 al tiro, una tripla e i decisivi liberi a segno che hanno garantito il successo ai padroni di casa. Minnesota così consolida il suo quarto posto e si avvicina a San Antonio ai piedi del podio della Western Conference. Toronto invece può stare tranquilla: nonostante il ko, Cleveland resta ancora molto lontana.
Utah Jazz-L.A. Clippers 125-113
È servito un primo tempo superlativo in attacco agli Utah Jazz per battere i Clippers, reduci da sei vittorie consecutive e nel loro miglior momento di forma della stagione. Ben 125 punti a referto, 76 dei quali arrivati già prima dell’intervallo lungo, hanno permesso ai mormoni di condurre le danze per 48 minuti nonostante fosse il secondo giorno di un back-to-back- Donovan Mitchell chiude con 23 punti e 7 assist, a cui si aggiungono i 16 del recuperato Rudy Gobert e i 21 di Joe Inglese. Dall’altra parte invece a giocare l’ennesima partita da record di una regular season superlativa è Lou Williams, autore non solo di 31 punti, ma anche di sette assist e soprattutto dieci palle recuperate. Il primo a riuscire a mettere insieme almeno 30 punti e 10 rubate dal 1988 a oggi: l’ultimo a riuscirci infatti era stato Michael Jordan (impossibile sbagliare, quando un record risale a quegli anni ci ha messo sempre lo zampino MJ). “Siamo diventati un gruppo molto resiliente – racconta a fine gara -, siamo scesi sul parquet con l’ennesimo quintetto rivoluzionato, ma nonostante questo abbiamo combattuto e lottato per 48 minuti”. Una battaglia che senza DeAndre Jordan però non è riuscita nell’obiettivo di allontanare i Jazz dal pitturato: sono ben 50 i punti realizzati da Utah in area, oltre ad aver vinto la vittoria a rimbalzo 56-34.
Portland Trail Blazers-Dallas Mavericks 117-108
IL TABELLINO
Ok, l’abbiamo capito: a Damian Lillard non è andata giù l’ennesima esclusione dall’All-Star Game, e vuole fare tutto ciò che è in suo potere per meritarsi l’inclusione almeno tra le riserve. A farne le spese sono stati i Dallas Mavericks, che a un certo punto non potevano credere ai loro occhi: la stella dei Blazers ha cominciato la gara segnando nove canestri consecutivi di cui sette da tre punti, prima di raffreddarsi nel finale e chiudere con 31 punti e 10/15 dal campo aggiungendo anche 5 rimbalzi e 9 assist. Ad accompagnarlo anche i 26 punti del suo “partner in crime” C.J. McCollum e i 17 di Evan Turner, utili per spegnere il tentativo di rimonta dei Mavericks mai domi, con tre giocatori sopra i 20 punti (l’ex Wes Matthews a quota 23, Dirk Nowitzki e Dennis Smith Jr. con 21) e rientrati fino al -5 nell’ultimo minuto di gioco, ma senza riuscire ad avvicinarsi ulteriormente. A rendere ancora più infuocato il finale ci hanno pensato Jusuf Nurkic e Salah Mejri, due dei lunghi più abrasivi della NBA il cui scontro non poteva che finire con le scintille: a farne le spese è stato il lungo dei Blazers, che si è preso un fallo tecnico per una spinta. “Si è agganciato al mio braccio e non mi è piaciuto. È stata una giocata sporca” il commento del bosniaco.